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Bonus 110% a rischio: Draghi tranchant, il governo si divide

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

Oltre 5 miliardi di frodi, un costo da finanziaria per lo Stato e prezzi per le ristrutturazioni triplicati. C’è però anche un potenziale risparmio di gas del 40% e la necessità di far fronte agli impegni del PNRR

Bonus 110% a rischio: Draghi tranchant, il governo si divide

“Possiamo non essere d’accordo sul superbonus 110% e non siamo d’accordo sulla validità di questo provvedimento”. Più chiaro di così si muore, il premier Mario Draghi ha lanciato un attacco esplicito e probabilmente gravido di conseguenze sul bonus edilizio più importante d’Italia. E lo ha motivato.

“Il costo di efficientamento è più che triplicato grazie ai provvedimenti del 110% - ha spiegato - i prezzi degli investimenti necessari per le ristrutturazione sono più che triplicati perché il 110% di per sé toglie l’incentivo alla trattativa sul prezzo”.

Apriti cielo, il Movimento Cinque Stelle, fresco della proroga a settembre del bonus per le villette unifamiliari (non proprio un’istanza redistributiva e popolare, ndr), ha letto l’intervento come un insulto. Ma si sbaglierebbe a pensare che M5S siano isolati nel sostegno al bonus.

La questione però, per fortuna, è più economica, che politica. Perché meriti e criticità del superbonus sono sotto gli occhi di tutti e troppi miliardi di euro sono appesi al provvedimento. Senza considerare il destino delle imprese coinvolte e delle famiglie che hanno sventrato la casa e devono per forza chiudere la pratica. Di certo, ancora una volta, c’è qualcosa che non va.

Bonus 110%, qualche numero

Innanzitutto bisogna guardare al conto, con l’attenzione dovuta in un periodo di crisi come questo. Attualmente si stima che l’onere dei bonus edilizi a carico dello Stato possa raggiungere i 26,6 miliardi di euro, da soli insomma coprono una finanziaria. Sono 18,67 miliardi di euro gli oneri collegati ai bonus su lavori già conclusi.

C’è poi un proliferare delle frodi che non si stenta a definire indegno: lo stesso Ernesto Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate aveva già indicato a febbraio 4,4 miliardi di euro di crediti inesistenti individuati da Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza. Più di metà di quanto lo Stato impiega ogni anno nel reddito di cittadinanza insomma.

Un’emergenza vera e propria che ha portato il governo a operazioni di monitoraggio, strette anti-frode e limiti al numero di cessioni dei crediti. Ma qualche dettaglio aiuta a capire cosa è successo negli ultimi mesi e cosa succede oggi.

Le truffe hanno ormai ampiamente superato i 5 miliardi di euro, da quanto trapela dai lavori congiunti di Fiamme Gialle, Agenzia delle Entrate ed Enea. Ma i controlli scattati a posteriori hanno aperto il tipico vaso di Pandora. Circa due miliardi di euro di queste frodi sarebbero però riconducibili al vecchio bonus facciate al 90%, che da tempo è in essere senza che nessuno abbia mai fatto i controlli sulle pratiche.

Sono emerse situazioni al limite del paradosso, interi condomini persino ignari di essere coinvolti in queste misure (i cui proventi erano dunque spariti e i lavori inesistenti). Il bonus 110% ha però messo del suo, con circa 1,5 miliardi di truffe riferibili proprio a questo ecobonus.

Il problema della cessione del credito

I crediti fiscali sono esplosi, così come il numero di imprese delle costruzioni. La Repubblica ha raccontato il caso del mister miliardo che aveva accumulato appunto crediti fiscali a 9 cifre. Ance, l’associazione dei costruttori che sono poi i primi sospetti in questa gigantesca frode, da tempo in realtà denuncia “grandissimi problemi”, come il proliferare delle aziende del settore con quasi 12 mila nuove imprese iscritte alla Camera di Commercio con il codice Ateco delle costruzioni. Insomma, una posizione del tipo noi siamo i primi a denunciare le frodi, ma lasciateci lavorare. Come?

Con la riapertura alla quarta cessione del credito, quella tra la banca e il cliente per esempio. Per ora infatti il credito di imposta, che poi è la moneta di questo gioco miliardario, è limitato a tre passaggi e in pratica dunque riservato al mondo finanziario, dalle banche alle assicurazioni. Le restrizioni al numero di passaggi del credito sono state nei mesi scorsi imposte proprio per limitare le frodi e contenere quel mercato secondario del credito di imposta che si era in pratica formato. A questo tetto era stata abbinata anche una serie di asseverazioni tese a responsabilizzare tutti i soggetti della catena, a partire dai costruttori. Ma qualcosa non ha funzionato.

Il peso dei rincari minaccia persino il PNRR

Le frodi infatti sono continuate, le banche hanno stretto i cordoni della Borsa e iniziato a rifiutare i crediti di imposta, le imprese si sono trovate senza i liquidi per proseguire i lavori, le famiglie si sono trovate appese al provvedimento di turno, magari con un cantiere in soggiorno e nessun santo a cui votarsi.

Mentre il numero delle imprese di costruzioni continuava a lievitare e con esso l’ammontare delle frodi ai danni dello Stato. Senza considerare tutti quegli imprenditori edili che senza soldi per i lavori avviati rischiavano e rischiano di chiudere bottega.

E intanto si aggiunto un problema ai problemi: l’esplosione dei costi delle materie prime e dell’energia. Prezzi fuori controllo già alla fine del 2021 e ancora in volo libero dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Speculazioni anche, ma non solo.

Al punto che il governo è dovuto nei giorni scorsi correre ai ripari con un’iniezione da 1,5 miliardi di euro per far ripartire i cantieri delle opere pubbliche che ai nuovi prezzi non potevano andare avanti.

Vari stop che non soltanto minacciano la ripresa, ma anche i miliardi da chiedere con il PNRR, praticamente l’unico faro di luce rimasto per la nostra economia in questo buio della guerra e dell’inflazione.

Qualche altro numero però serve.

I benefici energetici del bonus 110%

Un interessante studio di Gabetti ha cercato di fare il punto sulle emissioni di CO2 che con gli interventi del Superbonus 110% si possono risparmiare. Può sembrare una questione meramente ecologica, ma non lo è, soprattutto adesso. Le emissioni di Co2 e l’efficienza energetica degli edifici sono infatti strettamente collegate ai consumi di gas ed elettricità delle case, quindi al bilancio energetico di tutto il settore residenziale.

Un po’ come dire il punto fragile della nostra economia degli ultimi mesi (e anni). I dati coprono il periodo maggio 2020-gennaio 2021, quindi non sono aggiornatissimi, ma restituiscono comunque numeri importanti.
A fine gennaio erano in campo 16.348 progetti in condominio asseverati (circa il 15% del totale), con investimenti per 8,8 miliardi pari al 48% del totale.

C’erano poi gli edifici unifamiliari con 56.342 progetti asseverati e un investimento di ben 6,1 miliardi di euro (33,6% del totale). C’erano infine 34.895 progetti asseverati su unità funzionalmente indipendenti con 3,4 miliardi di investimenti (il rimanente 18,3%).

Bene, lo studio Gabetti calcola 1.290.800 metri quadrati di isolamento termico, con un abbattimento del fabbisogno energetico medio dei condomini del 53% e un risparmio energetico medio del 46% In media il salto di classe energetica sarebbe intorno a 3 e l’abbattimento del consumo al metro cubo di gas del 40%! 

Con costi annuali relativi al gas per riscaldamento e acqua calda in calo del 43% e un taglio delle emissioni di CO2 del 51% Si tratta di stime sui campioni rappresentativi, ma limitati, dell’indagine (181 condomini, 7.322 unità immobiliari), ma se consideriamo che dai dati dell’ultimo rapporto Enea sull’efficienza energetica nel 2021 il parco residenziale italiano ha consumato 31,1 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (circa il 20% di tutta l’energia nazionale) si può capire l’entità del potenziale risparmio.

Lo stesso report evidenzia che oltre il 50% di questi consumi deriva dal gas, mentre il 10% deriva da biocombustibili solidi e il 18% da energia elettrica (che spesso viene proprio dal gas).

Ora il 40% di risparmio di gas sul residenziale, grazie a interventi come il bonus 110% che è vincolato all’efficienza energetica, sicuramente non risolverebbe il problema della nostra dipendenza dal gas russo, ma certamente darebbe una mano importante.

Detto questo, oltre 5 miliardi di euro di frodi sono davvero inaccettabili per un Paese che si avvia a una stretta di cinghia memorabile con il rialzo dei tassi e il boom dell’inflazione.

Sicuramente i prezzi triplicati delle ristrutturazioni denunciano una insopportabile speculazione e alterazione del mercato (se non vere e proprie frodi). Anche per l’energia è così e i consumatori denunciano da tempo la necessità di una maggiore sorveglianza sui processi di formazione dei prezzi.

Cerchiamo però di non buttare via il bambino con l’acqua sporca.