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Caos voli, perché siamo rimasti a terra quest’estate

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
10 min

Bocciate a giugno, le compagnie aeree sono di nuovo a terra. Impreparate su tutto, dal caro carburanti alla pandemia, alla guerra; non le salvano neanche aiuti di Stato e licenziamenti... cascano dalle nuvole anche quando si ricorda che non è la prima volta

Caos voli, perché siamo rimasti a terra quest’estate

Volevo volare. La comprensibile voglia d'estate di un’Europa affranta da tre anni di pandemia, da due di inflazione rampante e da diversi mesi di guerra rischia di restare a terra. Perché? L’orgia delle giustificazioni trova senz’altro più di un posticino nella cronaca di questa giorni.

Ma questo consolerà poco i preoccupati vacanzieri del Vecchio Continente. D'altronde se c’è uno sciopero o volano i prezzi del carburante o una compagnia va in crisi, non è affatto colpa loro, anzi. Ma questa ottica civica e poco pragmatica si scontra ancora una volta con la miopia sistemica del settore aeronautico italiano, europeo e mondiale.

Tutti a casa dunque o in fila per il risarcimento, che poi non è la stessa cosa, perché le ferie e le prenotazioni erano attese da tempo e spesso non sono rimpiazzabili affatto né in maniera indolore. E poi si parla di economia del turismo, del suo 10% del Pil europeo e 13% del Pil italiano...

Intanto però la parola più comune che affianca i voli del 2022 nelle ricerche è “caos”, una parolina greca che parla della confusione precedente l’universo ordinato che chiamiamo cosmo.

Con straordinario tempismo buona parte delle compagnie aeree e degli aeroporti del Vecchio Continente sono di nuovo in tilt in questi giorni: voli cancellati, rinviati, code di passeggeri infuriati, delusi, stanchi. I numeri sono, come spesso accade nel settore, abbastanza confusi e frammentari, ma qualcuno si trova ed è allarmante. Proviamo a trarne non una giustificazione, ma almeno qualche spiegazione.

Scioperi e ritardi: il caso Ryanair

Appena sabato scorso il personale di cabina spagnolo di Ryan Air ha minacciato uno sciopero di 12 giorni questo mese, dal 12 al 15 luglio, dal 18 al 21 e dal 25 al 28; gran parte di uno dei mesi più caldi della stagione insomma, con un effetto potenzialmente devastante. Fanno 199 voli cancellati e 974 ritardi, molti di più di tutti gli scioperi del passato messi assieme (e non ne erano mancati).

Perché il personale di cabina sciopera? Con un po’ di fatica troviamo un insieme di motivazioni genericamente collegate a migliori condizioni di lavoro. Dal salario minimo in Spagna, allo stop alle assunzioni di lavoratori tramite subappaltatori (sarebbero assegnazioni illegali per aggirare i problemi secondo i sindacati).

Riporta elDiario che il salario minimo interprofessionale del 2021 sarebbe in Spagna di 950 euro al mese, quindi non proprio uno sproposito, e con un'inflazione al 10,2% a giugno in Spagna, decisamente troppo poco.

È una questione internazionale in realtà perché già lo scorso 3 giugno il potente sindacato francese SNPNC-FO di Ryanair aveva annunciato dal 14 luglio uno sciopero illimitato sugli stessi temi, a partire dal salario minimo, denunciando comportamenti illegali che le ispezioni del lavoro non sanzionerebbero a dovere o punto. Fra le altre sigle protestano contro Ryanair anche gli italiani di Uilstrasporti e Filt Cgil che hanno già annunciato uno sciopero il prossimo 17 luglio dopo quelli dell’8 e del 25 giugno.

Coinvolti in questo caso anche i piloti e assistenti di volo di Malta Air e CrewLink: alla base delle proteste la rivendicazione di “contratti che garantiscano condizioni di lavoro dignitose, la cancellazione dell’accordo sul taglio degli stipendi introdotto per affrontare un periodo di crisi non più attuale e stipendi almeno in linea ai minimi salariali previsti dal contratto nazionale del trasporto aereo del nostro Paese, come prevede la legge”. In questo caso però è intervenuta la Commissione Garanzia Scioperi che ha limitato i danni per i passeggeri.

La situazione è comunque paneuropea per la compagnia irlandese che è sul podio delle compagnie del Vecchio Continente con 72,4 milioni di passeggeri trasportati nel 2021. Quello che rimbalza dal personale di volo è che ci sarebbe troppo poco personale e di conseguenza i turni sarebbero diventati massacranti, un po' come la medicina italiana dopo il Covid.

Possibile che debbano pagare i passeggeri?

Ma Ryanair non è certo l’unica compagnia che sembra in difficoltà anche questa estate. Per la felicità dei turisti spagnoli i sindacati USO e SITCPLA (gli stessi degli scioperi di Ryanair) hanno annunciato scioperi del personale di volo di Easyjet dal 1° al 3, dal 15 al 17, dal 29 al 31 luglio nelle basi di Barcellona, Malaga e Palma di Maiorca.

Ancora una volta condizioni di lavoro e livello degli stipendi sono alla base delle proteste che durano tra negoziati e pandemia da anni: “La Spagna è in fondo alla classifica degli stipendi di base di Easyjet in Europa – sottolinea Miguel Galan segretario di USO-Easyjet - con 950 euro, non è riconosciuto nemmeno il salario minimo legale. In Portogallo pagano 1.183 euro, in Italia 1.395 e in Francia e Germania sono circa 2.000. Non chiediamo un confronto immediato con Francia o Germania, ma chiediamo un aumento sostanziale che ci permetta di avvicinarci agli stipendi della nostra stessa azienda”.

Al tavolo dei negoziati con la compagnia che lo scorso hanno ha trasportato 29,47 milioni di passeggeri migliaia di voli cancellati o rinviati, il calo dei ricavi e il diluvio di richieste di risarcimento, il disagio dei passeggeri insomma, ancora una volta.

C’è anche la seconda compagnia d’Europa per passeggeri in gioco: Lufthansa. La compagnia da 46,9 milioni di passeggeri l’anno (nel 2021) ha già annunciato a giugno la cancellazione di ben 3.100 voli già programmati per quest’estate: 900 a luglio e poi ancor di più ad agosto, circa il 4% del della sua capacità durante i picchi estivi. Perché? La pandemia in primis, ma anche una certa disorganizzazione e molta sfortuna, come un po’ per tutte le compagnie aeree.

A fine 2020, nel culmine della crisi economica generata dal Covid-19 Lufthansa annunciò circa 29 mila esuberi, portando in pratica a 100 mila circa i suoi lavoratori in un breve lasso di tempo (oggi ne dichiara 105.209). Così ora che la domanda è esplosa si trova del tutto impreparata ad affrontare il diluvio di prenotazioni.

La cosa straordinaria è che come gran parte delle compagnie subissate dagli scioperi afferma che questo boom della domanda era imprevedibile. Sarà, ma, visto che la compagnia tedesca salvata con 9 miliardi di euro di denaro pubblico è in pole position per l’acquisizione di ITA, la ex Alitalia salvata a più riprese dallo stato italiano, ma storicamente incapace di viaggiare sulle proprie ali, si spera che questa volta Lufthansa si mostri affidabile.

Caos voli: il problema dei carburanti

La verità è che i problemi delle compagnie aeree europee sono davvero tanti e davvero frequenti. Spesso nascono anche in aeroporto, come successo a Parigi nei giorni scorsi, quando al Charles de Gaulle uno sciopero ha imposto la cancellazione del 17% dei voli tra le 7 del mattino e le due del pomeriggio. Ancora una volta questioni sindacali e salario alla base di un settore che evidentemente non paga abbastanza o non riesce a spuntare margini adeguati.

In effetti il caro carburante è incontestabile. La stessa IATA, l’organizzazione mondiale delle compagnie aeree, certifica un balzo fino a oltre 175 dollari al barile (ora siamo sui 160 circa): è uno sproposito per questi consumatori strategici, infatti da metà 2015 a metà 2021 molto raramente i prezzi si erano avvicinati ai 100 dollari e sempre per brevissimi periodi, poi erano sempre stati sotto. Andrebbe però anche ricordato che, nonostante prezzi del jet fuel assai più contenuti, anche negli ultimi anni si sono spesso registrati scioperi e paralisi nel settore.

Il carburante non esaurisce la storia insomma, d’altronde i rincari sono evidenti da mesi e già a marzo Reuters aveva fatto un checkup degli hedging, ossia una conta di quante e quanto le compagnie avevano protetto i propri consumi di carburante dai rincari.

Air France era al 63% per un barile a 90 dollari nel secondo trimestre (si è stati quasi sempre sopra i 100), easyJet era al 60% per l’anno fino a settembre a 504 dollari a tonnellata (al primo luglio si era in Europa a 1.285 dollari), IAG, ossia British Airways, Iberia, Vueling e altre ancora, era al 60% per tutto il 2022 su uno scenario di 900 dollari, il prezzo sarebbe salito a 750 dollari con un hedging al 65% su carburante e cambi (ma come detto i prezzi sono andati ben oltre i 900 dollari a tonnellata).

Lufthansa tra le più sagge aveva coperto più del 90% del carburante nel primo semestre e il 50% nel terzo trimestre. Ryanair aveva fatto hedging sull’80% fino al 2023, ma i costi sarebbero comunque saliti di 50 milioni di euro fino al prossimo marzo 2023.

Caos voli: aiuti e licenziamenti, ma si resta a terra

Wizzair, l’ultra lowcost ungherese quotata a Londra ma con socio di riferimento nel private equity Usa Indigo Partners, aveva coperto il 40% dei costi carburante fino alla fine di giugno a 1.142 dollari di scenario. Il gruppo ha però chiuso l’esercizio al 31 marzo con perdite da 642,5 milioni nonostante avesse più che raddoppiato i passeggeri a oltre 27 milioni e i ricavi a 1,66 miliardi, ancora una volta i costi hanno superato i ricavi e la differenza l’hanno fatta quelli per carburante lievitati dai 347 milioni del 2021 a 649 milioni, perdite in calo ma debito in crescita (da 1,69 a 2,75 miliardi), con un patrimonio che ne copre meno di un decimo (263 milioni di euro).

Anche stavolta però le compagnie aeree sembrano non riuscire a gestire il mercato, raramente si proteggono, molte, come easyJet e Lufthansa hanno livelli di debito appena inferiori a quelli tipici delle compagnie in crisi. Lufthansa lo scorso autunno ha ripagato il debito con il governo, ma alla fine del 2021 è ancora una compagnia che si lecca le ferite.

Ha visto crescere in un anno del 24% il giro d’affari a ben 16,8 miliardi di euro, ma segna ancora un ebit adjusted negativo di 2,35 miliardi e una perdita netta di 2,19 miliardi di euro. Intendiamoci i margini stanno recuperando molto rapidamente e il taglio di quasi un terzo del personale ha ridotto del 10% questa voce di spesa con proiezioni al 15-20% a breve. Il debito è stato ridotto da 9,9 a 9 miliardi di euro a fronte di un patrimonio triplicato da 1,4 miliardi a 4,5 miliardi di euro. Ma siamo ancora a mezzi di terzi doppi rispetto a quelli propri e in un contesto di costi ricorrenti straordinariamente elevati.

Easyjet affronta invece queste tempeste estive orfana del direttore operativo (COO): Peter Bellew se n’è appena andato dopo due anni e mezzo sicuramente non facili ed è stato sostituito ad interim da David Morgan. Ufficialmente le dimissioni sono state dettate da nuove opportunità professionali, ma in molti hanno insinuato che si tratti di una conseguenza delle migliaia di voli cancellati dalla compagnia questa estate. Secondo la BBC sarebbero circa 10 mila, ossia il 6% più o meno dei 160 mila voli inizialmente previsti per questa estate.

Eppure soltanto nella prime metà del 2022 la compagnia britannica ha moltiplicato (+524,2%) i ricavi a 1,49 miliardi di sterline, con un balzo dei passeggeri dai 6,4 milioni di inizio 2021 a 30,3 milioni nell’ultimo semestre. Il problema è che anche con questi numeri i conti non tornano: i costi sono balzati del 94,2% a 1,68 miliardi di sterline e superano ancora i ricavi. Il gruppo ha ridotto le perdite semestrali da 549 a 431 milioni di sterline, ma è chiaramente una magra consolazione. Easyjet a fine marzo (quando termina il suo semestre) aveva un debito circa 600 milioni di sterline (erano 2 miliardi un anno prima) e 2,4 miliardi di patrimonio, una solida posizione patrimoniale, in miglioramento, ma ancora minacciata da forti perdite e dagli scossoni nella gestione e nella reputazione.

C’è poi British Airways, che ha licenziato 10.000 persone durante la pandemia e cancellato 1.200 voli tra gennaio e aprile di quest’anno, ma programmava ancora in primavera un taglio del personale di altre 3.000 persone.

C’è poi Air France-KLM: la compagnia ha ricevuto aiuti di Stato per 7,66 miliardi di euro nel 2020 e poi nel 2021 ne sono serviti altri 4 miliardi. Altri 17,7 milioni di euro sono poi venuti dalla Commissione Europea (dal fondo EGF) per aiutare 1.580 persone che hanno lasciato la compagnia durante la pandemia a ritrovare un lavoro. Nel 2020 Air France aveva annunciato 7.500 esuberi (compresi alcuni nella controllata HOP), ora secondo Le Figaro ne prevede altri.

Un po’ per tutti la pandemia, quindi la guerra e la speculazione sui carburanti sono stati una tempesta perfetta solo parzialmente superata con aiuti di Stato e licenziamenti. Adesso che tutto riparte però i passeggeri europei restano di nuovo a terra.