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La Cina farà da locomotiva nel 2023?

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
6 min

L’economia Usa per adesso tiene, vedi il dato odierno sulle vendite al dettaglio, ma il rischio di una recessione resta. La Cina, abbandonato l’atteggiamento oltranzista contro il Covid, potrebbe invece fare meglio degli altri big e salvare la frittata. Ma è proprio così?

La Cina farà da locomotiva nel 2023?

Passaggio di testimone tra Usa e Cina?

Molti osservatori sono convinti che gli Usa entreranno in recessione nei prossimi mesi a causa della politica monetaria restrittiva della Fed.

Gli Usa hanno sostenuto la crescita globale durante il Covid con la loro politica monetaria ultra espansiva ma adesso che stanno combattendo l’inflazione potrebbero esercitare invece un effetto contrario.

Per il momento i segnali macro di recente uscita non forniscono indicazioni chiare in questo senso, tuttavia andando a studiare alcuni indicatori di mercato, come il differenziale di rendimento tra i titoli a 10 anni e quelli a 2 anni, il timore che l'economia degli States possa fermarsi nella prima metà del 2023 resta elevato.

Secondo alcuni potrebbe essere la Cina a portarsi in cima al convoglio dell'economia globale e a fare da locomotiva.

Negli ultimi 20 anni del resto la Cina, mentre il suo Pil quasi raddoppiava, ha contribuito per il 30% circa alla crescita globale, gli Usa solo per il 10%.

In base a questo scenario l'attenzione dovrebbe quindi concentrarsi sui mercati azionari cinesi per cercare di recepire segnali duraturi di ripresa che possano anticipare un analogo movimento anche da parte degli altri indici.

Cina e mercati correlati

E quando si parla di Cina non si fa riferimento solo alla borsa, ma anche al petrolio e ai metalli industriali, il cui andamento è fortemente condizionato dal livello della domanda cinese.

Mettendo sotto osservazione questi mercati sarebbe possibile accorgersi con tempismo di un miglioramento del contesto in cui si realizzano gli investimenti.

L’economia Usa per adesso tiene

Come già accennato tuttavia per adesso l'economia Usa non sembra intenzionata a gettare la spugna, e gli indici azionari americani continuano quindi ad essere dei catalizzatori di attenzione.

A ottobre le vendite al dettaglio statunitensi sono salite su base mensile del +1,3%, superando le attese di un +1%, dopo la variazione nulla nel mese precedente. Escludendo le vendite di auto la variazione resta al +1,3% dal +0,1% precedente, anche in questo caso un risultato superiore alle attese degli analisti che si aspettavano un +0,5%.

Curva dei rendimenti invertita negli Usa

E' tuttavia vero che l'andamento del mercato obbligazionario è caratterizzato da anomalie che potrebbero anticipare difficoltà future.

Lo spread tra i rendimenti a 10 e a 2 anni è infatti attualmente a circa -57 punti base, su minimi pluriennali.

I titoli a due anni rendono lo 0,57% in più di quelli a 10 anni, una situazione anomala per descrivere la quale si parla di “inversione” della curva dei rendimenti.

Quando i titoli a due anni rendono più dei 10 anni significa che il mercato crede nella possibilità che l'inflazione scenda nel medio lungo termine mentre è scettico per quello che riguarda le scadenze più vicine, una situazione che implicitamente dipinge una banca centrale ancora molto aggressiva con i rialzi dei tassi e quindi un'economia tenuta soffocata.

L’economia globale rallenterà nel 2023

Date queste premesse il rischio di un rallentamento generalizzato della crescita globale è da considerare ben presente, il Fondo monetario internazionale prevede per il 2023 una espansione ferma al 2,7% (-0,2% rispetto alle stime di luglio), il valore più basso insieme a quelli del 2008 e del 2020 dal 2001, dopo il +3,2% con il quale dovrebbe andare in archivio il 2022. Ed esiste anche un 25% di rischio che la crescita non riesca ad arrivare nemmeno al 2%.

L'inflazione è attesa all'8,8% nel 2022, al 6,5% nel 2023 e al 4,1% nel 2024.

Il Fmi si attende una recessione tecnica, due trimestri consecutivi in negativo, entro la fine del 2023 nel 43% circa dei paesi presi in esame.

Gli Usa potrebbero crescere solo dell'1% nel 2023 (+1,6% nel 2022).

Cina, pil 2023 in leggera crescita

E veniamo al capitolo Cina: secondo il Fondo monetario Pechino potrebbe crescere solo del 3,2% nel 2022, la variazione più bassa da più di 40 anni se si esclude il primo anno del Covid, molto al di sotto dell'obiettivo ufficiale del 5,5%.

Per il 2023 potrebbe esserci un rimbalzo al 4,5%, una variazione forse non rilevante ma in ogni caso capace di tenere a galla le speranze a livello globale.

La stima di Moody's di recente pubblicazione non è tuttavia così ottimista, la Cina crescerà per l'agenzia di rating del 4% nei prossimi due anni (+4,8% la previsione precedente).

La lotta al Covid ha danneggiato la Cina

Attualmente, a causa della lotta senza quartiere al Covid, l'economia cinese non naviga in acque tranquille.

A ottobre in Cina le vendite al dettaglio hanno registrato la loro prima contrazione in sei mesi: -0,5% su base annua dopo +2,5% a settembre.

I ricavi della ristorazione, che valgono il 10% del totale dell'economia, sempre nel mese di ottobre, sono scesi dell’8,1%.

Lo scorso mese le vendite in metri quadri sono calate di più del 20% su base annua. Il real estate vale il 30% del Pil. E' vero che si sta facendo molto per rivitalizzare il comparto ma per adesso la crisi resta profonda.

La Banca centrale cinese e la China Banking and Insurance Regulatory Commission interverranno con una serie di misure che avranno come risultato una iniezione di 1300 miliardi di yuan di credito (185 miliardi di dollari circa).

Petrolio e iron ore restano deboli, la Cina da sola vale il 70% degli scambi di minerale di ferro. Anche il rame, molto usato nell'edilizia, non riesce a riattivare una tendenza rialzista dopo il calo visto nella prima metà dell'anno.

Le importazioni di petrolio cinesi nei primi 9 mesi sono state di 9,9 milioni di barili al giorno, il 4,3% in meno su base annua, un dato che rappresenta la prima contrazione dal 2014.

Il Pmi manifatturiero ufficiale di ottobre è stato di 49,2 da 50,1 di settembre. La soglia dei 50 punti separa contrazione da espansione. Quello non manifatturiero è sceso a 48,7 da 50,6.

Gli utili aziendali del primo semestre sono stati deboli, il 53% delle 4800 aziende quotate prese in considerazione li ha riportati in calo (erano state il 54% nel 2020), 900 aziende su 4800 hanno archiviato una perdita (erano state 780 nel 2020).

Indice Hang Seng, la rinascita è ancora lontana

L'indice Hang Seng della borsa di Hong Kong ha iniziato un rimbalzo a ottobre ma per il momento è ancora in calo del 21% circa nel 2022, in calo del 53% dai massimi di inizio 2021. I prezzi dovrebbero risalire almeno oltre area 20000, dove passa la media mobile esponenziale a 200 giorni, dai 18255 punti attuali, per dimostrare che il rimbalzo delle ultime sedute non è solo un episodio temporaneo.

Petrolio e ferro, ecco i livelli da seguire

Anche il petrolio, fortemente condizionato dalla domanda cinese, oltre che dall'offerta Opec +, resta relativamente dimesso, e solo sopra area 95 dimostrerebbe l'intenzione di salire a testare almeno la resistenza dei 110 dollari, linea che scende dal picco di marzo, riferimento significativo anche in ottica di medio periodo.

Il future sull'iron ore è in costante calo da febbraio, il rimbalzo delle ultime due settimane non ha per adesso alterato il corso della tendenza ribassista, solo recuperi al di sopra dei 110 dollari potrebbero implicare una variazione credibile dell'orientamento.

Cina salvatore della patria?

Per il momento quindi l'ipotesi che la Cina possa diventare salvatore della patria resta valida ma ancora tutta da provare. In ogni caso un investitore attento e responsabile non può prescindere dallo studio di questi mercati anche se il suo interesse si dirige poi altrove, costerà quindi poco mantenere controllata anche questa porzione del mondo.