Stellantis, i mille dubbi per l'investor day di domani
pubblicato:Tante le questioni per l'incontro di domani, dai target finanziari alla produzione non solo elettrica, dalla joint venture con Leapmotor in vista dei dazi UE, ai richiami di centinaia di migliaia di vetture per il problema airbag, fino alla gigafactory di Termoli...
In attesa dell’Investor Day di domani a Auburn Hills negli Stati Uniti, Stellantis continua a vivere in Borsa un periodo complicato. Anche oggi, ha segnato un affondo intraday a 19,77 prima di recuperare gli attuali 20,12 euro (+0,27%). In queste ore parliamo comunque di un colosso da quasi 63,6 miliardi di euro di capitalizzazione.
Stellantis, la capitalizzazione fra fine marzo e inizio maggio ha perso € 24,3 mld
Il titolo in avvio di seduta si è pericolosamente avvicinato ai minimi dell’8 maggio a 19,65, ma soprattutto, dopo lo scivolone del 30 aprile seguito alle indicazioni sul primo trimestre, rischia di questo passo un assalto ai supporti strategici di area 19,15-19,20 euro. Da considerare che fra i massimi a 27,35 euro del 26 marzo e i minimi dell’8 maggio l’azione ha perso in 31 sedute di contrattazione oltre il 28% del proprio valore di mercato, oltre 24,3 miliardi di euro.
Domani il management dovrà essere convincente perché non sono mancati gli elementi incertezza negli ultimi mesi. Morningstar ha sondato gli analisti di Goldman Sachs (buy con target a € 26), UBS (buy, € 26)ed Equita (buy, € 24,5) e nessun dei tre si aspetta una modifica delle stime già comunicate al mercato.
Stellantis, la guidance, e un primo trimestre debole dopo un bel 2023
Alla presentazione dei dati del primo trimestre del 2024, quando il gruppo aveva registrato per le consegne un -10% a/a (1,335 milioni di veicoli spediti dalle consolidate) e per i ricavi un -12% a 41,7 miliardi di euro, erano stati comunque ribaditi per quest’anno due obiettivi:
1) Un margine dell’utile operativo rettificato (AOI) a doppia cifra nel 2024,
2) Un flusso di cassa industriale netto positivo nonostante le incertezze macroeconomiche
“Venti a favore” provenivano dalle materie prime, dal consolidamento dei nuovi contratti sindacali, dalle iniziative di efficientamento. “Venti avversi” dall’impatto del nuovo mix di elettrificazione, dalla normalizzazione dei prezzi e dal costo del lavoro.
Non tutti gli analisti sono convinti che i ricavi quest’anno raggiungeranno i 200 miliardi di euro (guidance), per alcuni è più probabile che ci si fermi a quota 180 miliardi, annualizzando il primo trimestre (ma c’è una stagionalità da considerare e vanno contati anche cambiamenti importanti nella produzione e nell’approccio al mercato alla luce del rallentamento dell’auto elettrica) non arriverebbe a 170 miliardi.
Nel 2023 il margine dell’utile operativo rettificato è stato del 12,8% (in calo a causa della guerra sui salari in America, delle relative interruzioni produttive e di altre voci), in valore assoluto 24,343 miliardi di euro su ricavi da 189,54 miliardi.
L’industrial free cash flow era stato di oltre 12,85 miliardi di euro (+19%), ma era cresciuta anche la PFN netta industriale a 29,48 mld (un balzo del 15%) sostenuta da liquidità disponibile per 61,05 miliardi. I risultati molto positivi del gruppo (un utile globale da 18,62 miliardi in crescita dell’11%) hanno permesso una generosa remunerazione dei soci, con un aumento del 16,7% del dividendo a 1,55 euro, ossia 4,7 miliardi di euro da destinare ai soci (al netto dei riacquisti di titoli propri già in portafoglio) cui si era aggiunto l’annuncio di un importante buyback da 3 miliardi di euro. Il quadro oggi è molto diverso.
Stellantis, una declinazione particolare della questione dell’auto elettrica
Il mercato ha rallentato e nuove sfide sono emerse. La domanda di vetture elettriche in Europa e negli Stati Uniti non sembra coprire nel brevissimo gli investimenti richiesti (soprattutto in Europa) e al contempo Stellantis, come molti altri gruppi occidentali, con la parziale eccezione di Tesla, non sembra prospettivamente potere competere con le auto elettriche cinesi in termini di mix qualità/prezzo.
Con una differenza importante però. Ossia la partneship esclusiva e miliardaria con Leapmotor. Come noto infatti Stellantis aveva già investito circa 1,5 miliardi di euro per comprare il 21% del gruppo cinese fondato dal presidente e ceo Jiangming Zhu e ne aveva ottenuto una partnership strategica controllata al 51% per i mercati internazionali (sia per le vendite globali, che per la produzione all’estero).
A maggio il patto aveva fatto un salto di qualità con l’annuncio delle autorizzazioni necessarie per la jointventure olandese Leapmotor International B.V. (sempre al 51% di Stellantis) e del lancio dal prossimo autunno delle vendite dei C10 (segmento D premium berlina) e T03 (elettrica compatta).
Nel frattempo languiva la domanda di auto elettriche in Europa e il gruppo bloccava per un mese Mirafiori dove viene prodotta la 500 elettrica. Il sospetto che in questo entrassero le pressioni sul governo italiano per nuovi incentivi al mercato dell’elettrico non è stato mai fugato, anche perché quando il governo ha annunciato, il venerdì 25 maggio, i nuovi incentivi da un miliardo con l’Ecobonus 2024, Stellantis ha risposto con l’annuncio della nuova 500 ibrida a Mirafiori (ma dal 2026)
L’Europa oggi ha annunciato dazi fino al 38,1% sulle auto elettriche cinesi vendute in Europa con aiuti di Stato ritenuti ingiusti. Dazi individuali sono stati decisi per BYD (17,4%), Geely (20%) e Saic (38,1%). Non è stato ancora deciso nulla su Tesla per la sua produzione cinese.
Biden ha già promesso un innalzamento dei dazi sull’auto elettrica cinese fino al 100%
L’Europa oggi procede - ma ci vorrà tempo per mettere a terra eventuali dazi concreti - e la questione è molto più divisiva, come noto, per esempio l'Italia è favorevole spesso ai dazi, la Germania no. I nuovi assetti post elettorali dovranno confrontarsi anche con questo tema basilare – quello dei rapporti commerciali sia con la Cina che con gli Stati Uniti. Quale sarà il ruolo dell’accordo di Stellantis con Leapmotor?
Saranno questioni che domani Stellantis non potrà sciogliere, ma che senza dubbio dovrà affrontare.
Stellantis e i rinvii sulla gigafactory di Termoli
Anche perché ieri il confronto al MIMIT sulla gigafactory di Termoli si è concluso con un grido di allarme dei sindacati. ACC, la joint venture di Stellantis, Mercedes e Total è sembrata distante, ha rinviato a settembre il discorso che sembrava ben avviato sul nuovo maxi-impianto da 2 miliardi di euro di cui già 400 milioni messi a disposizione dal governo con fondi PNRR per realizzare un impianto strategico di batterie elettriche.
In Francia la gigafactory di Douvrin da 7,3 miliardi di investimenti (di cui 1,3 miliardi pubblici) è già stata inaugurata a fine maggio. Ieri dopo l’incontro i sindacati metalmeccanici italiani Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr hanno scritto:
“ACC si è detta indisponibile difatti a portare avanti qualsiasi discussione fino a fine anno e di conseguenza ha interrotto il negoziato che pareva fino a poche settimane prossimo ad una intesa. La sua giustificazione è duplice e verte da una parte sul rallentamento della domanda di veicoli elettrici e dall’altra sulla necessità di un aggiornamento tecnologico sulle batterie da produrre. Di fronte a ciò chiediamo innanzitutto al Governo di aiutarci a forzare la mano su ACC, affinché sveli le sue strategie, anche perché sono in ballo quasi quattrocento milioni di incentivi pubblici.
Al contempo chiediamo a Stellantis di assumersi fino in fondo le sue responsabilità, di chiarire quali motori produrrà a Termoli e per quanti anni, giacché non ci possono bastare rassicurazioni di principio come quelle oggi ricevute non corroborate da precise assegnazioni produttive.
Inoltre chiediamo a Stellantis di assumersi le sue responsabilità anche verso ACC, di cui al contempo è sia il principale azionista sia il principale cliente”.
Stellantis pochi giorni fa aveva scritto:
“Malgrado un rallentamento del mercato dei BEV, Stellantis si è assicurata una quota del 13,8% dall’inizio dell’anno nella regione UE29 conquistando la leadership in vari segmenti. In Francia i volumi dei BEV sono cresciuti del 56%, raggiungendo una quota di mercato del 37,9%, con Peugeot E-208 e Fiat 500e al primo e al secondo posto della classifica dei veicoli più venduti.
La Polonia ha raggiunto una quota di mercato del 9,4% su base annua con una crescita di 0,8 punti rispetto allo scorso anno”.
Ma dietro il mercato ci vuole anche la produzione e la fine in un giorno degli incentivi elettrici per l’Italia, oltre a essere carica di dubbi ancora da risolvere, rischia di lasciare le nostre produzioni automotive sulla china in cui erano prima dei sussidi. Con una produzione lontana anni luce dagli 1,4 milioni di vetture prodotte su base nazionale che il governo continua a sostenere come obiettivo. Di certo si dovrà spuntare di più e domani forse si avranno piani più precisi.
Stellantis, i richiami di centinaia di migliaia di auto
Poi c’è l’incognita delle spese straordinarie collegate ai richiami dei veicoli con airbag a rischio: sembra una voragine infinita almeno 500 mila vetture Citroën C3 e DS3 commercializzate tra 2009 e 2019 sono state richiamate in 24 Paesi e il gruppo ha annunciato richiami anche su 29 mila Opel e ulteriori richiami su modelli Citroen e DS non meglio quantificati. Ieri la CNN ha riportato di 211.581 SUV e pickup richiamati tra Doge Durango, Ram 2500 e 3500 del 2022. Servirebbe sicuramente un update puntuale sul tema.
Complessivamente quindi l’incontro di domani sarà importante e forse potrà fornire una maggiore visibilità se non sui numeri almeno sulle strategie di un gruppo che è il secondo venditore di auto in Europa e deve ancora chiarire come vuole affrontare questa fase complessa di mercato.