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S&P500, rimbalzo provvidenziale in chiusura di ottava

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
6 min

Lo S&P500 riesce ad evitare l’onta di entrare in “bear market” venerdì ma il rischio per adesso è solo rimandato. Ecco tutto quello che c’è da sapere per cavalcare i mercati azionari in questa fase.

S&P500, rimbalzo provvidenziale in chiusura di ottava

Lo S&P500 vende cara la pelle

Sulla home page del sito del WSJ campeggia il 20 maggio questo titolo "S&P 500 Enters Bear-Market Territory as Selloff Deepens". Lo S&P500 in realtà venerdì è sceso solo nell'intraday al di sotto della "bear market threshold", quel -20% dai massimi dell'ultimo movimento, il top del 4 gennaio a 4818,62 punti, violato il quale l'indice entrerebbe per convenzione in territorio "bear", ovvero ribassista.

Era dai massimi del febbraio 2020 che allo S&P500 non capitava di allontanarsi per più del 20% dai massimi precedenti.

A preoccupare non è solo l'ampiezza del ribasso ma anche la sua durata: nel caso del Dow Jones Industrial questa appena conclusa è stata l'ottava settimana consecutiva di ribasso, una serie così prolungata non si registrava dall'aprile del 1932. Nel caso di S&P500 e Nasdaq invece siamo al ribasso temporalmente più esteso dal 2001, conseguente allo scoppio della bolla delle dot-com.

La reazione dai minimi di seduta, toccati a 3.810,32 punti da parte dello S&P500, è stata robusta, tanto da riportare i prezzi al di sopra di area 3900, per adesso il mercato ha quindi detto no al "bear market", ma il rischio resta dietro l'angolo e potrebbe quindi essere solo rimandato.

La ragioni alla base del ribasso

Le motivazioni che hanno guidato questa discesa sono ben note, per quello che riguarda gli Usa, più lontani rispetto all'Europa dal baricentro della guerra in Ucraina, hanno più che altro a che fare con il timore di un rallentamento dell'economia, e quindi della crescita degli utili aziendali, dovuta alla necessità da parte della banca centrale di mettere un freno all'inflazione.

Con il Covid la Fed era stata super espansiva, inondando il mercato di liquidità, e ora si ritrova a dover chiudere le porte della stalla con un evidente ritardo rispetto alla fuga dei proverbiali buoi. Non è una novità che i titoli a più alto beta sono quelli che risentono maggiormente in positivo e in negativo delle decisioni della banca centrale in tema di politica monetaria, la novità probabilmente rispetto al passato è il peso che alcuni di questi titoli hanno assunto nell'ambito dell'intero mercato.

Il peso della tecnologia è preponderante

Se i giganti della tecnologia piegano la testa non c'è rotazione settoriale che tenga, gli altri comparti possono anche tentare di remare in direzione contraria ma l'effetto sul totale del mercato è appena visibile. L'Information Technology pesa per quasi un terzo nello S&P500, l'energia e la pubblica utilità il 2,5% circa ciascuno (i dati non sono forse i più aggiornati ma le proporzioni sono queste). Il fatto che l'energia sia salito, e comunque con moto alterno, grazie al rialzo del prezzo del greggio, non ha spostato più di tanto l'orientamento ribassista della borsa.

Il crollo dell'Information Technology ha effetti sia sui portafogli dei investitori sia sul sentiment dei consumatori, non è un caso che negli ultimi giorni ci siano stati dei veri e propri crolli anche nei titoli della grande distribuzione come Target e Walmart (ma anche Ross Stores venerdì ha perso circa 1/4 del suo valore).

Ora gli investitori devono decidere se dare fiducia alla Fed e alla sua capacità di controllare l'ascesa dei prezzi senza fare entrare l'economia in una recessione prolungata oppure se chiudere bottega e tornare a comprare azioni solo quando inizieranno ad esserci segnali di un nuovo rafforzamento dell'economia.

La seconda ipotesi implicherebbe di cambiare completamente strategia, almeno per il medio e il lungo termine, difficilmente tra l'inizio e la fine di una recessione passa un tempo limitato, probabilmente tutto il 2023 verrebbe vissuto, se l'economia cederà, con le borse deboli.

Analisi tecnica, salvaci tu!

Fare previsioni su questi elementi è aleatorio, sono troppe le incognite in gioco, uno sguardo ai grafici potrebbe invece fornire qualche punto fermo attorno al quale orientarsi. Per quello che riguarda l'analisi tecnica la convenzione del ribasso del 20% dai massimi come indicazione di avvio di un downtrend non è significativa, gli elementi da guardare sono altri.

Il primo è la presenza di eventuali formazioni ribassiste, nel caso dello S&P500 una figura di questo tipo effettivamente c'è, sul grafico mensile infatti tra dicembre e gennaio si era disegnata una figura "bearish engulfing", completata poi ad aprile con la violazione, in chiusura mensile, dei minimi di gennaio a 4223 punti. La presenza del "bullish engulfing" informa della stanchezza del trend rialzista precedente ma non fornisce obiettivi per il ribasso.

Un ulteriore segnale ribassista è venuto a metà maggio con la violazione in area 4070 della media mobile esponenziale a 100 settimane. Quella a 200 settimane, dimostratasi cruciale a gennaio 2016 e a dicembre 2018, è però ancora relativamente lontana, passante a 3630 punti.

Anche in termini di ritracciamenti per adesso il ribasso non ha fatto grossi danni. I ritracciamenti di Fibonacci calcolati dai minimi del 2009 forniscono un primo supporto, quello del 23,6%, a 3840 punti circa. Il supporto è stato testato pienamente venerdì ma ha tenuto in chiusura di settimana (registrata a 3.901,36).

C'è poi un altro elemento decisamente interessante, i prezzi si sono mossi dal massimo del 4 gennaio all'interno di un canale ribassista, una coppia di linee parallele che ha contenuto le oscillazioni dei prezzi. La linea superiore unisce il top del 4 gennaio e quello del 29 marzo, la parallela è tracciata dal minimo del 24 febbraio. Questa linea transita oggi (20 maggio) a 3925 circa. La linea di supporto è stata violata quindi l'11, il 12, il 18, il 19 e il 20 maggio, ma mai in modo netto.

Se l'indice riuscirà a rientrare all'interno del canale si riaprirebbe la possibilità di essere in presenza di un "flag" in formazione. Un "flag" altro non è che un canale che interrompe, senza invertirla, la tendenza precedente, in questo caso quella partita dai minimi del 2020.

La strada per completare il "flag", ovvero superarne il lato alto, attualmente passante a 4520 punti, e segnalare la ripresa dell'uptrend di medio lungo periodo, è tormentata. Prima resistenza a 4091, top del 17 maggio, poi a 4220, linea mediana del "flag", infine appunto a 4520 punti.

Ricapitolando

Ricapitolando, una chiusura di seduta sotto area 3840 la situazione precipiterebbe e diverrebbe probabile il test del 38,2% di ritracciamento (percentuale successiva al 23,6% nella scala di Fibonacci) del rialzo dal 2009, posto a 3230 punti circa. Una chiusura oltre area 4090 potrebbe invece portare al test di 4220.

Quanto è probabile il completamento del "flag"? Al momento si tratta di una ipotesi remota, più probabile che i prezzi tentino un rimbalzo ma alla fine debbano arrendersi ai tanti fattori ribassisti che gravano sul mercato in questa fase.

Da non sottovalutare il fatto che questa settimana c'è stato l'incrocio ribassista delle medie mobili esponenziali a 100 e a 200 giorni, che erano incrociate al rialzo da giugno del 2020. Se uno scenario immediatamente ribassista è stato probabilmente evitato dalla reazione vista venerdì, uno completamente rialzista è altamente improbabile.

Ragionevolmente un eventuale/probabile rimbalzo sarebbe da considerare un'occasione per leccarsi le ferite e avviare strategie atte a guadagnare sul ribasso (etf short, acquisto opzioni put o vendita di call, vendita di future...), da iniziare ad attivare tra i 4200 e i 4400 punti di S&P500 e poi da confermare in caso di discese al di sotto di area 3850.