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TIM, è nebbia fitta

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

Speculazioni in corso, Consob ha acceso un faro, rumors su interventi di Iliad. Ecco cosa è successo, dal nodo del debito all'intervento ambiguo dei canadesi di CPP

TIM, è nebbia fitta

Ancora in calo TIM e la nebbia sale. L'azione dell’ex monopolista delle telecomunicazioni italiane ha reagito a dati e piano con un crollo del titolo fuori dal comune, tanto intenso per ampiezza e volumi (oltre il 13,5% del capitale passato in un giorno solo) da attirare l’attenzione della Consob.

Ma non è solo una questione di Borsa, anzi.

Gli azionisti di TIM sono purtroppo abituati a perdere, ma l'anomalia degli ultimi ribassi si inserisce anche nella fase chiave della più grande operazione delle telecomunicazioni italiane degli ultimi decenni: la vendita della rete di TIM per 20 miliardi di euro che dovrebbe traghettare la società verso una nuova fase con meno debito. E permettere all'Italia di investire i soldi del PNRR sulla digitalizzazione del Paese con una infrastruttura terza rispetto ai vari operatori.

La rete dovrebbe passare agli americani di KKR con molti soci italiani, in primis CDP (ossia la Cassa Depositi e Prestiti dei famosi buoni postali, quindi il governo) ed F2i.

Entro l'estate l'operazione si dovrebbe chiudere. Ecco che succede di tutto e il dossier si fa sempre più internazionale.

Ci sono diversi motivi perché il titolo crolli, non c’è dubbio. Al tempo stesso è chiaro che le pressioni sul gruppo crescono.

Si sa che i soci di Vivendi (primi azionisti con il 23,94% del capitale) sono contrari da tempo alla vendita della rete. Mediobanca invece supporta e segue il dossier da tempo.

La cessione dovrebbe concretizzarsi tra giugno e luglio e già il nuovo piano industriale al 2026 dello scorso 6 marzo ha messo nero su bianco le stime per la nuova TIM senza la rete. Apriti cielo, il titolo è crollato.

I conti sul taglio del debito non tornavano agli analisti già ai nastri di partenza, ma la reazione dei mercati appare da subito spropositata.

Così il gruppo ha riunito il cda nel weekend in versione straordinaria e partorito una nota di integrazione al piano industriale che questa settimana non ha fermato le vendite. 

TIM il nodo del debito

Proviamo a semplificare. Anche se la rete verrà venduta a 20 miliardi l’esdebitamento previsto per TIM è di 14,2 miliardi di euro.

Si parte da una posizione finanziaria netta di TIM (ossia dal grande problema del suo debito) in rosso di 20,3 miliardi e togliendo i 14,2 mld previsti, il debito pro forma si pone a 6,1 miliardi di euro. Questa la previsione applicata ai dati di fine 2023, ma la traversata non sarà facile.

La parolina chiave che non è piaciuta al mercato all’annuncio del piano è stata leverage. Il leverage è uno dei maggiori rapporti di indebitamento e in questo caso si calcola dividendo il debito per l’ebitda, ossia il risultato della gestione caratteristica. Vuol dire che si misura quanto il business di un’azienda riesce a bilanciare il debito.

Nel caso di TIM sia EBITDA, che indebitamento finanziario netto vengono calcolati “after lease”, ossia senza i pesanti contratti di leasing. È un distinguo importante: i leasing pesano 5,3 miliardi sul debito e più di un miliardo sull’ebitda.

Il debito finanziario netto (senza leasing) di TIM è 20,35 miliardi circa. L’EBITDA senza leasing di TIM è di 5,3 miliardi.
Il leverage, ossia debito/ebitda (after lease) è appunto 3,83, il punto di partenza che non è piaciuto al mercato.

In particolare gli analisti di Equita giudicano deludente l’obiettivo di abbassare il leverage a 1,6/1,7 nel 2026; le loro proiezioni valuterebbero un livello più basso all’approdo, a 1,3x. A deviare il percorso sarebbe un dato di partenza più alto di quanto previsto, quindi un debito di partenza peggiore delle attese.

D’altronde in sé un leverage di 1,6-1,7 – va notato – sarebbe assolutamente competitivo sul mercato delle telecomunicazioni e in sé non è un valore assoluto.

Oltretutto gli stessi analisti di Equita Sim hanno confermato rating buy su Tim (consiglio di acquisto) con un prezzo obiettivo ridotto a 0,35 euro da 0,4 euro, ma ben al di sopra delle quotazioni attuali.

TIM, un altro 2023 carico di perdite

Il punto di partenza di TIM in effetti non è dei migliori. Anche se il gruppo non ha perso 2,9 miliardi come nel 2022, ha chiuso comunque con una perdita per i soci della controllante da 1,44 miliardi nel 2023. Anche il debito è salito in maniera importante. L’indebitamento netto rettificato è cresciuto da 25,36 a 25,65 miliardi. Senza i leasing si arriva appunto ai 20,35 mld dei calcoli di cui sopra.

Va però anche detto che le stime del piano indicano anche un bel recupero della TIM senza debito. Infatti l’EBITDA after lease dovrebbe crescere in media dell’8% l’anno tra il 2023 e il 2026 nettamente più dei ricavi (3% l’anno).

Oltretutto l’ebitda after lease da 5,304 miliardi è stato leggermente superiore alle attese degli analisti poste a 5,288 miliardi e anche i ricavi si sono posti leggermente sopra il consensus.

TIM, l’investimento ambiguo del fondo canadese CPP

Non sono serviti gli acquisti di 500 mila azioni da parte dell'ad Pietro Labriola per rassicurare il mercato, in questi giorni il mercato ancora leva valore dal titolo TIM.

In queste ore va notata un’importante novità. Il fondo pensionistico canadese CPP Investments, un investitore internazionale di rango, ha annunciato proprio l’8 marzo un accordo per un  grosso investimento nella rete di TIM, la Netco.

Si erano già uniti a KKR, la CDP (emanazione del governo), il fondo infrastrutturale F2i, il fondo di Abu Dhabi ADIA e ora arrivava anche CPP Investments (Canada Pension Plan Investment Board). In una nota non ritenuta price sensitive in Italia e reperibile sul sito del fondo, CPP dichiarava l’impegno a investire fino a 2 miliardi di euro per il 17,5% di Netco. L’enterprise value della rete veniva valutato 18,8 miliardi di euro. 

Una presa di posizione, un investimento lodato da tutti, come ogni investimento infrastrutturale straniero in Italia. Ma CPP era anche un investitore shortista su TIM da tempo, dal 20 giugno 2023, quando aveva aperto una posizione ribassista sul titolo di Telecom Italia pari allo 0,5% Una posizione che risulta ancora in essere e che probabilmente proprio con gli ultimi affondi del titolo potrebbe essere diventata molto redditizia (il titolo nel giugno 2023 valeva circa 24,5 centesimi e ora è sceso nell’intorno dei 21 passando sotto quel livello proprio il 7 marzo).

Uno 0,5% del capitale redditizio, ma comunque incapace di giustificare scambi sui volumi al 13,5% del capitale azionario di TIM in un giorno soltanto. Ammesso che non sia stata la punta di un iceberg di speculazioni che comunque, come detto, sembrano la preoccupante causa di vendite davvero fuori dall’ordinario.

TIM, altri rumors

Ma mentre il titolo continua a restare depresso (anche se i volumi si sono molto normalizzati), il Giornale oggi lancia l’ipotesi di nuovi attacchi alla società. Iliad, la società di Xavier Niel che con i suoi prezzi stracciati sull’offerta mobile ha contribuito non poco alle ultime difficoltà di TIM, potrebbe approfittare dei ribassi dei corsi di TIM per sferrare un attacco e così rifarsi del fallimento dell’operazione su Vodafone Italia che ha visto invece quest’ultima avviare trattative serie con Fastweb.

I rumors giungono dalla Francia, da un articolo di La Tribune e chiamano in causa direttamente il governo senza il quale un simile cambiamento di rotta non sarebbe immaginabile.

Ovviamente si tratta di un’ipotesi bizzarra destinata ad accrescere la confusione che regna su TIM in questi giorni, sul futuro dei circa 20 mila dipendenti della rete che dovrebbero passare alla nuova società, su un dossier strategico per l’Italia, visti gli investimenti poderosi che il PNRR dovrebbe promuovere.

Come detto, sul caso TIM resta fitta la nebbia.

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Telecom Italia