Europa e Stati Uniti ai ferri corti: la nuova frattura che ridefinisce l’Occidente

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
6 min

Dalla guerra in Ucraina al caso X/Twitter: segnali di un’America sempre più “First” e di un’Europa costretta a scegliere se diventare potenza o restare vulnerabile

Europa e Stati Uniti ai ferri corti: la nuova frattura che ridefinisce l’Occidente
Il partner ideale che ti supporta nell'investimento azionario. Analisi quotidiane e approfondimenti su tutti i titoli della Borsa Italiana, sugli ETF/ETN, sui titoli quotati a Wall Street e nelle principali piazze azionarie europee. I livelli operativi suggeriti dal nostro algoritmo. Non perdere l'occasione, ti aspettiamo su www.megatrader.it

Europa e Stati Uniti verso un nuovo equilibrio?

Un'alleanza sotto pressione tra crisi economica, revisionismo strategico USA e fragilità politica del Vecchio Continente

L’intervento di Jamie Dimon, CEO di JPMorgan, è stato solo la scintilla che ha reso evidente una tensione che monta da mesi.

L’Europa, dice uno dei più potenti banchieri americani, ha “un problema reale”: una burocrazia lenta, un modello sociale che protegge molto ma attrae poco, un clima politico frammentato che scoraggia investimenti, innovazione e imprese.

Una diagnosi severa, ma che arriva da chi ogni giorno misura i flussi globali di capitale.

Eppure, l’aspetto più interessante dell’analisi di Dimon è un altro: un’Europa debole non è un vantaggio per gli Stati Uniti, ma un rischio economico e strategico.

Un messaggio non scontato in un momento storico in cui l’amministrazione americana – attuale e, ancor più, quella potenziale – sembra orientarsi verso una nuova forma di isolazionismo selettivo.


Il nuovo paradigma americano: meno Europa, più interessi USA

Secondo l’ex premier Paolo Gentiloni, la nuova strategia di sicurezza nazionale americana è un vero e proprio “epitaffio delle relazioni transatlantiche”.

Un documento che:

  • considera la NATO una struttura da contenere, non espandere;

  • riduce la rilevanza dei conflitti che non toccano direttamente gli interessi economici USA;

  • auspica il ritorno a una politica America First rideclinata con strumenti moderni: non più “cannoniere”, ma tecnologia, regolazione, dominio digitale e standard globali disegnati a Washington;

  • guarda all’Unione Europea come a un attore da circoscrivere, non da sostenere.

Si tratta di una svolta epocale che, nelle parole di Gentiloni, rispecchia l'impostazione culturale del “Progetto 2025” della Heritage Foundation, che punta apertamente allo smantellamento dell’Unione Europea, vista come ostacolo agli interessi nazionalisti.

Trump, secondo Gentiloni, vede l’Europa come il riflesso dei suoi “nemici interni” – un luogo simbolico su cui proiettare battaglie identitarie e politiche nate in America ma attribuite al Vecchio Continente per motivi elettorali.


Il nodo Ucraina: l’alleanza atlantica in bilico

Uno degli aspetti più esplosivi del documento strategico americano riguarda l’Ucraina.

Si parla apertamente di:

  • limitare il coinvolgimento USA,

  • delegare la gestione europea del conflitto,

  • promuovere un dialogo “Nato–Russia” mediato dagli USA – un concetto che rivela un ribaltamento logico: una Nato senza Stati Uniti.

Un paradosso? Forse. Ma anche un’indicazione chiara:

Washington considera sempre meno strategico il fronte europeo e guarda con crescente interesse al confronto sistemico con la Cina in Asia-Pacifico.

Questo sposta oneri e responsabilità sull’Europa, che pure – ricorda Gentiloni – è una potenza economica molto superiore alla Russia, ma politicamente divisa, timorosa, lenta.

Eppure l’Ucraina continua a resistere da un anno quasi solo con il supporto europeo, mentre l’aiuto americano ristagna.
Se gli USA decidessero davvero di defilarsi, l’Europa avrebbe la forza economica di sostenere Kyiv, ma dovrebbe affrontare:

  • divergenze politiche interne (Ungheria, Slovacchia, Belgio);

  • carenze strutturali nella difesa;

  • la lentezza decisionale del Consiglio europeo;

  • l’assenza di una dottrina strategica comune.

Insomma: il problema non è la capacità, ma la volontà politica.


Scontro regolatorio USA–UE: il caso X/Twitter

In questo scenario già teso, esplode un caso simbolicamente potentissimo.

La Commissione europea infligge a X (ex Twitter) una multa da 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act.

La risposta americana è violentissima:

  • Marco Rubio: “un attacco al popolo americano”;

  • JD Vance: “l'UE deve difendere la libertà di parola, non censurare aziende americane”;

  • Casa Bianca: “difendete la censura”.

Per Bruxelles è semplicemente l'applicazione di una norma – tra l’altro avviata due anni fa e sospesa per non alimentare tensioni con Washington.

Ma la coincidenza temporale è lampante: la multa arriva proprio nel giorno in cui gli USA pubblicano un documento strategico che mira di fatto a dividere l’Europa e riconsiderare la Nato.

Da qui la reazione furibonda dei vertici europei:

“Vogliono distruggere l’Unione”.
“È un tentativo di de-americanizzare la Nato”.

Parole non dette ufficialmente, ma riferite da diverse fonti di Bruxelles.


Gli asset russi congelati: nuovo fronte di attrito

Gli USA osservano con attenzione crescente la gestione europea degli asset russi congelati, che fanno gola anche a Washington e potrebbero diventare un nuovo terreno di confronto geopolitico.

La Germania si dice pronta ad agire senza “consigli dall’esterno”.
Ma intanto il tema resta bloccato tra:

  • ostacoli politici (Ungheria, Slovacchia),

  • questioni legali (Belgio),

  • timori di ritorsioni russe,

  • pressioni americane.

La questione è più di un dettaglio tecnico:
è un banco di prova della reale autonomia strategica europea.


La domanda centrale: l’Europa è pronta a camminare da sola?

Il quadro che emerge è quello di un continente:

  • economicamente forte ma politicamente fragile,

  • culturalmente aperto ma demograficamente debole,

  • burocraticamente pesante ma strategicamente dipendente,

  • tecnologicamente avanzato ma subordinato agli USA sulle regole digitali.

Per Washington, l’Europa non è più il partner privilegiato, ma un alleato da cui prendere le distanze quando serve e da riavvicinare quando conviene.

Per Mosca, un’Europa indebolita è un’Europa vulnerabile.
Per Pechino, un’opportunità.
Per gli USA, una responsabilità di cui liberarsi.

La vera domanda, dunque, è un’altra:

L’Europa vuole essere una potenza o accetterà il ruolo di spettatrice nel nuovo ordine multipolare?

Per ora, manca una risposta chiara.

S&P 500 vs EuroStoxx 50: il divario si riduce, ma la storia insegna prudenza

Il grafico di forza relativa Eurostoxx 50 / SP500 mette in evidenza un elemento chiave: dopo oltre un anno di chiara sovraperformance dello S&P 500 rispetto all’EuroStoxx 50, negli ultimi due mesi il rapporto di forza relativa si è stabilizzato.
In altre parole: USA ed Europa stanno performando in modo quasi equivalente, una condizione che non si vedeva da tempo.

Cosa significa per chi investe?

1️⃣ È un momento chiave per valutare l’asset allocation geografica.
Se l’Europa dovesse iniziare a sovraperformare, i flussi potrebbero ruotare parzialmente dai big USA verso i settori più ciclici europei.

2️⃣ Il mercato USA rimane più forte… ma anche più caro.
Un eventuale catalizzatore negativo (tassi, geopolitica, utili) potrebbe colpire più velocemente l’indice più sopravvalutato.

3️⃣ Se il divario riprende ad ampliarsi troppo, attenzione:
la statistica mostra che spesso è seguito da correzioni simultanee.


📌 Conclusione

Il rapporto S&P 500 – EuroStoxx 50 è entrato in una fase di equilibrio dopo un lungo dominio americano.

Non è ancora un segnale di rotazione, ma è un cambiamento da monitorare con attenzione.

La storia ci insegna che, quando i divari si comprimono o si ampliano troppo, i mercati spesso reagiscono con movimenti bruschi al ribasso.

Comments

Loading comments...