Golden Power sotto attacco: tra Bruxelles e Consiglio di Stato si apre il fronte sulla credibilità dell’Italia
pubblicato:Il Consiglio di Stato smonta l’interpretazione estensiva del governo: il Golden Power non può basarsi su scenari ipotetici

Golden Power: due sconfitte per Roma in pochi mesi. E la credibilità del governo finisce sotto esame
La disciplina del Golden Power — nata per proteggere gli asset strategici italiani — sta attraversando la fase più delicata dalla sua introduzione. Nel giro di poche settimane, infatti, due eventi significativi ne hanno messo in discussione l’applicazione:
- 1.
La procedura di infrazione avviata dall’Unione Europea dopo i paletti imposti all’OPS di Unicredit su Banco BPM.
- 2.
La decisione del Consiglio di Stato, che ha annullato un decreto analogo adottato nel 2023 contro Cedacri (controllata del gruppo Ion).
In entrambi i casi, il messaggio è chiaro: il governo italiano potrebbe aver forzato il perimetro normativo, trasformando uno strumento emergenziale di difesa in un meccanismo di intervento discrezionale, con potenziali ricadute sulla credibilità del Paese e sulla libertà dei movimenti di capitale.
Il caso Cedacri: il Consiglio di Stato restringe il perimetro dei poteri speciali
La sentenza sulla vicenda Cedacri rappresenta un passaggio cruciale.
Nel 2023, il governo aveva imposto una serie di prescrizioni alla società in occasione della notifica di un finanziamento assistito da pegno sulle sue azioni. Una scelta motivata dal rischio — pur teorico — che l’escussione del pegno potesse modificare la governance futura della società, che opera in un settore altamente sensibile come l’IT bancario.
Il TAR Lazio aveva avallato questa interpretazione estensiva: anche la possibilità futura di un cambio di controllo era sufficiente per attivare il Golden Power.
Il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto.
Secondo i giudici:
- •
il pegno non trasferiva alcun diritto di voto né di governance ai creditori, se non in caso di default;
- •
non c’era alcuna modifica immediata nella disponibilità degli asset strategici;
- •
il Golden Power non può essere esercitato su scenari ipotetici.
In altri termini, lo Stato non può usare i poteri speciali come strumento preventivo di controllo generalizzato. Una limitazione netta che ridimensiona la discrezionalità politica sull’uso del Golden Power.
La decisione crea un precedente giuridico importante, destinato a influenzare anche il caso Unicredit–Banco BPM.
Il caso Unicredit–Banco BPM: l’Europa accusa Roma di violare le regole del mercato unico
L’altro fronte caldo è quello dei “paletti” imposti da Palazzo Chigi all’OPS lanciata da Unicredit su Banco BPM. Le condizioni imposte dal governo riguardavano, tra l’altro:
- •
l’uscita dalla Russia entro nove mesi;
- •
garanzie sui livelli occupazionali;
- •
vincoli sulla governance.
Secondo Bruxelles, tali condizioni rappresentavano una restrizione ingiustificata alla libera circolazione dei capitali, ostacolando un’operazione di mercato e violando le norme sulla concorrenza.
Da qui la decisione della Commissione Europea di avviare una procedura di infrazione, mantenuta in piedi anche dopo il ritiro dell’OPS da parte di Unicredit.
La banca guidata da Andrea Orcel, di fronte all’incertezza normativa e regolatoria, ha infatti preferito ritirarsi, dichiarando che i continui interventi governativi rendevano impossibile portare avanti l’operazione.
Implicazioni politiche e reputazionali
Le vicende Cedacri e Unicredit–BPM sollevano interrogativi profondi sulla credibilità del governo italiano nella gestione dei poteri speciali.
1. Affidabilità verso investitori e settore finanziario
L’impressione che le norme possano essere applicate in modo discrezionale o politico crea un clima di incertezza.
In un Paese dove M&A, investimenti esteri e ristrutturazioni bancarie sono essenziali, l’incertezza regolatoria è un deterrente pesante.
2. Rapporti con l’Unione Europea
La procedura di infrazione è un segnale forte: Bruxelles teme che il Golden Power italiano sia diventato una barriera protezionistica mascherata.
Se la procedura dovesse concludersi con una condanna, l’Italia rischierebbe:
- •
una sanzione finanziaria;
- •
un obbligo di modifica della normativa;
- •
un danno reputazionale nella gestione del mercato unico.
3. Coerenza giuridica interna
Due organi giudiziari (TAR vs. Consiglio di Stato) hanno espresso visioni opposte.
Il risultato è un quadro normativo frammentato, che alimenta il rischio interpretativo e rende difficile per le aziende comprendere i limiti effettivi del Golden Power.
Conclusione: un Golden Power da riformare?
Le ultime settimane mostrano come lo strumento dei poteri speciali sia diventato un campo minato:
- •
Bruxelles accusa Roma di abusi;
- •
il Consiglio di Stato annulla decreti governativi;
- •
operazioni strategiche come Unicredit–BPM saltano;
- •
il sistema finanziario percepisce un aumento dell’incertezza normativa.
Il governo si trova ora davanti a un bivio:
continuare con un uso estensivo e difensivo del Golden Power, rischiando nuovi scontri con UE e mercato,
oppure riformare e chiarire i criteri applicativi, riportando lo strumento alla sua originale funzione: proteggere settori strategici senza ostacolare la libera iniziativa e l’attrattività del Paese.
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