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Asia-Pacific in frenata sulla vendita di Credit Suisse a Ubs

di FTA Online News pubblicato:
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Dopo una chiusura d'ottava in frenata per Wall Street (peggiore dei tre principali indici newyorkesi il Dow Jones Industrial Average, deprezzatosi dell'1,19% venerdì), la tendenza in negativo viene ampiamente confermata con l'inizio della nuova settimana sui mercati asiatici. La controversa vendita forzata di Credit Suisse a Ubs (per 3 miliardi di franchi), non sembra avere allontanato i timori degli investitori sulla portata della crisi del settore bancario partita dagli Usa con il crac di Silicon Valley Bank (Svb). Il tutto a pochi giorni dalla decisione della Federal Reserve (Fed) sui tassi d'interesse Usa. Le aspettative per il meeting del Federal Open Market Committee (Fomc) di 21-22 marzo secondo il FedWatch Tool di Cme Group sono spaccate tra il 53,9% per un rialzo di 25 punti base e il 46,1% per un costo del denaro invariato nel range del 4,50% -4,75% raggiunto a inizio febbraio con un aumento di 25 punti base. Intanto il governo del Giappone non vede un rischio di contagio per il sistema bancario del Paese. Lo ha dichiarato domenica il segretario capo di gabinetto Hirokazu Matsuno, principale portavoce dell'esecutivo nipponico. Il governo di Tokyo ha anche accolto con favore la decisione dei maggiori istituti centrali, Bank of Japan (BoJ) compresa, di rafforzare il flusso globale di liquidità espandendo una linea di swap esistente per garantire che i prestatori dispongano di denaro sufficiente per operare. Il clima negativo per la regione viene comunque confermato dalla flessione ampiamente superiore all'1% dell'indice Msci Asia-Pacific, Giappone escluso.

Sul fronte valutario il Bloomberg Dollar Spot Index, paniere che monitora la divisa americana nei confronti delle altre dieci principali monete, è in marginale rialzo a fronte di un deciso progresso di circa lo 0,50% per lo yen sul biglietto verde. A Tokyo il Nikkei 225 perde l'1,42% (fa poco peggio l'indice più ampio Topix, deprezzatosi dell'1,54%). Sul fronte macroeconomico, salari e obbligazioni guidano ancora il dibattito all'interno della BoJ in occasione del meeting di 9-10 marzo, com'era già successo in gennaio. Secondo quanto emerge dal Summary of Opinions relativo alla riunione, l'ultima per il governatore Haruhiko Kuroda (in aprile cederà il timone all'accademico Kazuo Ueda), si è discusso ancora molto della controversa decisione di dicembre di allargare da più o meno 0,25% a più o meno 0,50% la gamma delle fluttuazioni dei Japanese Government Bond (Jgb, i titoli di Stato di Tokyo) a 10 anni. "Sebbene l'allargamento degli spread per l'emissione di corporate bond si sia interrotto, gli effetti del deterioramento del funzionamento del mercato dei Jgb permangono e richiedono un attento monitoraggio", ha sottolineato un membro del board della BoJ. Per quanto riguarda i compensi, un membro ha dichiarato che sarà "necessario un esame non solo dei risultati delle trattative salariali di quest'anno ma anche della diffusione e della sostenibilità degli aumenti salariali successivi".

La People's Bank of China (PboC) ha lasciato invariato al 3,65% il loan prime rate annuale, dopo averlo abbassato di 5 punti base in agosto e prima ancora di 10 punti base nel gennaio 2022 e di 5 punti base nel dicembre 2021 (in precedenza lo aveva lasciato invariato per diciannove meeting consecutivi). Stabile anche sul 4,30% il loan prime rate a cinque anni. La decisione era ampiamente attesa dopo che settimana scorsa la PboC aveva mantenuto invariato al 2,75% il tasso sulla medium-term lending facility (Mlf) a un anno (dopo averlo abbassato di 10 punti base in agosto). Tutte in negativo le piazze cinesi. Shanghai Composite e Shanghai Shenzhen Csi 300 perdono infatti lo 0,48% e lo 0,50% rispettivamente, contro il declino dello 0,32% dello Shenzhen Composite. Molto male Hong Kong: a meno di un'ora dal termine delle contrattazioni l'Hang Seng crolla infatti di oltre il 3% (fa appena meglio l'Hang Seng China Enterprises Index, sottoindice di riferimento nell'ex colonia britannica per la Corporate China, con una flessione intorno al 2,70%). Contrazione dello 0,69% per il Kospi di Seoul, mentre a Sydney è stato dell'1,38% il calo dell'S&P/ASX 200 in chiusura.

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