Borse globali ai massimi: il 2025 chiude forte e prepara il terreno al 2026
pubblicato:Il nuovo anno non sarà lineare, ma la probabilità di nuovi massimi per le borse resta elevata almeno nella prima parte del 2026

Borse globali: un 2025 chiuso sui massimi che guarda con fiducia al 2026
Il 2025 si avvia alla conclusione lasciando sui grafici annuali un messaggio tecnico chiaro e potente: tutti i principali indici azionari chiudono l’anno in prossimità dei massimi, con tre candele annuali consecutive positive (close superiore all’open). Una configurazione che, nella storia dei mercati, ha spesso rappresentato la base per una prosecuzione del trend anche nell’anno successivo.
Nel dettaglio, le performance parlano da sole:
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Nasdaq Composite: +21,56% nel 2025, dopo il +28,64% del 2024
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S&P 500: +17,41% nel 2025, dopo il +23,30% del 2024
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Ftse Mib: +30% nel 2025, dopo il +12,64% del 2024
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Dax: +21,90% nel 2025, dopo il +19,24% del 2024
Quattro mercati diversi, quattro storie macro differenti, ma un denominatore comune: la forza del trend di lungo periodo.
Il segnale delle candele annuali
Dal punto di vista dell’analisi tecnica di lungo termine, una candela annuale ampia e direzionale come quelle osservate nel 2025 indica:
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pressione costante in acquisto lungo tutto l’anno;
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capacità del mercato di assorbire correzioni intermedie;
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chiusura sui massimi o poco sotto, segnale di fiducia degli investitori anche in ottica forward.
Statisticamente, è raro che una sequenza di candele annuali così impostate venga seguita da un’inversione immediata e profonda. Più spesso, l’anno successivo vede almeno:
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un nuovo massimo marginale,
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oppure una prima fase di prosecuzione rialzista prima di eventuali correzioni più significative.
Questo non significa che il 2026 sarà un anno “tutto in salita”: i mercati non si muovono mai in linea retta. Correzioni, fasi laterali e momenti di volatilità sono fisiologici. Ma l’orientamento di fondo resta costruttivo, soprattutto nella prima parte dell’anno.
Differenze geografiche, stessa direzione
Interessante notare come:
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il Nasdaq continui a essere il barometro del rischio e dell’innovazione, sostenuto da tecnologia e intelligenza artificiale;
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lo S&P 500 mostri una crescita più equilibrata, ma altrettanto solida;
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il Ftse Mib sorprenda per forza relativa, beneficiando di banche, difesa e infrastrutture;
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il Dax confermi la sua resilienza nonostante un contesto macro europeo più complesso.
Questa sincronizzazione dei mercati rafforza l’idea che il ciclo rialzista non sia un fenomeno isolato, ma un movimento ampio e strutturale.
Diverso equilibrio tra crescita e inflazione negli Usa e in Europa
Un elemento chiave che continua a differenziare Stati Uniti ed Europa è il diverso equilibrio tra crescita e inflazione, che si riflette direttamente nelle scelte delle banche centrali.
Negli Stati Uniti, il PIL cresce a ritmi ancora sostenuti: nel 2025 l’economia ha viaggiato intorno al +2,0 / +2,5%, con una dinamica decisamente superiore a quella europea. L’inflazione, pur in rallentamento rispetto ai picchi del 2022–2023, resta relativamente elevata: l’indice dei prezzi al consumo si colloca ancora nell’area del 3%, mentre la componente core fatica a scendere con continuità verso il target del 2%. Questo quadro spiega l’atteggiamento della Federal Reserve, orientata a un allentamento monetario molto graduale e subordinato alla conferma di un raffreddamento stabile dell’inflazione.
In Europa, la situazione è quasi speculare. La crescita del PIL dell’area euro nel 2025 è rimasta debole, intorno allo 0,5–1%, con alcuni Paesi prossimi alla stagnazione. L’inflazione, invece, si è raffreddata più rapidamente: l’indice complessivo è sceso in area 2–2,3%, avvicinandosi già al target della banca centrale. Questo consente alla BCE di assumere un atteggiamento relativamente più accomodante, con maggiore spazio per sostenere l’economia in un contesto di domanda interna fragile.
In sintesi, la Fed deve gestire un’economia ancora forte con un’inflazione non del tutto domata, mentre la BCE si muove in un contesto di bassa crescita e inflazione in rientro. Una divergenza strutturale che continua a influenzare mercati, cambi e flussi di capitale tra le due sponde dell’Atlantico.
Guardando al 2026
Il messaggio che arriva dai grafici annuali è chiaro:
👉 la probabilità che il 2026 veda almeno nuovi massimi è superiore a quella di un’inversione immediata del trend.
La prudenza resta d’obbligo, soprattutto dopo due anni consecutivi molto positivi. Ma, come spesso accade, le grandi inversioni non nascono su massimi forti e diffusi, bensì su divergenze, distribuzioni prolungate e candele di esaurimento che, al momento, sui grafici annuali semplicemente non si vedono.
In sintesi: il 2025 consegna ai mercati un’eredità solida. Il 2026 potrà essere più complesso, più selettivo e più volatile, ma il bias di fondo resta ancora orientato alla crescita, almeno finché i grandi indici continueranno a “pensare in grande”, proprio come mostrano le loro candele annuali.
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