Moody’s promuove l’Italia dopo 23 anni: segnali di fiducia, ma la crescita resta il tallone d’Achille

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
3 min

Nonostante la promozione, l’economia italiana rallenta: Pil allo 0,4% nel 2024, meno della media UE, con un recupero modesto nei prossimi anni. Debito stabile su livelli elevati e occupazione in lieve rallentamento confermano un quadro di luci e ombre

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Moody’s promuove l’Italia dopo 23 anni: perché è importante, cosa funziona e cosa invece continua a pesare sulla crescita

L’Italia incassa un upgrade storico: Moody’s ha alzato il rating del debito pubblico da Baa3 a Baa2, con outlook stabile. Non accadeva dal 2002, quando l’Italia aveva un debito più leggero di oltre 30 punti percentuali di Pil e si trovava in un contesto macroeconomico molto diverso.

L’agenzia americana, tradizionalmente prudente, rompe anche la propria regola tacita di attendere almeno un anno tra un upgrade e l’altro: a maggio aveva già migliorato l’outlook a “positivo”.

La decisione nasce soprattutto dalla disciplina di bilancio mostrata dall’attuale Governo, e in particolare dal ritorno dell’avanzo primario e dal contenimento del deficit sotto il 3% del Pil già nel 2024.

La correzione dei conti, favorita anche dalla chiusura di misure molto costose come il Superbonus, ha convinto Moody’s che la traiettoria del debito – pur ancora elevatissima – può rientrare gradualmente a partire dal 2027.

Un cambio di percezione internazionale

Con questo upgrade, Moody’s allinea finalmente l’Italia alle valutazioni delle altre grandi agenzie, cancellando quel ruolo di “sorvegliato speciale” che per anni ha pesato su BTp e spread.

Il 2024 si chiude così con sette promozioni al rating sovrano: un anno record, che testimonia un netto miglioramento nella percezione internazionale della sostenibilità dei conti pubblici.

Il ministro Giorgetti ha commentato parlando di “ritrovata fiducia nel governo e nel Paese”, sottolineando come il percorso di disciplina fiscale sia stato determinante, anche a costo di negoziati complessi all’interno della maggioranza sulla manovra.

La nota dolente: crescita debole, molto debole

Sul fronte macroeconomico, però, il quadro resta fragile. Le nuove previsioni europee indicano per l’Italia un Pil in crescita solo dello 0,4% nel 2025, peggio di Germania, Francia e soprattutto Spagna. Senza i fondi del PNRR, l’Italia rischierebbe addirittura una fase recessiva.

La crescita rimane modesta anche negli anni successivi:

  • +0,8% nel 2026,

  • +0,8% nel 2027,
    rendendo l’Italia uno dei Paesi europei meno dinamici, nonostante la generale ripresa dell’Eurozona.

La Commissione segnala anche il rallentamento del mercato del lavoro e una crescita dell’occupazione destinata a indebolirsi.

Nonostante questo, la disoccupazione al 6,2% resta uno dei dati migliori degli ultimi anni.

Deficit in rientro, debito altissimo e in lieve calo solo dal 2027

Sul piano dei conti pubblici, la traiettoria appare positiva:

  • il deficit scende al 2,98% nel 2024,

  • al 2,8% nel 2026

  • e al 2,6% nel 2027.

Questi numeri consentirebbero all’Italia di uscire dalla procedura per deficit eccessivo.

Il debito pubblico invece rimane molto elevato:

  • 136,4% del Pil nel 2024,

  • 137,9% nel 2025,
    per poi scendere leggermente nel 2027.

La vera sfida sarà sostenere una crescita più robusta, perché con un Pil stagnante il rientro del debito diventa molto più complesso.

Inflazione sotto controllo, ma contesto incerto

L’inflazione resta su livelli contenuti e vista al 2,1% nel 2025. Ma la Commissione sottolinea un contesto internazionale difficile, con rischio dazi, nuove tensioni commerciali e una ripresa globale ancora fragile.


Sintesi finale

L’upgrade di Moody’s rappresenta un importante riconoscimento della solidità della politica di bilancio italiana.

Tuttavia, la crescita economica rimane il vero tallone d’Achille: senza un’accelerazione significativa degli investimenti privati, della produttività e dell’efficacia del PNRR, l’Italia rischia di rimanere fanalino di coda dell’Eurozona, nonostante i progressi sui conti pubblici.

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