Mercati in tensione: tra paura di bolle, volatilità e vendite forzate
pubblicato:Cripto in caduta, tech sotto pressione e effetto contagio sugli asset rischiosi

Mercati in tensione: tra paura di bolle, rallentamento economico e prese di profitto
La settimana appena trascorsa ha mostrato con chiarezza un cambiamento di regime nei mercati globali.
Lo S&P 500 ha perso quasi il 2%, portando la performance di novembre a -3,5%, mentre il Nasdaq è sceso di oltre il 6%, segnando il peggior drawdown di tre settimane dall’episodio tariffario di aprile.
Il sentiment si è rapidamente deteriorato, con oscillazioni intraday tra le più violente degli ultimi mesi.
Un catalizzatore mancato: Nvidia non basta più
Mercoledì molti operatori scommettevano che la trimestrale di Nvidia potesse innescare un rally di sollievo. È successo l’opposto: dopo un'apertura brillante, nel giro di due ore lo S&P 500 è precipitato di oltre due punti percentuali senza un trigger evidente. L'incertezza sul perché del sell-off ha aggravato la reazione.
Il paradosso è che Nvidia continua a macinare numeri record, ma il mercato teme che:
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la spesa in AI rischi di non trasformarsi in utili sostenibili,
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le valutazioni scontino già troppa perfezione,
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il sentiment stia cambiando prima dei fondamentali.
Il parallelismo con il linguaggio da-bolla ha ricordato ad alcuni operatori i toni del 2000, quando Cisco proclamava “la seconda rivoluzione industriale”… poco prima del crollo.
Gli ETF tematici confermano il nervosismo:
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Global X AI & Technology ETF: -10% a novembre
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ETF “Magnificent Seven”: -6,6%
Le big tech e le crypto, un accoppiamento pericoloso
Nel sell-off si sono mossi insieme:
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titoli growth e high-momentum
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crypto e società esposte ai token
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aziende del fintech retail come Robinhood (-25% a novembre), Coinbase (-30%) e Palantir (-23%)
Bitcoin è sceso sotto gli 85.000$, -33% dal top, con oltre 2 miliardi di dollari di posizioni leva liquidate in 24 ore.
Le cosiddette crypto-treasury companies — che raccolgono capitali in borsa per accumulare Bitcoin — stanno crollando: il caso più evidente è quello di MicroStrategy, in caduta del 37% nel mese.
Questa dinamica crea un loop pericoloso:
liquidazioni sulle crypto → margin call → vendita forzata di titoli tech → ulteriore pressione sul mercato.
Il collegamento è stato confermato anche da Bill Ackman, fondatore e amministratore delegato di Pershing Square Capital Management, che ha ammesso di aver “sottovalutato” l'impatto delle liquidazioni crypto sui titoli Fannie Mae e Freddie Mac.
Il ruolo della leva: quando il mercato è troppo carico
La leva finanziaria è ai massimi da decenni:
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Debiti di margine nei conti di brokeraggio: oltre 1,1 trilioni di dollari (record storico)
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Asset in ETF leveraged: oltre 140 miliardi, massimo dagli anni ’90
In un mercato così “tirato”, basta poco per innescare:
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prese di profitto generalizzate (tipiche di fine anno),
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vendite forzate per chiudere posizioni in perdita,
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rischi di volatilità amplificata quando la liquidità si assottiglia.
Molti fondi cercano ora di salvaguardare i bonus di fine anno, contribuendo alla propensione a vendere sui segnali di debolezza.
Analisi grafica del Nasdaq Composite: primi segnali di indebolimento ciclico
Il Nasdaq Composite sta attraversando una fase correttiva dopo il massimo toccato a fine ottobre, una dinamica che appare coerente con il contesto di crescente avversione al rischio e di prese di profitto sulle grandi tech.
La discesa delle ultime settimane ha riportato l’indice verso un’area tecnica cruciale: quella del ritracciamento di Fibonacci del 23,6%, che corrisponde grosso modo ai livelli di metà settembre e rappresenta il primo vero supporto naturale all’interno del trend rialzista avviato in primavera.
Nonostante la flessione sia stata significativa, la struttura di fondo resta ancora costruttiva: osservando il ritmo del movimento, il Nasdaq si mantiene sopra la media mobile esponenziale a 20 settimane, indicatore che sintetizza bene la direzionalità di medio periodo.
La tenuta di quest’area sarà determinante nelle prossime sedute: un rimbalzo da questi livelli confermerebbe che la correzione è per ora fisiologica, mentre una rottura netta aprirebbe spazio a un’estensione del ribasso verso il ritracciamento successivo, quello del 38,2%, posto più in basso, a 20500, e associato a un cambio di passo più profondo.
La volatilità crescente e l’aumento degli swing ribassisti mostrano tuttavia che il mercato sta diventando più sensibile alle notizie macro, in particolare alle aspettative sui tassi e alle tensioni sui segmenti più speculativi del mercato.
L’indice resta comunque distante da segnali strutturali di inversione: il trend di fondo rimane positivo, ma la correzione in corso merita attenzione, perché rappresenta un test importante della forza del movimento rialzista partito a marzo.
In sintesi, il Nasdaq si trova in un punto di equilibrio delicato: supporti ancora intatti, momentum in indebolimento, trend di fondo rialzista ma soggetto alle pressioni macro e alle valutazioni elevate del comparto tech. Le prossime settimane saranno decisive per capire se l’attuale fase è solo una pausa del trend o l’inizio di un aggiustamento più profondo.
Il fattore macro: rallentamento o semplice normalizzazione?
La narrativa macroeconomica resta ambigua:
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L’economia USA mostra segnali misti, con timori di rallentamento.
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La pressione sulla Fed aumenta: molti investitori temono che i tagli dei tassi previsti per dicembre possano non arrivare.
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I rischi sul credito privato stanno crescendo, soprattutto nelle aziende che devono rifinanziare debiti contratti a 2-3% e oggi si trovano a fronteggiare tassi dell’8-10%.
Il caso First Brands (con oltre 11 miliardi di debito) è solo la punta dell’iceberg di un settore privato ultra-leveraged.
Conclusione: un mercato che cambia pelle
Il mix attuale è una miscela esplosiva:
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entusiasmo tecnologico che si scontra con la realtà dei costi
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leva finanziaria elevatissima
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correlazione crescente tra tech e crypto
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fuga dalle posizioni più affollate
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prime crepe nel credito privato
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timori di recessione soft negli USA
Il tutto in un contesto dove gli investitori hanno ancora grandi profitti in portafoglio e non vogliono rischiare di perderli a dicembre.
Il mercato non sta crollando, ma sta chiaramente “scaricando” e cercando un nuovo equilibrio.
La volatilità è destinata a restare elevata e i movimenti improvvisi — come quelli visti questa settimana — potrebbero diventare la norma per un po’.
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