S&P 500: rimbalzo iniziale, ma il mercato si ferma davanti alla resistenza chiave
pubblicato:Tra attese di tagli Fed, valutazioni elevate e prese di beneficio, il mercato resta in equilibrio fragile senza una rottura tecnica decisiva

Mercati prudenti tra lavoro, consumi e politica monetaria: perché questi dati contano davvero per la Fed
I mercati finanziari affrontano la settimana con un atteggiamento di cauta attesa, mentre gli investitori cercano di interpretare i segnali provenienti dal mercato del lavoro e dai consumi statunitensi, due pilastri fondamentali per le prossime scelte di politica monetaria della Federal Reserve.
Il rapporto sull’occupazione di novembre ha fornito indicazioni contrastant
Il rapporto sull’occupazione di novembre ha fornito indicazioni contrastanti. Da un lato, la crescita delle buste paga non agricole è risultata superiore alle attese, con 64.000 nuovi posti di lavoro contro i 50.000 previsti dal consenso. Un dato che, preso isolatamente, suggerirebbe una tenuta del mercato del lavoro.
Dall’altro lato, però, il tasso di disoccupazione è salito al 4,6%, superando le stime e toccando il livello più alto dal 2021. A rendere il quadro più fragile contribuisce anche la revisione dei dati precedenti, che ha confermato una perdita netta di 105.000 posti in ottobre.
Mercato del lavoro in progressivo raffreddamento
Questa combinazione – occupazione ancora in crescita ma disoccupazione in aumento – rafforza l’idea di un mercato del lavoro in progressivo raffreddamento, un elemento chiave per la Fed. Il mandato della banca centrale non riguarda solo la stabilità dei prezzi, ma anche la massima occupazione: segnali di indebolimento del lavoro aumentano quindi la pressione per una politica monetaria meno restrittiva, soprattutto se l’inflazione continuerà a mostrare segnali di normalizzazione.
Non a caso, nonostante il dato headline sulle buste paga abbia superato le attese, i mercati azionari statunitensi si sono mossi in territorio negativo nella fase di pre-apertura. Gli operatori sembrano guardare oltre il numero mensile, concentrandosi sul trend di fondo: crescita occupazionale più debole, aumento graduale della disoccupazione e salari sotto osservazione.
La Fed taglierà ancora nel 2026, il mercato ci crede
È su questa base che i trader continuano a scontare almeno due tagli dei tassi nel 2026, più di quanto indicato dalle proiezioni mediane della Fed, che per ora ne prevede solo uno.
Sul fronte obbligazionario, la relativa stabilità dei rendimenti – con il Treasury decennale intorno al 4,17% e il biennale al 3,49% – riflette proprio questo equilibrio instabile tra dati ancora solidi e segnali di rallentamento.
Come sottolineato da alcuni strategist, il report di novembre difficilmente sarà decisivo per la Fed: il vero spartiacque potrebbe essere il dato di dicembre, atteso a gennaio, quando il quadro sarà più pulito e meno distorto da revisioni e anomalie statistiche.
Le vendite al dettaglio di ottobre sono rimaste inaspettatamente piatte
Ancora più rilevante, in ottica di politica monetaria, è il tema dei consumi. Le vendite al dettaglio di ottobre sono rimaste inaspettatamente piatte, contro attese di una lieve crescita. Il dato, già di per sé significativo, assume un peso maggiore perché arriva dopo una revisione al ribasso delle vendite di settembre ed è stato pubblicato con ritardo a causa dello shutdown del governo, rendendo la lettura più complessa ma non meno importante.
Per la Fed, i consumi rappresentano il principale motore dell’economia americana. Una loro decelerazione segnala che l’effetto combinato di inflazione ancora elevata, tassi alti e aumento del costo della vita sta iniziando a comprimere la domanda. I rincari su beni essenziali, sanità, abitazione e prodotti importati colpiti dai dazi stanno pesando soprattutto sulle famiglie a basso e medio reddito, accentuando una dinamica di crescita diseguale.
L’economia è sempre più a forma di “K”
I dati del Bank of America Institute confermano infatti un’economia sempre più a forma di “K”: i consumi discrezionali restano sostenuti dalle famiglie con redditi elevati, che continuano a spendere in viaggi, intrattenimento e beni non essenziali, mentre le fasce più deboli riducono drasticamente spese come abbigliamento e turismo.
Questa divergenza è cruciale per la Fed, perché una crescita trainata solo da una parte della popolazione è meno sostenibile nel medio periodo.
Allo stesso tempo, il dato sulle vendite al dettaglio core (al netto di auto, benzina, materiali da costruzione e ristorazione) mostra un aumento dello 0,8%, suggerendo che la spesa sottostante resta ancora resiliente e continua a sostenere il PIL.
Non a caso, le stime preliminari indicano una crescita economica robusta nel terzo trimestre, con il PIL annualizzato oltre il 3,5%.
Ed è proprio qui che si gioca l’equilibrio della Fed:
- •
un mercato del lavoro che rallenta, ma senza crollare;
- •
consumi che tengono, ma mostrano crepe crescenti;
- •
inflazione in discesa, ma non ancora pienamente sotto controllo.
In questo contesto, la banca centrale può permettersi di attendere, ma non di ignorare i segnali. Se il raffreddamento del lavoro dovesse intensificarsi e la spesa dei consumatori perdere slancio in modo più evidente, lo spazio per ulteriori tagli dei tassi nel 2026 diventerebbe sempre più concreto.
Al contrario, una tenuta dei consumi e dei salari potrebbe indurre la Fed a muoversi con maggiore cautela.
In sintesi, i dati su occupazione e consumi non sono solo statistiche mensili: rappresentano il termometro della sostenibilità della crescita e il vero ago della bilancia per la politica monetaria americana nei prossimi trimestri.
La prima reazione del mercato: SP500 fermato dalla resistenza
La prima reazione del mercato è stata coerente con la lettura “non drammatica” dei dati macro: sull’orario dell’S&P 500 si è visto un tentativo iniziale di allungo, segnale che una parte degli operatori ha interpretato il mix di occupazione in rallentamento e consumi meno brillanti come compatibile con una Fed più accomodante nel medio periodo. Tuttavia, l’impulso si è rapidamente esaurito quando l’indice è arrivato a ridosso della fascia di resistenza in area 6835/6840.
Quel livello non è casuale. Si tratta di una zona tecnica densa, dove convergono precedenti massimi di breve periodo e riferimenti di ritracciamento, oltre a rappresentare un’area in cui l’offerta tende a riaffacciarsi dopo i recenti eccessi del rally. Il mancato superamento ha segnalato che, almeno per ora, manca la forza necessaria per una prosecuzione immediata del movimento rialzista.
Il rifiuto in area 6835/40 ha quindi trasformato la reazione positiva in una fase più interlocutoria: l’indice ha iniziato a ripiegare, confermando come il mercato resti in equilibrio instabile tra due forze contrapposte. Da un lato c’è la speranza che il raffreddamento del mercato del lavoro apra la strada a ulteriori tagli dei tassi nel 2026; dall’altro persistono dubbi sulle valutazioni, soprattutto nel comparto tecnologico, e sulla tenuta della crescita reale.
In questo contesto, il segnale tecnico è chiaro: senza una rottura convinta di 6835/6840, il rialzo resta vulnerabile a prese di beneficio e a fasi di consolidamento più profonde. Al contrario, solo un superamento netto di quella resistenza ridarebbe credibilità a un’estensione del movimento verso i massimi. Fino ad allora, prevale una logica di cautela, con il mercato che “ascolta” i dati macro ma non è ancora disposto a scommettere su una nuova gamba rialzista.
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