Autostrade dividendi in arrivo, ma il dossier resta caldo

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Ricche cedole e molti rumors per il gigante delle nostre strade. CDP vorrebbe meno dividendi e più investimenti, ma sembrano vincere i fondi (ancora i privati) anche se poi litigano tra loro. Intanto il debito pesa e forse ci vorrebbe un giro di vite

Autostrade dividendi in arrivo, ma il dossier resta caldo

Autostrade per l’Italia conferma una ricca politica dei dividendi per i suoi azionisti e quindi in primis per la Cassa Depositi e Prestiti che fa indirettamente riferimento al Ministero dell’Economia e quindi alla variegata schiera di partner che compaiono nel libro soci della maggiore società autostradale d’Italia.

Si tratta di svariate centinaia di milioni di euro. Infatti la società ha ribadito il pay out ratio, ossia la percentuale di utile che andrà in dividendi al 75% Non proprio bruscolini.

Se infatti sappiamo già che i primi 9 mesi hanno visto un utile in calo da 927 a 807 milioni di euro e annualizziamo i 9 mesi all’anno otteniamo un monte dividendi sull’attesa oltre un miliardo di utili di circa 807 milioni per gli azionisti. Ovviamente delle risorse complessivamente destinate da questo esercizio 2023 si saprà dopo.

Ma già oggi sappiamo che la prima tranche in pagamento proprio questo 14 dicembre 2023 sarà di 0,698 euro ad azione, ossia di 434,2 milioni di euro. Certamente non poco per i nuovi soci del gruppo.

Autostrade, chi sono oggi i soci che incassano i dividendi

Come noto dopo le vicende del ponte Morandi e le parecchie traversie legali non del tutto concluse (anzi), l’assetto azionario del gruppo Autostrade è cambiato totalmente. Infatti il 5 maggio 2022 la partecipazione in Autostrade per l’Italia (ASPI) controllata dai Benetton tramite Edizione è stata ceduta al consorzio formato da CDP Equity, Blackstone Infrastructure Partners e Macquarie European Infrastructure Fund 6 SCSp.

Un’operazione di ben 8,199 miliardi di euro per l’88,06% di ASPI che passava quindi sotto il controllo di Holding Reti Autostradali Spa (HRA), la holding controllata Al 51% da CDP Equity, al 24,5% da Blackstone e al 24,5% da Macquarie. Quindi indirettamente CDP controlla Autostrade per l’Italia d’allora. Ma chi altro c’è tra i soci.

C’è innanzitutto il nucleo di azionisti sopravvissuti al disastro Morandi, ossia Appia Investments, il veicolo di investimento fondato nel 2017 e controllato dalla compagnia tedesca Allianz al 60%, dal fondo indipendente DIF al 20% e dalla francese EDF Invest al 20%. Appia Investment ha il 6,94% di Autostrade ed è oggi il secondo socio quindi dopo la holding HRA.

Ma nella compagine azionaria di Autostrade per l’Italia c’è anche Silk Road Foundation, il fondo di investimento strategico cinese della Via della Seta che ha il 5% della società e una potenza di fuoco da circa 40 miliardi di dollari.

Autostrade per l'Italia, ridda di rumors

Fra tutti questi soci e investitori nelle infrastrutture italiane però il più discusso (su questo dossier) è Blackstone. Perché da un lato ha aiutato la Cassa Depositi e Prestiti a ricomprarsi Autostrade per l’Italia dai Benetton e dall’altro ha aiutato poi i Benetton a delistare la holding Atlantia dopo che questa aveva ceduto ASPI. Insomma dalle due parti della barricata. Già al delisting di Atlantia il veicolo dei Benetton vedeva la famiglia veneta al 65% e i veicoli di Blackstone al 35%.

Non è che Atlantia fosse vuota, per carità, la sua fotografica oggi che ha cambiato nome in Mundys rivela un ricco mazzo di partecipazioni: Aeroporti di Roma (ossia la concessione degli scali aerei più importanti d’Italia), il 51% di Telepass, il 50% di Abertis che è un colosso autostradale importantissimo in Spagna e in Sudamerica. Un colosso industriale di tutto rispetto insomma con 43 concessioni autostradali per oltre 8,600 chilometri, 5 aeroporti in gestione, servizi accessori di peso (non solo Telepass ma anche Yunex nel mondo). In soldoni ricavi da 6,5 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2023 (+21%), ebitda da 3,8 mld (+15%), Capex da 1 miliardo (+25%)  e anche debito da 28,191 miliardi. Abertis il cuore dei ricavi con 2,93 miliardi di euro nei nove mesi di cui 1 miliardo in Francia.

Beh in questo universo industriale Blackstone controlla il 37,8% una quota importante che inevitabilmente molti associano nel portafoglio del gruppo alle sue partecipazioni in Autostrade per l’Italia.

Date le contiguità di business possibile che Blackstone non abbia piani a cavallo tra le due? Possibile che la radicale separazione possa maturare nuovi riassetti e forse anche un ritorno dei Benetton a quelle Autostrade su cui era basato il loro impero finanziario?

I rumors non mancano, ma va anche ricordato che il Processo Morandi è ancora in corso e mette alla sbarra 58 imputati chiamati a rispondere di eventuali responsabilità nella morte di ben 43 persone. La stampa locale e non solo, non ha mai perso troppo l’attenzione sul caso anche se sono ormai passati troppi anni da quel 14 agosto 2018 e ancora il verdetto non si vede. Hanno da poco rinunciato 100 testimoni sugli oltre 300 previsti e questo potrebbe accelerare il processo, forse nel 2025 la prima sentenza. Lo “spauracchio della prescrizione” sembra in parte allontanato, di certo la mina politica del caso sconsiglia colpi di spugna anche sulle nuove società del dopo tragedia.

Eppure del riassetto di Autostrade per l'Italia si parla. C’è anche chi ha ipotizzato che Macquarie possa uscire dall’azionariato di Autostrade per l’Italia su “spinta” della stessa Blackstone e di JP Morgan Italia, magari facendo entrare il gruppo Gavio e la sua ASTM che è anche un protagonista del settore partecipato dai francesi di Ardian al 49%. Considerato il ruolo di peso di Gavio nel settore autostradale italiano e le difficoltà del Bel Paese sui termini di rinnovo delle concessioni, sarebbe stata probabile in tal caso una preventiva chiaccherata con Bruxelles.

Ma gli stessi Blackstone e Macquaire avrebbero smentito queste indiscrezioni che pure avevano un fondamento di peso in un progetto elaborato da JP Morgan.

Questo succedeva a metà novembre, ma già a ottobre secondo indiscrezioni di Bloomberg il costruttore Matterino Dogliani, con la holding Fininc avrebbe studiato insieme a un fondo internazionale un’offerta da 8 miliardi (20 con il debito), che valutava quindi tutto il gruppo 9 miliardi.

Di certo l’attenzione per Autostrade negli anni, fra gli operatori finanziari resta altissima.

Si dice anche che al MEF studino mettano anche il dossier di ASPI tra le possibili privatizzazioni da 20 miliardi di cui il governo ha bisogno per rinsaldare i conti pubblici.

Un passaggio dal casello nella riconta delle partecipate pubbliche era inevitabile, ma non è implausibile, anche se la pressione dei fondi mette perennemente all’attenzione la governance.

Infatti è noto che CDP avrebbe chiesto quest’anno una riduzione dei dividendi per favorire gli investimenti nella rete autostradale che servono al Paese. Alla fine anche se Autostrade è diventata, a caro prezzo, pubblica, hanno vinto di nuovo i soci privati e lo statuto è rimasto tale e quale così come la quota dei dividendi distribuiti, confermata al 75%

Nel frattempo è da segnalare anche la vendita da parte di Autostrade del rimanente 20% della Spea, la società di ingegneria che ora è totalmente controllata da Mundys. Strada inversa per 500 dipendenti che invece passano da Spea ad Autostrade che si rafforza dunque nelle competenze ingegneristiche in cui opera con la società Tecne. Un segnale importante nella direzione dei lavori in-house del gruppo ASPI.

Indiscrezioni, progetti e rumors non nascono però mai dal nulla e tra miliardi di cassa dai pedaggi e miliardi di investimenti oltre a una compagine di fondi internazionali e investimenti in arrivo, non può stupire che qualche pressione anche sulla compagine azionaria arrivi. Per questo è utile guardare i numeri. 

Autostrade per l’Italia, i numeri di oggi

I primi nove mesi del 2023 di Autostrade per l’Italia mostrano ricavi in crescita da 3,152 a 3,309 miliardi di euro (+5%). I costi operativi sono cresciuti di meno, +2% a € 1,288 mld. Così l’ebitda ha mostrato un bel +7% a 2,02 miliardi di euro circa. Il problema però è il debito. L’indebitamento finanziario netto di Autostrade per l’Italia è di 8,628 miliardi di euro, a fronte di un patrimonio netto di 3,34 miliardi di euro. Gli oneri finanziari netti sono cresciuti del 41% a 307 milioni di euro nei nove mesi. Così alla fine l’utile della capogruppo invece di crescere cala, del 13%, da 927 a 807 milioni di euro.

Certo ci sono investimenti da 1,3 miliardi di euro per manutenzione e ammodernamento, c’è l’assunzione di 700 persone, una rete nuova di 100 stazioni di ricarica. In termini di rendiconto economico gli investimenti operativi sono balzati da 649 milioni a oltre un miliardo di euro nei nove mesi. Gli altri 312 milioni (in crescita) sono i costi di manutenzione. Autostrade sembra funzionare, anche se gli oneri crescono e il debito va gestito.

Ma gli investitori vogliono garanzie sul dividendo e per ora sembrano averle ottenute. Né la compagine azionaria sembra salda, anzi i rumors continui di ingressi e uscite, la indeboliscono. Forse un’IPO, una soluzione di mercato che lasciasse al governo il controllo di fatto potrebbe essere l’evoluzione più trasparente della nuova Autostrade, forse se si vuole puntare sugli investimenti, quindi su minore redditività di breve a vantaggio delle prospettive del Paese è meglio non rivolgersi al mercato che sulle cedole ha esigenze da privato.

Di certo il nuovo equilibrio di Autostrade – che pure in questa fase funziona molto bene – potrebbe avere bisogno di una maggiore trasparenza strategica. A vantaggio di tutti.