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Juventus: finisce l’era di Andrea Agnelli, quali sono ora i rischi

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
7 min

Rilievi della Procura di Torino, della Consob e del revisore. Il consiglio di amministrazione rivede il bilancio e si dimette per accelerare il cambiamento e ridurre i danni. Fra plusvalenze e “manovre stipendi” diverse contestazioni. Ecco cosa potrebbe succedere adesso

Juventus: finisce l’era di Andrea Agnelli, quali sono ora i rischi

Colpo di spugna. L'azzeramento del vertice della Juventus e la fine dell’epoca di Andrea Agnelli cercano salvare il salvabile, di voltare pagine. Ma ci sono le contestazioni della Procura di Torino, i rilievi della Consob e dei revisori di Deloitte & Touche che rischiano di avere gravi conseguenze economiche e penali, potrebbe anche riaprirsi il tribunale della giustizia sportiva con danni per la squadra.

Le accuse della Procura della Repubblica di Torino al termine delle indagini preliminari lo scorso 24 ottobre indicano falso nelle comunicazioni sociali, false comunicazioni rivolte al mercato, ostacolo all’esercizio delle autorità di pubblica vigilanza (in particolare la Consob) e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Sotto accusa gli ultimi 3 bilanci (quelli chiusi a fine giugno 2019, 2020 e 2021), le operazioni di “scambio” dei diritti dei calciatori, gli accordi di riduzione e integrazione dei salari dei tesserati.

Accuse pesanti, anche se è saltata la richiesta di misure cautelari (i domiciliari) per l’ex presidente della società Andrea Agnelli. Adesso bisognerà vedere se le misure prese in extremis dal management e dalla proprietà scongiureranno gli effetti legali, penali e sportivi del caso. Ma per capire occorre fare un passo indietro.

Juventus, come si arriva a tutto questo

Il bilancio annuale del giugno 2022 di Juventus Footbal Club Spa si è chiuso con perdite da 254,3 milioni di euro, un peggioramento persino rispetto al rosso da 209,9 milioni di euro di un anno prima, ma il comunicato di ieri sera conferma la decisione di rettificare anche questi dati per “un approccio maggiormente prudenziale”, che poi è imposto dalle contestazioni.

Per i nuovi numeri al giugno 2022 bisognerà aspettare un altro po’, ma in pratica si è intervenuto sul trattamento contabile delle due manovre stipendi del luglio/agosto 2020 e del settembre 2021, con effetti a cascata anche sui numeri successivi.

La società parla di effetti sostanzialmente nulli su flussi di cassa e debito netto degli esercizi interessati, ma le incertezze sono tali che il titolo perde in queste ore il 2,72% e la capitalizzazione si comprime a 706 milioni di euro. In pratica si è tornati sui livelli dell’estate 2016.

Se i dati patrimoniali non fossero stati davvero intaccati dalle rettifiche, il gruppo manterrebbe un debito in calo da 236,2 a 153 milioni di euro grazie soprattutto all’aumento di capitale da 393,8 milioni di euro completato a fine a 2021. Juventus sarebbe patrimonialmente solida perché il debito sarebbe inferiore al patrimonio netto di 169,4 milioni di euro.

Ci sarebbero poi linee di credito inutilizzate per quasi 427 milioni, ma il condizionale sulle condizioni della società è d’obbligo perché la morsa di Consob e Procura sui bilanci è inesorabile e non è detto che il colpo di spugna nel consiglio di amministrazione basti a scongiurare guai peggiori.

Juventus, come si è arrivati all’azzeramento del board

Ieri sera a mercato chiuso l’annuncio. Cambieranno tutti i vertici, il cda si dimette per accelerare la transizione, se ne vanno il presidente Andrea Agnelli e il vicepresidente Pavel Nedved. L’amministratore delegato Maurizio Arrivabene mantiene l’incarico per la transizione in vista della prossima assemblea degli azionisti convocata per il 18 gennaio 2023 (dopo due slittamenti dal 23 novembre al 27 dicembre e ora oltre la metà del prossimo gennaio).

Arriva il nuovo direttore generale Maurizio Scanavino, attuale amministratore delegato e direttore generale di GEDI (l’editore de la Repubblica). È il paracadute di casa Agnelli, la Giovanni Agnelli BV controlla tramite la holding Exor BV il 77,87% di Juventus.

La stessa Exor guidata dal CEO John Elkann (nel cda c’è anche Andrea Agnelli) con una nota a parte ha già anticipato che proporrà per l’incontro dei soci il nome di Gianluca Ferrero per la futura presidenza di Juventus. Ferrero è un revisore, un contabile, un consulente del Tribunale di Torino di fama, con rapporti di fiducia con John Elkann e Allegra Agnelli (la madre di Andrea). È da anni presidente del collegio di sindacale di Fincantieri ed è vicepresidente della Banca del Piemonte (tra i vari altri incarichi): insomma una figura di fiducia e di garanzia.

Con lui finisce l’era di Andrea Agnelli cominciata nel maggio del 2010. In una lettera ai dipendenti che chiede compattezza e lucidità per contenere i danni, il manager riepiloga la propria gestione: “lo Stadium, nove scudetti maschili consecutivi, i primi in Italia ad aver una serie Netflix e Amazon Prime, il J|Medical, cinque scudetti femminili consecutivi a partire dal giorno zero.

E ancora, il deal con Volkswagen (pochi lo sanno), le finali di Berlino e Cardiff (i nostri grandi rimpianti), l’accordo con Adidas, la Coppa Italia Next Gen, la prima società a rappresentare i club in seno al Comitato Esecutivo Uefa, il J|Museum e tanto altro”. Un’epoca di vittorie, insomma, ma anche una lettera che scrive (o cerca di scrivere) un epilogo.

Dal comunicato della Juventus di ieri si apprende però anche dell’altro. La dottoressa Daniela Marilungo, che ricopriva l’incarico di consigliera non esecutiva e indipendente, oltreché di membro del comitato controllo e rischi e del comitato ESG, si è dimessa “sostenendo l’impossibilità di esercitare il proprio mandato con la dovuta serenità e indipendenza anche, ma non solo, per il fatto di ritenere di non essere stata messa nella posizione di poter pienamente ‘agire informata’ a fronte di temi di sicura complessità”.

Il cda l’ha ringraziata, ma non ha condiviso. I maligni ritengono che queste dimissioni possano avere contribuito a innescare la crisi definitiva della governance del gruppo.

Cosa rischia la Juventus

L’indagine Prisma però incombe ancora. Perimetrare i rischi di Juventus, le contestazioni, le accuse, non è semplice. Tra i magistrati al lavoro sul caso spunta il nome di Marco Gianolio, che già nel 2006 aveva ipotizzato il falso in bilancio, la procura si è avvalsa di nuovo anche dell’aiuto del commercialista Enrico Stasi. Sostanzialmente l’attenzione principale è su due questioni: le plusvalenze e le “manovre stipendi”.

Juventus, la questione plusvalenze

Si contestano alla Juventus (ma il caso sarà deciso in Tribunale) operazioni poco chiare in bilancio: fra il 2018 e il 2019 il gruppo aveva registrato plusvalenze per ben 127 milioni di euro e l’anno successivo da 167 milioni di euro. Laute plusvalenze crollate a 31 milioni di euro con la pandemia.

Le risorse erano andate in operazioni sui calciatori, dallo scambio alla pari Caldara-Bonucci (con plusvalenza di 22 milioni su Caldara valutato 35 milioni di euro), a quello Spinazzola-Pellegrini (26 milioni di euro di plusvalenza di Spinazzola dopo la sua valutazione da 29 milioni), quindi la cessione di Audero (19 milioni di plusvalenza) e di Sturaro (14 milioni di plusvalenza).

Sembra che rivedendo tutte le operazioni la Procura, che ha effettuato perquisizioni e vaglio dei documenti, abbia stimato che il bilancio al giugno 2019 avrebbe dovuto chiudersi con una perdita di 85 milioni di euro, invece che con una di 39 milioni. La Procura, che ha rivisitato le plusvalenze generate dalle operazioni incrociate, è giunta alla conclusione che il bilancio 2018-19 avrebbe dovuto chiudersi con un rosso di 85 milioni anziché 39, quello al 2020 con un rosso da 236 mln (vs. -89 mln), quello del 2021 con uno da 222 mln (vs. -209 milioni di euro). In altre parole nei tre esercizi mancherebbero all’appello perdite per 205 milioni di euro. E non sono ancora conteggiati gli effetti del bilancio al giugno 2022 appena rettificato. 

Juventus, la questione stipendi

C’è poi la questione degli stipendi. Si era nel pieno della pandemia, era il 28 marzo 2020, e la Juventus comunicava un accordo sugli stipendi dei calciatori con effetti economici positivi per la società per 90 milioni di euro. Il comunicato di quel giorno riportava di una riduzione dei compensi dei calciatori e dell’allenatore per un importo pari ai mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020.

Ma in realtà i calciatori avrebbero rinunciato a una mensilità soltanto, non a quattro come si evinceva dal comunicato, da questo l’accusa dei PM di manipolazione del mercato e diffusione di ““notizie false ponendo in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”. Un altro grosso problema che, essendo oltretutto nuovo e diverso rispetto al “classico” delle plusvalenze, potrebbe generare ulteriori impatti imprevisti.

Sulla carta i pericoli per il management e la società sono davvero tanti. Oltre alle sanzioni, per le false comunicazioni sociali il codice civile prevede la reclusione da 3 a 8 anni (art. 2622 cc); per la manipolazione dei mercati il Testo Unico della Finanza prevede anche la reclusione da 1 a 6 anni (art. 185); per la dichiarazione fraudolenta è prevista la reclusione da 4 a 8 anni (Articolo 2 Legge sui reati tributari -D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74); per l’ostacolo alle autorità di vigilanza il codice civile prevede la reclusione da 1 a 4 anni.

Poi ci sono le pesanti sanzioni e infine c’è il rischio che la Procura federale riapra l’indagine sulla Juventus, anche per via dei nuovi elementi collegati alle manovre stipendi, e che quindi ci siano rischi di penalizzazione o addirittura di retrocessione.

Tutte ipotesi, ma mentre il mondo discute il caso e il titolo affonda in Borsa, la fine di un’era della squadra bianconera sembra ormai inevitabile.