Legge di Bilancio 2026: prudente nei conti, ma povera di visione
pubblicato:Tra vincoli europei e produttività ferma, il governo sceglie la prudenza contabile ma rinuncia a un vero piano per il rilancio del Paese

La Legge di Bilancio 2026 del governo Meloni, la quarta della legislatura, è stata accolta con una pioggia di critiche da tutte le principali parti sociali.
Sia i sindacati che le imprese, insieme ad associazioni di categoria e osservatori tecnici, ne hanno denunciato l’assenza di una visione strategica, di interventi strutturali per la crescita e di misure realmente capaci di aumentare la produttività.
Pur rispettando i vincoli di bilancio europei e mostrando prudenza nei conti, la manovra viene considerata un’occasione mancata per dare slancio all’economia e sostenere redditi e investimenti in un contesto di crescita debole e inflazione ancora sopra la media storica.
Sindacati: “Manovra inadeguata, ingiusta e senza prospettiva sociale”
Il giudizio più severo arriva dai sindacati.
La Cgil, per voce del segretario confederale Christian Ferrari, ha definito la manovra «inadeguata, ingiusta e controproducente».
Secondo il sindacato, il governo ha ignorato il tema del fiscal drag – cioè l’erosione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione – e non ha previsto l’indicizzazione di scaglioni Irpef, detrazioni e soglie Isee.
Ferrari ha sottolineato con sarcasmo che «non si tratta di un’idea dell’Unione Sovietica, ma degli Stati Uniti di Trump», dove gli scaglioni vengono regolarmente adeguati all’inflazione.
Sul fronte previdenziale, Cgil, Cisl e Uil denunciano la cancellazione di Quota 103 e di Opzione donna, interpretata come una marcia indietro rispetto alle aperture degli anni scorsi.
I sindacati chiedono maggiore flessibilità in uscita e una pensione di garanzia per i giovani e i lavoratori discontinui, ricordando che il sistema contributivo puro rischia di produrre assegni insufficienti nel medio periodo.
Più articolata la posizione della Cisl, che riconosce alcuni aspetti positivi – come il finanziamento aggiuntivo al Fondo sanitario nazionale e l’attenzione alla natalità – ma critica l’assenza di una visione organica su lavoro e produttività.
La Cisl si è detta contraria anche alla nuova rottamazione delle cartelle esattoriali e ha chiesto il rifinanziamento della legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese.
La Uil, dal canto suo, ha parlato di una manovra “debole e senza coraggio”, chiedendo una riforma fiscale più equa e strutturale, che riduca il peso su lavoro e pensioni e aumenti quello su rendite, eredità ed extraprofitti.
Imprese e associazioni: “Manovra a saldo zero, senza respiro industriale”
Le critiche del mondo produttivo non sono meno severe.
Confindustria ha definito la manovra “a saldo zero”, riconoscendo la prudenza contabile ma denunciando la mancanza di una strategia di crescita.
Il direttore generale Maurizio Tarquini ha invocato un piano industriale straordinario per attrarre investimenti, migliorare la competitività e sostenere l’innovazione tecnologica, sottolineando che “senza produttività non c’è crescita né aumento dei salari”.
Le imprese lamentano in particolare:
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assenza di misure sul caro materiali, che continua a pesare su cantieri pubblici e infrastrutture;
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tassazione penalizzante sui dividendi infragruppo, che rischia di indebolire la capitalizzazione delle imprese italiane;
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stop, dal 2026, alla compensazione dei crediti d’imposta con i contributi Inps e Inail, definita una “batosta” da agricoltori, artigiani e PMI.
Anche Confartigianato e Coldiretti hanno espresso forti perplessità, lamentando che la manovra “non sostiene le microimprese né il lavoro autonomo”, mentre l’associazione delle assicurazioni Ania ha avvertito che l’anticipo del bollo auto rischia di generare un aggravio di costi di 600-700 milioni di euro per il comparto.
Dalle audizioni parlamentari emerge un consenso negativo trasversale
Durante le audizioni nelle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, il giudizio complessivo è apparso unanime: la manovra non stimola la crescita, non sostiene la produttività e non affronta le priorità del Paese.
Anche i tecnici del Senato hanno chiesto chiarimenti sui criteri con cui è stato stimato il minor gettito fiscale, sollevando dubbi sulla copertura effettiva delle misure.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha difeso la manovra parlando di “responsabilità e realismo” e sostenendo che «il governo agisce nell’interesse generale», ma la sua posizione appare isolata di fronte a una critica tanto compatta.
Il piano politico della maggioranza punta a chiudere la legge di bilancio entro il 15 dicembre, evitando emendamenti rilevanti e lasciando alla Camera una ratifica veloce.
Tuttavia, in molti — anche dentro la maggioranza — riconoscono che si tratta di una manovra di sopravvivenza, costruita per non sforare i vincoli europei, ma priva di una visione di medio periodo su crescita, produttività e occupazione.
Un Paese fermo: crescita zero e produttività in stallo
Le ultime stime dell’Istat, in arrivo nelle prossime settimane, indicano che la produttività italiana resterà ferma intorno allo 0% nel 2025, nonostante le risorse del PNRR e gli incentivi fiscali già attivati.
Un segnale che conferma quanto le critiche di sindacati e imprese abbiano un fondamento concreto: senza un piano coerente su investimenti, formazione, tecnologia e lavoro qualificato, l’Italia rischia di restare indietro nella competizione europea.
In sintesi, la Legge di Bilancio 2026 appare prudente nei numeri ma povera di prospettiva: una manovra che cerca di mantenere l’equilibrio dei conti, ma non offre risposte né ai lavoratori né alle imprese — e, per molti osservatori, non indica una direzione per il futuro del Paese.
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