Nvidia, via libera di Trump ai chip H200 per la Cina

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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In pre-market il colosso dei chip per l'AI guadagna terreno. Washington terrà il 25%, ma per la casa di Jensen Huang sembra comunque una nuova vittoria

Nvidia, via libera di Trump ai chip H200 per la Cina

Una bella spinta senza dubbio e per niente scontata. Qualche ora fa il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che consentirà a Nvidia di vendere i propri microprocessori H200 anche in Cina, purché sia pagato a Washington il 25% di questo export.

La decisione sembra chiarire una questione che per mesi ha caratterizzato il dibattito sul rapporto tecnologico statunitense con la Repubblica Popolare, anche perché al suo insediamento il tycoon vedeva la vendita di questi processori a Beijing come una minaccia per la sicurezza nazionale USA e per il predominio statunitense nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

Nvidia, la nuova posizione di Washington sui chip H200

Adesso il lavoro e la moral suasion del fondatore di Nvidia Jensen Huang sembrano avere avuto la meglio anche alla Casa Bianca. Salva l’imposizione di una tassa del 25%, Trump accetta la vendita di questi chip tipicamente usati per l’AI alla Repubblica Popolare e anzi aggiunge che questa mossa rafforzerà il lavoro americano, la manifattura Usa, i contribuenti americani.

Trump non risparmia l’usuale stoccata all’amministrazione Biden: avrebbe costretto grandi compagnie americane a spendere miliardi di dollari per realizzare prodotti ‘degradati’ che non voleva nessuno.

In realtà l’idea di vendere chip per l’AI meno potenti alla Cina è stata per lungo tempo adottata anche dall’Amministrazione Trump, almeno fino allo scorso luglio, quando il segretario al Commercio Howard Lutnick aprì alla vendita di chip H20 di Nvidia a Beijing anche nell’ambito di un accordo sulle terre rare e i magneti permanenti.

Le cose non andarono lisce come sperato e alcune posizioni di Lutnick sulla quarta linea tecnologica di Nvidia venduta a Beijing irritarono per mesi la Repubblica Popolare e pesarono sulle successive intese commerciali. Anzi Beijing pian piano bandì l'adozione dei chip di Nvidia dal big tech cinese.

Né la vendita di queste tecnologie alla Cina, è stata priva di obiezioni: ancora lo scorso 3 dicembre, quindi pochi giorni fa, in una lettera allo stesso Lutnick, i senatori democratici Elisabeth Warren ed Andy Kim esprimevano preoccupazione per le voci, poi confermate, sul nuovo via libera anche ai chip H200 per l’export in Cina.

Il timore era che i nuovi potenti H200 aiutassero la Repubblica Popolare a costruire tecnologie militari e di sorveglianza di nuova generazione, che rafforzassero i piani per la realizzazione di super data center cinesi con l’impiego di 115.000 chip Nvidia rivelati da Bloomberg questa estate e che tutto questo andasse a danno delle imprese Usa.

Warren chiedeva più trasparenza sui processi decisionali fuori dalla “cene per donatori a Mar-o-Lago” o dai “meeting a porte chiuse con il presidente Xi Jinping”, anche alla luce del “persistente sforzo di Nvidia di far leva sul proprio potere di mercato e sulla propria influenza politica per piegare la cosa pubblica ai propri interessi privati”.

Nvidia, quali chip possono passare adesso e quali sono i temi

Tutto superato dai nuovi annunci di Trump su Truth, dove il presidente specifica che per la Cina saranno disponibili i nuovi H200, ma non i chip di Nvidia Blackwell, i più avanzati attualmente, o la prossima generazione dei Rubin, che restano fuori dagli accordi. Le vendite saranno inoltre consentite a "clienti approvati" ('approved customers'), alla luce delle condizioni dettate dalla sicurezza nazionale.

Intese simili sono però in fase avanzata anche per le produzioni di AMD, Intel e altri gruppi tecnologici Usa.
La scorsa settimana Huang avrebbe incontrato Trump proprio per discutere della vendita in Cina degli H200.

Gli H200 sarebbero, secondo il think thank IFP citato da Reuters quasi 6 volte più potenti degli H20 finora permessi.

I temi sono molteplici: alcuni osservatori temono che in breve la Cina costruisca i propri chip per l’AI competitivi con quelli statunitensi, magari facendo leva su quanto scoperto dalle nuove tecnologie importate.

Altri osservatori sottolineano che Nvidia in questo modo cerca di difendere le quote di mercato nella Repubblica Popolare dalla concorrenza di player formidabili come Huawei.

Molti si aspettano che dopo le critiche di Beijing a Nvidia (giunte fino a un quasi bando per i big tech cinesi all’impiego delle sue tecnologie), la narrazione nella Repubblica Popolare possa cambiare e ammorbidirsi, viste le nuove aperture dal governo al dialogo con Washington.

Di certo per Nvidia è un passo avanti, nonostante la ‘tassa Usa’ sia passata in pochi mesi dal 15% al 25%.

Adesso i chip venduti in Cina figureranno come tassazione all’export da Taiwan (dove vengono prodotti) e intanto il titolo di Nvidia guadagna in pre-market l’1,72% a 185,55 dollari dopo allunghi anche del tre per cento subito dopo la notizia.

Huang sembra aver vinto un’altra volta.

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