Sì a oro e argento, no al petrolio: i mercati scelgono i beni rifugio
pubblicato:Greggio sotto pressione tra spiragli di pace e rischio eccesso di offerta, mentre il gas resta legato al fattore clima

Negli ultimi mesi i mercati delle materie prime hanno preso strade molto diverse, delineando con chiarezza una preferenza degli investitori: sì ai metalli preziosi, no al petrolio. È una distinzione che non nasce dal caso, ma riflette il contesto macroeconomico, geopolitico e finanziario con cui il mercato sta entrando nel nuovo anno.
La nuova febbre dell’oro (e dell’argento)
L’ultimo trimestre dell’anno ha segnato una vera e propria nuova corsa ai metalli preziosi. L’oro ha messo a segno una performance impressionante: +72,8% da inizio anno, con una salita progressiva e ordinata fino a fine settembre, seguita da tre mesi di accelerazione verticale. A Santo Stefano il metallo giallo ha chiuso oltre 4.500 dollari l’oncia, aggiornando ancora una volta i massimi storici.
L’argento ha fatto persino meglio in termini percentuali, riportandosi sui livelli più alti dal 2011, con un rialzo superiore al 150% dall’inizio dell’anno. Anche platino e palladio hanno partecipato al movimento, confermando che non si tratta di un fenomeno isolato ma di un cambio strutturale nell’allocazione degli investitori.
Alla base di questa dinamica c’è una combinazione potente:
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incertezza geopolitica persistente, dalle tensioni tra Stati Uniti e Venezuela agli attacchi in Africa;
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attese di politiche monetarie più accomodanti nel 2026, che mantengono real yield compressi;
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indebolimento del dollaro, che rende l’oro più attraente per gli investitori non statunitensi;
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e, non ultimo, un crescente bisogno di beni rifugio in una fase in cui le valutazioni azionarie sono elevate e il ciclo economico mostra segnali di maturità.
Dal punto di vista tecnico, il movimento resta solido: eventuali correzioni vengono lette più come occasioni di riaccumulo che come segnali di inversione. Finché i supporti chiave tengono, il trend di fondo resta chiaramente rialzista.
Petrolio: una storia molto diversa
Di segno opposto è invece la traiettoria del petrolio. Dopo anni di volatilità legata a guerre, sanzioni e shock sull’offerta, oggi il greggio sembra scontare un contesto più distensivo. I nuovi spiragli di dialogo tra Russia e Ucraina stanno alimentando l’ipotesi di una progressiva normalizzazione dei flussi energetici, con il possibile ritorno del petrolio russo sui mercati globali.
Il risultato è evidente nei prezzi: il Wti è tornato sui livelli del 2021, con un calo di oltre il 20% da inizio anno, mentre il Brent registra una flessione simile. Ogni tentativo di rimbalzo si scontra con un mercato che guarda più all’abbondanza potenziale dell’offerta che ai rischi immediati.
Anche dal punto di vista grafico, il quadro resta fragile. Il petrolio si muove su supporti critici, e una loro violazione aprirebbe spazi per ulteriori discese. In questo contesto, il greggio fatica a svolgere quel ruolo di copertura geopolitica che in passato aveva sostenuto le quotazioni.
Gas naturale: equilibrio instabile, tutto dipende dal clima
Il gas naturale occupa una posizione intermedia. In Europa, il prezzo sul TTF resta sotto controllo grazie a forniture regolari di GNL, domanda asiatica più debole e stoccaggi adeguati. Tuttavia, il mercato resta estremamente sensibile al fattore meteo.
L’arrivo di temperature prossime o inferiori allo zero nelle principali capitali europee aumenta il fabbisogno per il riscaldamento, proprio mentre le festività riducono i consumi industriali. È un equilibrio delicato: basta un’ondata di freddo più intensa o prolungata per riaccendere la volatilità.
Il messaggio dei mercati
Il messaggio che arriva dalle materie prime è chiaro. In questa fase:
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i metalli preziosi vengono premiati come copertura contro rischio geopolitico, incertezza monetaria e volatilità finanziaria;
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il petrolio soffre per un mix di prospettive di pace, offerta potenzialmente abbondante e domanda meno esplosiva;
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il gas naturale resta una scommessa tattica, fortemente legata a clima e stagionalità.
In altre parole, il mercato sta scegliendo la protezione più che la crescita ciclica. Ed è una scelta che dice molto sul modo in cui gli investitori stanno guardando al 2026: meno euforia, più selettività, e una crescente attenzione a ciò che può difendere valore nei momenti di incertezza.
Argento: trend rialzista forte e accelerazione finale
Dal punto di vista tecnico, l’argento è uno dei mercati più forti dell’intero comparto materie prime.
Il grafico mostra un trend rialzista solido e ben strutturato, iniziato già nella prima parte dell’anno e progressivamente accelerato negli ultimi mesi. La sequenza è tipica dei bull market maturi:
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massimi e minimi crescenti
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fasi di consolidamento brevi
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ripartenze sempre più verticali
Nell’ultimo tratto il prezzo ha rotto senza esitazioni l’area 70–72 dollari, che ora rappresenta il primo supporto tecnico rilevante in caso di fisiologiche prese di beneficio. Più sotto, il secondo supporto chiave si colloca in area 66–68 dollari, zona dalla quale era partita l’ultima gamba rialzista.
La struttura attuale suggerisce che ogni correzione contenuta sopra questi livelli resterebbe di tipo correttivo, non di inversione. Il mercato appare in una fase di price discovery, senza vere resistenze storiche fino all’area 85–90 dollari, indicata come prossimo obiettivo teorico di medio periodo.
In sintesi:
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trend: fortemente rialzista
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volatilità: in aumento (tipica delle fasi finali di accelerazione)
strategie prevalenti: buy on dip, non inseguire sui massimi
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La differenza, sui mercati, la fa la costanza, non l’istinto.
WTI: debolezza strutturale e supporti sotto pressione
Il quadro tecnico del petrolio WTI è quasi l’opposto rispetto a quello dell’argento.
Il grafico evidenzia una tendenza laterale–ribassista di medio periodo, con i prezzi che stanno lavorando da mesi all’interno di una fascia di debolezza. L’elemento più rilevante è la tenuta (per ora) del supporto in area 56 dollari, livello che ha già svolto più volte il ruolo di spartiacque.
Dal punto di vista tecnico:
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sotto 56 dollari il quadro peggiorerebbe sensibilmente
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la rottura aprirebbe spazio verso 45 dollari, che rappresenta il primo vero target ribassista di medio periodo
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le reazioni viste finora appaiono più come rimbalzi tecnici che come vere ripartenze di trend
Le medie mobili restano inclinate al ribasso e ogni tentativo di recupero viene venduto in prossimità delle resistenze intermedie (60–65 dollari). Questo segnala che il mercato non sta ancora scontando una nuova fase espansiva, ma piuttosto un contesto di offerta potenzialmente abbondante e di domanda priva di accelerazioni.
In sintesi:
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trend: debole / laterale-ribassista
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supporto chiave: 56 dollari
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sotto 56: rischio accelerazione ribassista
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rimbalzi da interpretare come tecnici, non strutturali
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