Oro da record, cresce la domanda, crescono i prezzi
pubblicato:Il metallo giallo brilla più che mai. Gli strumenti di investimento nell'oro, la domanda delle banche centrali e dell'AI, la produzione... una foto su questo luccicante mercato

Incertezza su incertezza, record su record. Il terremoto previsto, annunciato, rinviato dei dazi Usa. I chiari di luna dell’intelligenza artificiale, con scossoni che minacciano i multipli stratosferici del Nasdaq mentre cresce la domanda di server e si ridisegnano le alleanze globali.
Intanto i tassi che scendono, ma a un ritmo sempre più imprevedibile, mentre l’inflazione ridiventa un’incognita e la politica internazionale promette soluzioni temporanee e guerre commerciali di lungo periodo.
Nel frattempo il megatrend della dedollarizzazione, che mina le basi del sistema e la divaricazione del ciclo economico e delle politiche a cavallo dell’Atlantico.
Una tempesta globale in cui qualcuno però guadagna solidi traguardi: è l’oro, bene rifugio per eccellenza, tradizionale strumento anti-inflazione. Porto salvo, seppure senza cedola, per i valori in fuga dalle montagne russe dei mercati azionari e dai riassetti delle fixed income.
Oro, il nuovo record, da fine 2015 ha guadagnato il 147%
Il nuovo record a 2869 dollari l’oncia (ossia circa 88 euro a grammo, visto che un’oncia è pari a 31,103 grammi) è l’ultimo di una lunga serie.
Dai minimi del dicembre 2015 a 1046 dollari il metallo giallo ha guadagnato il 174% Le barriere in zona 1920 e 2070 sono cadute una dopo l’altra e l’ascesa di questo asset senza interessi o dividendi, senza altra virtù che quella della fiducia dei mercati e del parziale impiego industriale e sostanziale impiego come riserva, promette ancora nuove magnifiche sorti e progressive.
Oro, importanti ETC globali in oro fisico
Ma come investire in oro? Nell’inventivo mondo finanziario contemporaneo le possibilità si moltiplicano e aggiungono ai tradizionali lingotti e monete una pletora di ETF (o meglio ETC) anche su oro fisico e poi i proxy come le varie compagnie che l’oro lo estraggono e vendono sul mercato.
Il più grande ETC sull’oro fisico del mondo è probabilmente l’iShares Physical Gold ETC (IE00B4ND3602) che vale in queste ore 53,515 euro e ha guadagnato il 45% nell’ultimo anno e il 73% in 3 anni. Ha costi di gestione dello 0,12% al netto delle commissioni di compravendita, che dipendono poi dalla piattaforma di trading che si utilizza.
Molto seguito anche l’Invesco Physical Gold ETC (IE00B579F325) che vale 265,54 dollari l’oncia e ha anch’esso commissioni di gestione dello 0,12% Le performance sono del 45% in un anno e del 73% in tre anni (allineate a quelle dell’iShares).
C’è poi il più “europeo” Amundi Physical Gold ETC (FR0013416716) che in un anno ha guadagnato il 45% e ha come benchmark il LBMA Gold Price PM USD, lo stesso paniere dell’iShares e dell’Invesco, ossia della valutazione dell’oro fisico della London Bullion Market Association (LBMA), l’autorità di riferimento globale del settore. Anche l’europeo ha commissioni allo 0,12%
Oro, le azioni dei minatori corrono
C’è poi il mondo dei minatori. Dalle americane Newmont (US6516391066) e Barrick Gold (CA0679011084) alla “Britannica” Anglo Gold Ashanti (GB00BRXH2664) alla canadese Agnico Eagle Mines Limited (CA0084741085), per fare solo degli esempi.
Ma, come sempre per le materie prime a oggi, bisogna tenere sempre conto del dollaro, che è ancora la valuta universale delle commodity e dei metalli preziosi, e del complesso equilibrio fra domanda e offerta.
Oro, la radiografia della domanda nei dati del World Gold Council
Proprio oggi l’autorità globale di settore, il World Gold Council, ha registrato un nuovo record della domanda annuale globale di oro (compreso quello over the counter non finanziarizzato) a 4.974 tonnellate di oro nell’intero 2024. Il mix dei record di prezzo del metallo giallo e dei volumi ha portato quindi il valore complessivo della domanda di oro l’anno scorso a 382 miliardi di dollari.
Le banche centrali, in quel fenomeno complesso che è la de-dollarizzazione avviata da molti emergenti, hanno sostenuto in maniera imponente la domanda, con acquisti per oltre 1.045 tonnellate e un’accelerazione netta nel quarto trimestre dell’ultimo esercizio, a 333 tonnellate soltanto in quei tre mesi.
Ma oltre che nelle riserve l’oro è finito anche negli investimenti. La domanda globale di oro da investimento è cresciuta del 25% l’anno scorso, a 1.180 tonnellate, con un’accelerazione anche in questo caso nella seconda parte dell’anno. Il canale tradizionale dell’oro in lingotti o in monete è rimasto invece stabile l’anno scorso, a 1.186 tonnellate.
Al contrario l’oro per i gioielli, penalizzato dai prezzi elevati, ha registrato un calo notevole del consumo: -11% a 1.877 tonnellate. Con una spinta al ribasso proveniente dalla Cina che ha ridotto la domanda di oro per la gioielleria del 24%, mentre l’India ha mantenuto una domanda solida con un calo di appena il 2%.
L’oro, in misura decisamente minore, è impiegato anche dalla tecnologia, che comunque nell’ultimo quarto del 2024 ha registrato il miglior trimestre dalla fine del 2021 toccando una domanda di 84 tonnellate. Nell’anno si è arrivati a 326 tonnellate (+7%) con una modesta domanda incrementale da elettronica e applicazioni per l’intelligenza artificiale.
Sul fronte dell’offerta la crescita è stata decisamente più contenuta: +1% a 4.794 tonnellate nel 2024. Hanno contribuito sia le miniere “tradizionali” (3.661 t, più o meno invariato), che il riciclo (1.370 t, +11%).
L’equilibrio come si vede è essenzialmente dinamico. Il World Gold Council sostanzialmente conferma l’outlook tracciato a dicembre.
Stimava che il “consensus di mercato sulle variabili macroeconomiche chiave come Pil, rendimenti e inflazione suggerisce una crescita positiva, ma molto più modesta dell’oro nel 2025”.
Con variabili chiave nella domanda delle banche centrali o nell’eventuale deterioramento delle condizioni macroeconomiche che può rilanciare l’oro come bene rifugio.
Al contrario eventuali inversioni della traiettoria di espansione monetaria (ossia il passaggio da un taglio dei tassi a un loro congelamento o addirittura a un rialzo) rappresenterebbe una sfida.
Ancora una volta la Cina (che come visto è poi andata molto male in termini di domanda) resta una variabile importante del mercato globale. Al riguardo è interessante notare che nel 2024 l’oro in renmimbi è balzato del 28% alla fine di novembre (Shanghai Gold Exchange (SGE) Au9999). La questione cinese, tra ripresa rinviata e stimoli governativi recenti i cui effetti si devono ancora misurare appieno, rimane aperta.
Le sorti del dollaro appaiano ancora più incerte e decisive. I recentissimi tentativi di repricing del biglietto verde necessitano di una conferma e non è escluso che si dimostrino effimeri, nonostante un dollaro debole sia tra gli obiettivi dell’amministrazione Trump.
In un report di pochi mesi fa sul tema della de-dollarizzazione, JP Morgan sottolineava che le riserve auree delle banche centrali avevano raggiunto le 35 mila tonnellate in un megatrend di incremento degli stock in atto dal 2009.
Soprattutto si notava l’impatto della guerra in Ucraina e la diffusione di contrattazioni di bene energetici con canali alternativi al dollaro, soprattutto per triangolazioni chiave con la Russia, magari con controparti rilevanti come l’India, la Cina o la Turchia. C’era anche l’assai meno percepita minaccia al dollaro costituita dall’e-commerce (con la Cina che copre metà del mercato globale dell’e-commerce di 5,8 trilioni di dollari). Ma questo è già un altro discorso ancora.
Di certo in questi mesi l’oro luccica come raramente ha fatto nella sua storia. E forse è solo l’inizio.