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State Street Global Advisors, il ritorno alla correlazione negativa tra azioni e obbligazioni

di FTA Online News pubblicato:
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Dane Smith, Head of Investment Strategy and Research Nord America di State Street Global Advisors, ha così commentato il ritorno dei mercati alla correlazione negativa tra azioni e obbligazioni.

"La tradizionale concezione di un'allocazione al reddito fisso di qualità superiore è in parte determinata dalla sua storica correlazione negativa con l'azionario – una relazione vera negli ultimi due decenni. Per coprire il rischio di beta azionario, gli investitori multi-asset hanno fatto affidamento sui benefici, in termini di diversificazione, di tale rapporto. L'anno scorso, tuttavia, la correlazione è diventata positiva, lasciando molti investitori a domandarsi cosa avrebbe potuto far riemergere la tipica correlazione negativa.

I mercati sono influenzati dall'andamento dell'inflazione

Quando i dati sulla crescita economica determinano l'appetito per il rischio del mercato, è logico che l'aumento della crescita porti ad una posizione di "risk-on", con maggiori richieste degli investitori di titoli a beta più elevato e meno a beta più basso (ovvero una correlazione negativa tra azioni e obbligazioni).

Oggi, tuttavia, le cose sono cambiate e ci ritroviamo su un campo da gioco diverso: l'attenzione per la crescita è stata messa in ombra da un focus mirato sulle preoccupazioni legate all'inflazione. Mentre i dati indicano un miglioramento della crescita, il mercato si concentra invece sul possibile aumento dell'inflazione, crescita degli utili e calo del premio per il rischio azionario (ERP).

Ciò provoca una flessione dei prezzi sia delle azioni che delle obbligazioni (cioè una correlazione positiva).

Negli anni, è cambiata l'importanza relativa che i mercati hanno attribuito alle preoccupazioni per la crescita rispetto ai timori per l'inflazione - che si riflette nella conseguente correlazione tra azioni e obbligazioni:

* Prima del 2000: Il rapporto tra volatilità della produzione industriale e volatilità dell'IPC era in calo, ad indicare che le preoccupazioni per l'inflazione stavano dominando quelle per la crescita. Un'inflazione elevata, dovuta in parte agli shock del prezzo del petrolio, si sono legate ad una correlazione positiva tra azioni e obbligazioni.

* Dal 2000 al 2019: il rapporto tra la volatilità della produzione industriale e la volatilità dell'IPC è aumentato, indicando che le preoccupazioni per la crescita erano più presenti nella mente degli operatori di mercato rispetto a quelle per l'inflazione, dato che il tasso di inflazione era ostinatamente basso e stabile al 2%. In questo periodo, la correlazione azioni/obbligazioni si è spostata in territorio negativo.

* Negli ultimi anni: l'inflazione ha assunto un ruolo dominante, soprattutto a causa dell'aumento dei prezzi a livello globale emerso dopo i lockdown legati al COVID. La correlazione azioni/obbligazioni è diventata positiva e ha chiuso il 2022 a 0,16.

Se definiamo un mercato preoccupato per l'inflazione come un mercato che registra forte crescita del PIL ed inflazione elevata e, al contrario, un mercato guidato da timori per la crescita come un mercato con bassa crescita del PIL e bassa inflazione, osserviamo che dal 1976 al 1999, la crescita del PIL reale degli Stati Uniti è stata in media dell'1,13%, mentre l'inflazione è stata in media del 4,86%.

L'inflazione era una preoccupazione maggiore, il che può contribuire a spiegare la correlazione positiva nel periodo. Dal 2000 al 2022, la crescita del PIL reale degli Stati Uniti è stata in media dello 0,66%, mentre l'inflazione si attestava ancora su livelli modesti, con una media del 2,49%, traducendosi in un mercato focalizzato sulla crescita ed una correlazione negativa tra azioni e obbligazioni.

Inoltre, le aspettative di inflazione potrebbero aver ulteriormente spinto al ribasso l'ERP dal 1978 al 2000, aumentando i tassi a sconto già in crescita.

Negli anni '70 e '80 le aspettative di inflazione sono state impattate dalla vischiosità di un'inflazione elevata per un periodo prolungato. Con il continuo aumento dell'inflazione reale, anche le aspettative di inflazione sono cresciute, portando ad un'ulteriore diminuzione dell'ERP.

Al contrario, ad aspettative di inflazione più stabili (come quelle del periodo successivo al 2000) è corrisposta una correlazione negativa.

Spiegazione dell'ERP e della correlazione positiva

L'ERP è il compenso aggiuntivo richiesto dal mercato per possedere azioni anziché obbligazioni. Un'inflazione più elevata può innescare un ciclo che porta a una correlazione positiva, come segue: l'alta inflazione porta all'aumento di tassi a sconto e utili obbligazionari.

Data la disponibilità di rendimenti più elevati, l'ERP diminuisce, poiché è necessaria una minore compensazione per assumere il rischio aggiuntivo dell'investimento in azioni. Tuttavia, ciò significa anche che le obbligazioni sono più interessanti rispetto alle azioni, esercitando una pressione al ribasso sui prezzi delle azioni.

Di conseguenza, sia i prezzi delle azioni che quelli delle obbligazioni subiscono un calo.

Attualmente, l'ERP dell'S&P 500 è al livello più basso dal 2007, dando chiarezza all'attuale correlazione positiva.

Correlazione azioni/obbligazioni nel futuro

In conclusione, i dati mostrano che l'inflazione e la crescita possono avere effetti asimmetrici sulla correlazione tra azioni e obbligazioni; gli shock inflazionistici tendono a corrispondere a una correlazione positiva, mentre le notizie sulla crescita tendono a corrispondere a una correlazione negativa.

Consideriamo cosa potrebbe spingere la correlazione tra azioni e obbligazioni a diventare nuovamente negativa. Oggi, poiché siamo in una fase avanzata del ciclo economico, la crescita potrebbe subire un'ulteriore contrazione, portando ad un flight to quality e a un mercato meno preoccupato per l'inflazione.

Potrebbe seguirne un sell-off in risposta, che riporterebbe la correlazione negativa nel panorama degli investimenti.

Il presidente della Fed, Powell, ha recentemente dichiarato: "Riporteremo l'inflazione al 2%, nel tempo" e il PCE core è attualmente previsto al 3,6% circa nel 2023. Inoltre, il mercato sostiene tale direzione, dato che il Breakeven Rate a 3 anni è attualmente del 2,17% negli Stati Uniti.

Attualmente, il FOMC prevede una crescita modestamente positiva nel 2023 e ha rivisto al ribasso del 25% le previsioni per il 2024. La previsione di State Street Global Advisors per la crescita del PIL statunitense è pari allo 0,9, una prospettiva sfavorevole per l'economia.

Di conseguenza, l'inflazione negli Stati Uniti è prevista intorno al 4% per quest'anno solare. A fronte di queste previsioni, quella per il PIL è la più preoccupante, poiché l'inflazione sembra andare nella giusta direzione.

Ed il ritorno di una maggiore incertezza sulla crescita tende a creare correlazioni più basse tra azioni e obbligazioni".

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