Trump rilancia il protezionismo: nuovi dazi sui camion e incentivi per produrre in America
pubblicato:Previsti crediti fiscali del 3,75% per i veicoli e i motori assemblati negli USA fino al 2030: un sostegno alle case automobilistiche locali ma anche un rischio di nuove tensioni commerciali con gli alleati

Nuove tariffe di Trump sull’auto: tra protezionismo e incentivi alla produzione USA
Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine che ridisegna in modo significativo la politica commerciale americana nel settore automobilistico, introducendo nuove tariffe e crediti fiscali per stimolare la produzione interna e ridurre la dipendenza dalle importazioni.
🔧 Le misure principali
Dal 1° novembre, gli Stati Uniti imporranno:
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Dazi del 25% su autocarri medi e pesanti e sui loro ricambi importati.
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Dazi del 10% su autobus importati.
Parallelamente, l’amministrazione introduce crediti fiscali del 3,75% del prezzo al dettaglio per i veicoli assemblati negli Stati Uniti, estesi fino al 2030, per compensare i costi dei dazi sulle componenti importate.
Lo stesso beneficio viene riconosciuto anche per la produzione di motori e per quella di autocarri di Classe 3-8, categoria che comprende pick-up di grandi dimensioni, camion da carico, ribaltabili e trattori a 18 ruote.
Il Dipartimento del Commercio aveva inizialmente previsto uno sgravio solo fino al 2026, con riduzione progressiva del beneficio; ora la revisione lo estende a cinque anni pieni mantenendo il massimo valore, ampliandone anche l’ambito di applicazione.
Obiettivi e giustificazioni
Trump motiva la decisione con ragioni di sicurezza nazionale, sostenendo che gli Stati Uniti devono proteggere i propri produttori dalla “concorrenza esterna sleale”.
L’obiettivo politico ed economico è duplice:
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Rilocalizzare la produzione automobilistica e motoristica negli USA.
- 2.
Rafforzare l’industria nazionale dei veicoli pesanti, oggi fortemente dipendente dalle importazioni, in particolare dal Messico, principale esportatore verso il mercato statunitense.
La misura, secondo Trump, favorirà aziende come Peterbilt e Kenworth (Paccar) e Freightliner (Daimler Truck), mentre i dazi sulle componenti importate dovrebbero stimolare investimenti locali di GM, Ford, Toyota, Stellantis, Honda e Tesla, beneficiarie dirette dei nuovi crediti compensativi.
Reazioni e impatti attesi
Le reazioni sono contrastanti.
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La Camera di Commercio USA ha criticato i nuovi dazi, sottolineando che i principali fornitori — Messico, Canada, Giappone, Germania e Finlandia — sono alleati storici degli Stati Uniti e non rappresentano alcuna minaccia strategica.
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Alcuni osservatori temono ritorsioni commerciali e un aumento dei costi per i consumatori americani.
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D’altra parte, l’industria domestica vede nel provvedimento un potenziale vantaggio competitivo, specialmente per i produttori di ricambi e per le filiere già radicate negli Stati Uniti.
Effetti economici e prospettive
L’impatto immediato sarà significativo:
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GM ha stimato costi legati ai dazi fino a 5 miliardi di dollari per il 2025.
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Ford prevede un impatto di circa 3 miliardi di dollari.
I crediti del 3,75% allevieranno parte di questo peso, ma non elimineranno del tutto il rischio di aumento dei prezzi finali dei veicoli.
Il nuovo sistema di incentivi crea tuttavia un chiaro messaggio politico: “produrre in America conviene di più che importare”.
Stellantis, impatto diretto sui costi e sulla produzione
Stellantis esporta dagli impianti in Messico una parte consistente dei suoi veicoli commerciali e pick-up di medie e grandi dimensioni destinati al mercato statunitense (come il Ram 1500, prodotto a Saltillo).
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Con il nuovo dazio del 25% su camion e ricambi importati, questi modelli diventerebbero più costosi per il mercato USA, riducendo i margini o obbligando l’azienda a rivedere i listini.
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L’azienda potrebbe essere spinta a spostare parte della produzione negli Stati Uniti per beneficiare dei crediti fiscali del 3,75%, ma ciò richiederebbe investimenti aggiuntivi e tempi non brevi.
Vantaggi competitivi potenziali per Stellantis
Se Stellantis riuscisse a localizzare la produzione di veicoli e componenti pesanti in stabilimenti USA (come quelli in Michigan o Ohio), potrebbe:
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Accedere ai crediti fiscali previsti dall’ordine Trump, compensando in parte i dazi sui componenti importati;
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Competere meglio con produttori già radicati sul territorio americano, come Ford, GM e Paccar, che beneficeranno immediatamente di questi incentivi.
Stellantis: rischi strategici e commerciali
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La misura danneggia i flussi produttivi integrati tra USA, Messico e Canada, pilastro dell’accordo USMCA, e potrebbe creare tensioni politiche e logistiche per Stellantis, che ha catene di fornitura distribuite tra i tre Paesi.
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Inoltre, il dazio del 25% colpisce un segmento chiave per la redditività del gruppo, i truck e i veicoli commerciali, mettendo pressione sui margini.
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A livello borsistico, è probabile un impatto negativo di breve termine sul sentiment del titolo, con gli analisti che potrebbero rivedere al ribasso le stime di utile USA.
🔮 Analisi finale
La strategia di Trump rafforza la linea protezionista e industrialista che ha contraddistinto la sua agenda economica sin dal primo mandato.
Tuttavia, il rischio è che il provvedimento si trasformi in una guerra commerciale latente con partner chiave come Messico, Canada e UE, proprio nel momento in cui la filiera automobilistica globale è già sotto pressione per i costi delle materie prime e la transizione elettrica.
Nel breve periodo, gli effetti principali saranno:
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Rialzo dei costi di importazione, con riflessi su margini e prezzi.
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Incentivo agli investimenti produttivi negli Stati Uniti, soprattutto nel segmento dei motori e dei veicoli industriali.
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Tensione commerciale con gli alleati, che potrebbe avere contraccolpi geopolitici e industriali.
In sintesi, Trump sceglie di scommettere ancora una volta sulla “rinascita manifatturiera americana”, sacrificando parte dell’equilibrio globale del commercio in nome della competitività interna.
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