Trump rilancia il protezionismo: nuovi dazi sui camion e incentivi per produrre in America

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
5 min

Previsti crediti fiscali del 3,75% per i veicoli e i motori assemblati negli USA fino al 2030: un sostegno alle case automobilistiche locali ma anche un rischio di nuove tensioni commerciali con gli alleati

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Nuove tariffe di Trump sull’auto: tra protezionismo e incentivi alla produzione USA

Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine che ridisegna in modo significativo la politica commerciale americana nel settore automobilistico, introducendo nuove tariffe e crediti fiscali per stimolare la produzione interna e ridurre la dipendenza dalle importazioni.

🔧 Le misure principali

Dal 1° novembre, gli Stati Uniti imporranno:

  • Dazi del 25% su autocarri medi e pesanti e sui loro ricambi importati.

  • Dazi del 10% su autobus importati.

Parallelamente, l’amministrazione introduce crediti fiscali del 3,75% del prezzo al dettaglio per i veicoli assemblati negli Stati Uniti, estesi fino al 2030, per compensare i costi dei dazi sulle componenti importate.

Lo stesso beneficio viene riconosciuto anche per la produzione di motori e per quella di autocarri di Classe 3-8, categoria che comprende pick-up di grandi dimensioni, camion da carico, ribaltabili e trattori a 18 ruote.

Il Dipartimento del Commercio aveva inizialmente previsto uno sgravio solo fino al 2026, con riduzione progressiva del beneficio; ora la revisione lo estende a cinque anni pieni mantenendo il massimo valore, ampliandone anche l’ambito di applicazione.

Obiettivi e giustificazioni

Trump motiva la decisione con ragioni di sicurezza nazionale, sostenendo che gli Stati Uniti devono proteggere i propri produttori dalla “concorrenza esterna sleale”.
L’obiettivo politico ed economico è duplice:

  1. 1.

    Rilocalizzare la produzione automobilistica e motoristica negli USA.

  2. 2.

    Rafforzare l’industria nazionale dei veicoli pesanti, oggi fortemente dipendente dalle importazioni, in particolare dal Messico, principale esportatore verso il mercato statunitense.

La misura, secondo Trump, favorirà aziende come Peterbilt e Kenworth (Paccar) e Freightliner (Daimler Truck), mentre i dazi sulle componenti importate dovrebbero stimolare investimenti locali di GM, Ford, Toyota, Stellantis, Honda e Tesla, beneficiarie dirette dei nuovi crediti compensativi.

Reazioni e impatti attesi

Le reazioni sono contrastanti.

  • La Camera di Commercio USA ha criticato i nuovi dazi, sottolineando che i principali fornitori — Messico, Canada, Giappone, Germania e Finlandia — sono alleati storici degli Stati Uniti e non rappresentano alcuna minaccia strategica.

  • Alcuni osservatori temono ritorsioni commerciali e un aumento dei costi per i consumatori americani.

  • D’altra parte, l’industria domestica vede nel provvedimento un potenziale vantaggio competitivo, specialmente per i produttori di ricambi e per le filiere già radicate negli Stati Uniti.

Effetti economici e prospettive

L’impatto immediato sarà significativo:

  • GM ha stimato costi legati ai dazi fino a 5 miliardi di dollari per il 2025.

  • Ford prevede un impatto di circa 3 miliardi di dollari.

I crediti del 3,75% allevieranno parte di questo peso, ma non elimineranno del tutto il rischio di aumento dei prezzi finali dei veicoli.
Il nuovo sistema di incentivi crea tuttavia un chiaro messaggio politico: “produrre in America conviene di più che importare”.

Stellantis, impatto diretto sui costi e sulla produzione

Stellantis esporta dagli impianti in Messico una parte consistente dei suoi veicoli commerciali e pick-up di medie e grandi dimensioni destinati al mercato statunitense (come il Ram 1500, prodotto a Saltillo).

  • Con il nuovo dazio del 25% su camion e ricambi importati, questi modelli diventerebbero più costosi per il mercato USA, riducendo i margini o obbligando l’azienda a rivedere i listini.

  • L’azienda potrebbe essere spinta a spostare parte della produzione negli Stati Uniti per beneficiare dei crediti fiscali del 3,75%, ma ciò richiederebbe investimenti aggiuntivi e tempi non brevi.


Vantaggi competitivi potenziali per Stellantis

Se Stellantis riuscisse a localizzare la produzione di veicoli e componenti pesanti in stabilimenti USA (come quelli in Michigan o Ohio), potrebbe:

  • Accedere ai crediti fiscali previsti dall’ordine Trump, compensando in parte i dazi sui componenti importati;

  • Competere meglio con produttori già radicati sul territorio americano, come Ford, GM e Paccar, che beneficeranno immediatamente di questi incentivi.


Stellantis: rischi strategici e commerciali

  • La misura danneggia i flussi produttivi integrati tra USA, Messico e Canada, pilastro dell’accordo USMCA, e potrebbe creare tensioni politiche e logistiche per Stellantis, che ha catene di fornitura distribuite tra i tre Paesi.

  • Inoltre, il dazio del 25% colpisce un segmento chiave per la redditività del gruppo, i truck e i veicoli commerciali, mettendo pressione sui margini.

  • A livello borsistico, è probabile un impatto negativo di breve termine sul sentiment del titolo, con gli analisti che potrebbero rivedere al ribasso le stime di utile USA.

🔮 Analisi finale

La strategia di Trump rafforza la linea protezionista e industrialista che ha contraddistinto la sua agenda economica sin dal primo mandato.
Tuttavia, il rischio è che il provvedimento si trasformi in una guerra commerciale latente con partner chiave come Messico, Canada e UE, proprio nel momento in cui la filiera automobilistica globale è già sotto pressione per i costi delle materie prime e la transizione elettrica.

Nel breve periodo, gli effetti principali saranno:

  • Rialzo dei costi di importazione, con riflessi su margini e prezzi.

  • Incentivo agli investimenti produttivi negli Stati Uniti, soprattutto nel segmento dei motori e dei veicoli industriali.

  • Tensione commerciale con gli alleati, che potrebbe avere contraccolpi geopolitici e industriali.

In sintesi, Trump sceglie di scommettere ancora una volta sulla “rinascita manifatturiera americana”, sacrificando parte dell’equilibrio globale del commercio in nome della competitività interna.

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