Il lavoro Usa frena, ecco perché Wall Street festeggia
pubblicato:Il mercato scommette su nuovi tagli dei tassi della Fed, forse anche mezzo punto a settembre. Acquisti su azioni, Treasury e oro. Il dollaro perde di nuovo quota

L’economia degli Stati Uniti ha creato ad agosto soltanto 22 mila posti di lavoro, decisamente meno dei 79 mila posti non agricoli generati a luglio e ben al di sotto dei 75 mila posti attesi dalla media degli analisti. Un disastro.
Non è servito a niente che il presidente Donald Trump licenziasse ad agosto Erika McEntarfer, la commissaria del Bureau of Labor Statistics (BLS) che rileva e comunica questi dati, accusandola di non essere abbastanza competente e qualificata e di aver manipolato (in peggio) i dati per scopi politici.
Sotto il il commissario facente funzioni Bill Wiatrowski, nominato da Lori Chavez-DeRemer, segretario dal Dipartimento del Lavoro a cui il BLS fa riferimento, le cose vanno persino peggio.
Molto peggio, perché un crollo dell’economia a 22 mila posti appena in un mese non può essere estemporaneo, ma va necessariamente letto come il segnale di una crisi più profonda e duratura dell’economia a stelle e strisce.
Wall Street corre, mentre l'economia frena, ecco perché
La reazione dei mercati, di Wall Street prima in pre-mercato con i future e quindi dopo l’Opening Bell, è però molto positiva. Perché?
Perché la Fed, a differenza della Bce europea, ha un doppio mandato, la stabilità dei prezzi e la piena occupazione e se il lavoro vacilla deve intervenire. Come? Tagliando il costo del denaro e fissando un approccio espansivo che ridia carburante all’economia. Ma tassi d’interesse più bassi si traducono anche in minori oneri finanziari per le imprese Usa e quindi in maggiori profitti che ovviamente fanno venire a Wall Street l’acquolina in bocca. Ecco perché. Una sorta di tanto meglio, tanto peggio che purtroppo non è affatto una rara configurazione del mercato.
Ma sarebbe sbagliato affidarsi esclusivamente agli automatismi. Il sentiment degli operatori, la prevalenza di alcune considerazioni su altre, resta fondamentale. Nello stesso contesto di mercato gli investitori potrebbero infatti reagire in maniera opposta, magari ponendo l’accendo sulla frenata dell’economia appena emersa e quindi sui suoi effetti anche sulle azioni delle società quotate.
Non è una scienza esatta, insomma, ma è certo che l’ultima proscrizione di Trump non ha funzionato affatto.
Lavoro Usa in frenata, ora si valuta anche un taglio dei tassi di mezzo punto
All’uscita dei dati dei nonfarm payroll – le buste paga del settore non agricolo appunto - i future sui maggiori indici azionari Usa hanno accelerato al rialzo.
L’avvio delle contrattazioni a New York ha confermato il sentiment positivo degli operatori che quindi scommettono su un atteggiamento ancora più dovish, da colomba, quindi espansivo, della Federal Reserve. Già al meeting di Jackson Hole di fine agosto il presidente della Fed Jerome Powell aveva in pratica telefonato un primo taglio dei tassi al prossimo meeting del 17 settembre.
Un ‘riequilibrio’ dei rischi letto in maniera mista tra una nuova condiscendenza implicita alle pressioni espansive della Casa Bianca e il bisogno di puntellare una crescita americana con qualche incertezza.
Un intervento per lo più immaginato come puntuale, in quanto i dati sull’inflazione Usa, con una PCE inflation cresciuta al 2,6% a luglio e un’inflazione PCE core (senza energia e cibo) aumentata addirittura al 2,9% nel mese, non consentirebbero in teoria eccessivi allentamenti della briglia.
I dati di oggi aprono un nuovo scenario e rischiano di trasformare quel taglio dei tassi dal 4,50% al 4,25% nell’avvio di un percorso più strutturato.
Il FedWatch tool del CME, che calcola dai future sui Fed Fund a 30 giorni le probabilità assegnate dal mercato alle varie mosse della Fed, indica in queste ore all’88% quel taglio scontato del prossimo meeting, ma assegna ora il 70% quasi di possibilità di un ulteriore taglio al 4,00% il 29 ottobre (le probabilità erano appena al 53,6% ieri) e vede al 65,6% un ulteriore taglio al 3,75% il 10 dicembre. Quindi tre tagli entro la fine dell’anno, una prospettiva da ponderare con cura, vista la nota volatilità del FedWatch tool, ma che comunque non può essere ignorata.
Ammesso che, come emerge da diversi osservatori, la Fed alla fine non decida addirittura di tagliare i tassi di mezzo punto al prossimo meeting, portando direttamente al 4,00% il costo del denaro…
I dati di oggi del BLS forniscono anche altre indicazioni: 7,4 milioni di disoccupati negli Stati Uniti, con un tasso di disoccupazione al 4,3% Il numero di nuovi disoccupati nel mese è però calato di quasi 200 mila unità a 786 mila in totale. Il tasso di partecipazione stabile al 62,3% e 4,7 milioni di part-time.
Ancora una volta a muovere i dati del lavoro non sono però la manifattura della Rust Bealt, ma il settore sanitario (+31 mila posti) e l’assistenza sociale (+16 mila posti). La manifattura Usa perde 78 mila posti ad agosto.
Nel settore non agricolo la paga oraria media Usa è cresciuta di 10 centesimi (+0,3%) a 36,53 dollari. Per il terzo mese di seguito la media di ore settimanali lavorate si è attestata a 34,2 ore (ma sono 40 ore nella manifattura).
Tornando alla reazione dei mercati gli indici brillano durante i primi scambi: S&P 500 +0,4%, Nasdaq +0,68% e Dow Jones +0,19%
Al contempo si registra un crollo dei rendimenti dei titoli di Stato Usa, forse incoraggiato anche dall’accordo con il Giappone su dazi al 15% e investimenti americani del Sol Levante da 550 miliardi di dollari: i Treasury a 10 anni vedono il rendimento cedere più di 7 punti base al 4,08% mentre flette ancora di più il rendimento dei titoli a 2 anni che torna al 3,5% La pressione ribassista sugli yield sembra naturalmente elaborare l’attesa di tagli ulteriori dei tassi d’interesse da parte della Fed.
Crolla di nuovo il dollaro con il cambio EUR/USD a 1,1736 in flessione dello 0,74% e un deprezzamento del biglietto verde dello 0,87% sullo yen.
Accelera intanto ancora l’oro che segna nuovi record a 3.589 dollari l’oncia con un balzo di un punto percentuale.