Petrolio: cosa sta accadendo e quali sono gli scenari per il 2022 (seconda parte)
pubblicato:Il prezzo del petrolio è risalito brillantemente nel corso dell’ultimo mese. Quali sono ora le prospettive? Nuovo calo in vista o possibile ritorno sui record del 2021? (seconda parte)
In un momento in cui emissari statunitensi, alla vigilia del meeting OPEC+ dello scorso 4 gennaio, fanno pressioni per aumentare la quantità giornaliera di barili temendo che una domanda crescente possa non trovare un’offerta sufficiente a soddisfarla, in un momento in cui i prezzi della benzina alle pompe sono i più alti degli ultimi 7 anni per l’elettorato americano, possiamo ben capire come i maggiori rappresentanti dell’industria petrolifera statunitense non prendano molto bene l’atteggiamento dell’amministrazione Biden e siano molto restii ad incrementare gli investimenti in tale situazione.
La volontà politica per distogliere capitale a disposizione dell’industria dell’upstream USA (Exploration and Production), la virata (ideologica, ci verrebbe da dire) verso un “all green” a tutti i costi, implicano una pressione costante al rialzo dei prezzi dell’energia, stante la previsione di una domanda stabile.
Solo un aumento degli investimenti potrebbe costituire entro il 2022 un elemento per limitare l’aumento incontrollato dei prezzi (salvo decisioni OPEC+ tendenti a destabilizzare il mercato con l’intento di colpire l’industria americana), ma le condizioni per vedere crescere gli investimenti probabilmente non ci sono.
Un cambiamento drastico di politica monetaria potrebbe infatti generare nel 2023 un aumento degli indici di stress finanziario all’interno del sistema economico USA. Se l’industria shale nel suo complesso si trovasse ad affrontare aumenti dei livelli di debito considerevoli per finanziare Capex, trattandosi di un settore i cui corporate bonds sono per la maggior parte appartenenti alla categoria High Yields, lo spread con gli investment grade bonds potrebbe salire in maniera considerevole e le probabilità di default attese con esso. L’incertezza quindi regna sovrana per questa industria nel suo complesso.
Proiettando per il 2022 una domanda stabile o in leggero aumento, e molto dipenderà dalla situazione economica cinese, anche ipotizzando a livello globale un incremento degli investimenti tesi a rinvigorire estrazione e produzione (e tutta la filiera, midstream e downstream), i prezzi dovrebbero mantenere una pressione verso l’alto. Interventi restrittivi di politica monetaria, raffredderanno la domanda (ma fino a un certo punto), potrebbero costituire un contro bilanciamento e permettere ai prezzi del greggio di mantenere i livelli più “quotati” tra i forecasters di professione di Wall Sreet, cioè 80-85 per il Brent e 75-80 per il Light.
Ma sono anche possibili livelli a tre cifre, che non si registrano da un bel pezzo, i 100-120 dollari: tecnicamente, osservando il grafico a lungo termine, è infatti ipotizzabile il proseguimento del rialzo anche oltre i target indicati dagli analisti fondamentali. Diamo un’occhiata al grafico del Brent su timeframe settimanale a titolo esemplificativo.
Il settimanale mostra l’importante resistenza in area 86-87 dollari. Se interpretiamo le oscillazioni visibili sul grafico del Brent dal 2016 come un “doppio minimo” (figura formata da due minimi allineati sugli stessi livelli), il target, una volta rotta la resistenza potrebbe posizionarsi almeno 50 dollari più in alto, quindi in area 135 dollari. La figura grafica non è ancora attiva, perché il “doppio minimo” venga completato, e ne vengano attivate le implicazioni rialziste, è necessaria infatti il superamento del picco intermedio rispetto ai due minimi, quindi il massimo del 2018. Il target obiettivo ricavato dal punto di vista tecnico va poi necessariamente declinato con la situazione contingente globale.
Riteniamo tuttavia che i 120 dollari al barile siano un prezzo tecnicamente plausibile se perdurassero i disequilibri di cui abbiamo fatto cenno sopra.
Tornando ad aspetti puramente grafici notiamo tuttavia una divergenza tra la successione dei massimi del grafico nell’ultimo swing rialzista del settimanale, quello realizzatosi nel 2021, e i massimi dell’indicatore RSI a 14 periodi. Questa “divergenza” potrebbe suggerire un segnale di perdita di momentum del rialzo dei prezzi e costituire la premessa per un piccolo consolidamento in area 75-80, se non di una vera e propria correzione che verrebbe anticipata da discese al di sotto della base di questa fascia.
Insomma, il quadro grafico ci presenta una situazione potenzialmente esplosiva al rialzo ma per la realizzazione della quale mancano ancora conferme. Senza il superamento di area 87 dollari (da confermare con almeno una chiusura di settimana oltre la resistenza) il rischio di un ritorno verso la porzione centrale della fase laterale degli ultimi anni, quindi in area 50 dollari, non si può escludere (segnali in questo senso sotto area 74 dollari).
Alessandro Magagnoli, Mauro Antonio Rotunno