Dazi USA, gli effetti sul settore lusso

di Simone Ferradini pubblicato:
3 min

Il comparto dei luxury goods non si salverà dalle tariffe annunciate da Trump

Dazi USA, gli effetti sul settore lusso
Il partner ideale che ti supporta nell'investimento azionario. Analisi quotidiane e approfondimenti su tutti i titoli della Borsa Italiana, sugli ETF/ETN, sui titoli quotati a Wall Street e nelle principali piazze azionarie europee. I livelli operativi suggeriti dal nostro algoritmo. Non perdere l'occasione, ti aspettiamo su www.megatrader.it

I dazi annunciati mercoledì da Donald Trump hanno dato il via alle vendite sui mercati azionari, compreso quello americano. A Milano si sono salvate le utility - che hanno fatto valere sia la loro attitudine difensiva, sia la sostanziale immunità dalle tariffe americane - e Leonardo, sostenuta dalle prospettive di crescita nell'energia nucleare e nel business dei satelliti. Anche il settore lusso, che normalmente riesce a reggere meglio nelle fasi di incertezza economica, ha accusato il colpo.

Lusso, il 20% dei ricavi è negli USA

I dazi sulle importazioni americane avranno infatti un impatto diretto sui luxury goods: i produttori dovranno o passare gli aumenti sui prezzi di vendita finali - con conseguente diminuzione della domanda - o lasciare indenni i consumatori assorbendo gli aumenti - con conseguente calo dei margini di profitto. In entrambi i casi gli affari dei gruppi del lusso, che sono quasi tutti europei, subiranno impatti consistenti sui loro bilanci: gli analisti di Barclays stimano infatti che gli Stati Uniti rappresentino circa il 20% dei ricavi del totale dei ricavi delle aziende del comparto.

Per Barclays Ferragamo è a rischio

Ma quali sono i gruppi più a rischio? Secondo gli analisti della banca britannica il più esposto è Salvatore Ferragamo. La casa del lusso con sede a Firenze realizza infatti il 30% del proprio fatturato negli USA e si trova in una fase delicata, alla ricerca di un equilibrio che stenta a trovare, come attestato dalla recente uscita di scena dell'a.d. Marco Gobbetti: il manager era arrivato a gennaio 2022 proveniente da Burberry - dove era stato CEO dal 2016 e aveva guidato con successo la ristrutturazione del gruppo - con l'obiettivo di rilanciare il prestigioso marchio.

Pressioni anche su LVMH e i gruppi svizzeri

Anche Richemont e Swatch sono in una posizione difficile, con percentuali di ricavi USA rispettivamente del 24 e 18 per cento, e soprattutto la tariffa del 31% decisa dall'amministrazione Trump sulle importazioni dalla svizzera. Il colosso LVMH genera il 25% dei ricavi oltreoceano e presenta una situazione variegata: nel settore moda&pelle ha stabilimenti negli USA - quindi non verrebbe colpita dai dazi - ma negli alcolici rischia molto (ricordiamo la minaccia di tariffe al 200% sugli wines&spirits europei).

Moncler ed Hermes meno esposti

Situazione migliore per Moncler (che ha solo il 14% del fatturato negli Stati Uniti) e Prada (17%). Per gli analisti di Barclays anche Hermes (19% di ricavi in USA) sembra ben posizionata grazie al grande appeal dei suoi prodotti tra gli appassionati del lusso - questo potrebbe permettere al gruppo francese di passare l'importo dei dazi sui prezzi finali senza subire cali della domanda -, mentre Buberry beneficerà della tariffa "di favore" del 10% decisa da Trump per il Regno Unito.