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Italia: guida al voto economico per le prossime elezioni (1)

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

Diverse misure tra partiti e coalizioni, secondo l’Osservatorio sui conti pubblici né PD né centrodestra propongono coperture adeguate. Un focus sulle maggiori misure fiscali, economiche, del lavoro e sociali delle proposte politiche

Italia: guida al voto economico per le prossime elezioni (1)

Voglia di votare saltami addosso. In vista delle prossime inattese urne del 25 settembre, uno sguardo alla proposta economica dei programmi elettorali appare senza dubbio utile e necessaria. Il rischio di una vittoria dell’astensionismo, con un indebolimento concreto del nascente governo, rimane sullo sfondo, ma occorre anche ricordare che la situazione del Bel

Paese è oggettivamente difficile: rischia secondo Fitch una contrazione del Pil dello 0,7% l’anno prossimo a causa della crisi energetica, mentre i rendimenti del decennale italiano viaggiano già ben sopra il 4%, anche se non si è registrata una inversione della curva come negli Stati Uniti.

La bolletta energetica è in primo piano nel dibattito economico e fra le spese di famiglie e imprese, molte delle quali temono la chiusura per i costi diventati in molti casi insostenibili. L'inflazione di agosto ha già inviato un pericoloso segnale ai consumi con un +8,4% (record dal 1985) che segue una lunga serie di rincari, sempre più diffusi, e la guerra in Ucraina, lungi da un assestamento, invia nuove tensioni geopolitiche al globo.

Va premesso che l’Osservatorio sui conti pubblici ha confrontato le proposte del Pd e dei partiti del centrodestra evidenziando che mancherebbero in entrambi i casi coperture adeguate (il che vuol dire crescita del debito pubblico in vista). Salvo rari casi, ha sottolineato ancora l’Osservatorio, non sono indicati i costi delle misure proposte, quindi non sono presentati vincoli di bilancio e inoltre mancano in entrambi i casi parole come “deficit”, “tassi d’interesse”, “Bce”, “spending review” e “revisione della spesa”.

A onor del vero di efficientamento energetico o tributario si parla comunque a più riprese, come vedremo, ma di certo la mancanza di riferimenti all’attuale stretta monetaria della Bce e al rischio che un aggravamento della situazione dei conti pubblici escluda in caso di pericolo l’Italia dallo strumento anti spread TPI lascia perplessi. Scaramanzia?

Elezioni: il voto economico, quelli del gas e quelli del nucleare

Proprio il tema dell’energia divide però i partici e le coalizioni.

Nel programma della coalizione di centrodestra la parola energia ricorre quattro volte e si propongono un “efficientamento dell’utilizzo dei fondi europei con riferimento ai costi dell’energia e delle materie prime”, buoni energia tra le opzioni per la defiscalizzazione e incentivazione del welfare aziendale, un aumento della produzione da energia rinnovabile e persino un piano per l’autosufficienza energetica che incoraggerebbe anche la riattivazione dei pozzi di gas naturale, la promozione dell’efficientamento energetico, il sostegno alle politiche di price-cap europee, il ricorso al nucleare di ultima generazione “pulito e sicuro”.

Sette le occorrenze della parola energia nel programma del Pd: si sostiene un più rapido passaggio nei trasporti dalla gomma al ferro e all’acqua (ossia treni e navi), l’installazione di almeno 100 mila colonnine elettriche di 30 mila punti di ricarica rapida entro il 2027 e lo stoccaggio di energia lungo autostrade e strade.

Su questo tema il Pd è per una logica europea che allarghi gli interventi istituzionali UE all’ambito energetico oggi lasciato all’iniziativa degli Stati. Sul delicato tema dei rigassificatori, il Partito Democratico afferma che oggi il loro impiego è necessario, ma finita l’emergenza dovrebbero essere smobilitati ben prima del 2050. Il Pd propone, visti i noti “attriti” sui territori sull’argomento, l’istituzione di un Fondo Nazionale Compensativo Anti-Nimby per il dialogo e le compensazioni sui territori.

Ovviamente c’è una spinta sulla transizione energetica e tra le misure si propone una ”luce sociale” per le famiglie con redditi medi e bassi, con un contratto di fornitura basato sugli acquisti dell’Acquirente Unico di durata decennale per ridurre i prezzi: potrebbe elargire 1.350 KWh/anno per famiglia gratuitamente, coprendo così la metà circa del consumo medio.
Il nucleare è considerato una strada fallace da non percorrere.

Sul tema dell’energia M5S promuove il “Superbonus” edilizio e le Comunità Energetiche che “meritano di diventare strutturali”. L’importanza dell’efficientamento energetico giunge al modello di una “società dei 2000 watt”. M5S si allinea agli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e al Piano per la Transizione Ecologica (PTE) 2030, oltreché ai target di decarbonizzazione dell’Unione Europea.

Il nuovo mix energetico italiano dovrà privilegiare le rinnovabili e favorire la decarbonizzazione dei settori produttivi attuando anche misure di mitigazione con il maggior ricorso all’assorbimento di CO2 sui suoli forestali, agricoli, delle aree marine e verdi urbane.

Ribadita la condanna dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD), promosse le smart grid per la rete a media tensione e le comunità energetiche rinnovabili. In ambito regolatorio M5S auspica un superamento delle attuali ripartizioni dell’Emissions Trading System (ETS), l’infrastruttura fiscale europea sulle emissioni dei settori energivori e il trasporto aereo.

Promossi anche i PPA (Power Purchase Agreements), ossia gli accordi di acquisto di energia pulita tra imprese e generatori, bocciati invece il nucleare (“non adatto per effettuare la transizione energetica”) e l’attuale sistema del marginal price e della definizione del PUN (Prezzo Unico Nazionale dell’Energia ndr) ai quali si preferirebbe il calcolo del costo medio reale del parco di generazione disponibile. Anche M5S è a favore di price cap europeo sul gas. Bocciato il ricorso emergenziale al carbone e ai giacimenti di gas italiani in questa fase, M5S intende limitare ulteriormente eventuali nuove trivellazioni.

Sull’energia Azione-Italia Viva (il cartello di Calenda e Renzi) ha idee diverse e ha stilato obiettivi di breve, medio e lungo periodo. Via libera ai due rigassificatori, riattivazione e potenziamento dei giacimenti nazionali di gas, rafforzamento delle rinnovabili con semplificazioni a più livelli, garanzie statali su nuova produzione di energia rinnovabile delle imprese e aiuti diretti contro il caro energia al corporate, price cap europeo, interventi sul costo della CO2 sono gli interventi di breve periodo che Azione formula con l’obiettivo di raggiungere l’indipendenza dal gas russo.

La seconda fase prevede un ampio (ma misurato) potenziamento delle rinnovabili che dovrà tenere conto dell’obiettiva necessità di ricorrere da subito a sistemi di cattura della CO2 emessa dalle centrali termoelettriche se si vuole raggiungere l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di anidride carbonica nel 2030 rispetto al 1990. Approvato anche un ampio ricorso alle comunità energetiche.

Via libera al nucleare nel mix italiano e agli efficientamenti/potenziamenti soprattutto nei settori dei trasporti, dell’edilizia e delle foreste. Investimenti sul trasporto su ferro (e quindi sulle relative infrastrutture) anche urbano; diffusione del teleriscaldamento; gestione delle foreste in ottica di decarbonizzazione (già oggi assorbono il 10% della CO2, ma si potrebbe salire al 30%).

L’Alleanza Verdi e Sinistra punta tutto sulle rinnovabili e ipotizza un piano che impegni l’Italia all’uscita dalla generazione a gas entro il 2035. Per l’Alleanza andrebbero anche eliminati i combustibili fossili dalle case con il ricorso a pompe di calore, efficienza energetica e rinnovabili, superando anche le persistenti deroghe al ricorso al gasolio per il riscaldamento domestico. Questo passerebbe anche dalla revisione degli incentivi all’efficienza energetica con l’esclusione delle caldaie a gas, l’inclusione di tutte le fasce sociali con accesso prioritario alle più deboli e l’obiettivo di un efficientamento energetico almeno in  classe C.

L’Alleanza è per lo sfruttamento emergenziale di tutte le infrastrutture gas esistenti (stoccaggi, gasdotti, rigassificatori), prima di considerare la realizzazione di nuove infrastrutture dello stesso tipo. Priorità per le vendite di gas dall’Italia al mercato interno; via libera al price cap.