Eni, gli scossoni del greggio colpiscono il titolo

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Lo scenario dei prezzi rimane imprevedibile come Trump e il Medioriente e minaccia quindi da vicino anche le quotazioni di Eni

Eni, gli scossoni del greggio colpiscono il titolo

In un periodo normale in queste ore parleremmo di Eni e dei nuovi investimenti da 2 miliardi di euro di Ares Management. Sottolineeremmo che con quelle valutazioni per il 20% del capitale, l’ammiraglia green Plenitude è ormai valutata 10 miliardi in termini di equity value e 12 miliardi in termini di enterprise value (includendo il debito), ricorderemmo il 10% già controllato da EIP dopo il closing del 31 marzo scorso, quando ancora Plenitude era valutata 8 miliardi in termini di equity value. Poi parleremmo dell'offerta base di 588,5 milioni di euro per gli asset di Acea Energia che fatturano 1,7 miliardi e fanno utili da 64 milioni.

Eni, il titolo su livelli grafici fondamentali

Ma non sono tempi normali e i terremoti della politica internazionale e del Medioriente scuotono le quotazioni del petrolio greggio e quindi anche di Eni, che nel pomeriggio segna un ribasso del 2,78% a 13,83 euro dopo avere aperto la seduta con un gap down che d’un colpo riportava i prezzi ai valori del 12 giugno: opening a € 13,71, minimo a 13,58 euro praticamente quasi sui massimi del 14 maggio a 13,55 euro.

Appena più giù a 13,42 euro, esattamente sulla metà di tutto il ritracciamento del calo tra i massimi del 12 aprile 2024 a 14,81 euro e i minimi del 9 aprile 2025 a soli 11,01 euro si trova un livello chiave da monitorare con estrema attenzione.

Si tratta dei 13,42 euro che proprio oggi ospitano la media mobile a 50 sedute e quella a 100 sedute. Oggi si incrociano positivamente (la più breve supera appena la più lunga) stranamente in una seduta in cui invece, come visto prevalgono nettamente le vendite.
Un’altra media di rilievo di lungo periodo, quella esponenziale a 200 sedute, di fatto ha arginato gli affondi sui citati minimi a 13,58 euro da cui oggi è in transito.

Eni, nell'altalena del petrolio il vero fattore chiave

Tecnicamente insomma sono movimenti da monitorare con cura. Anche se poi il vero motore dei prezzi – come si accennava, è da tutt’altra parte.

Nel petrolio, in quel Brent che perde il 4,59% e si riporta a 68,2 dollari al barile, mentre il WTI passa di mano a 65,32 dollari (-4,66%).

Dietro c’è la tregua di 12 ore che Trump sta cercando di imporre tra Iran e Israele con inusitata fatica. C’è quel “Israele riporta a casa i tuoi piloti adesso!”, rabbiosamente inserito su Truth.

C’è il vertice della Nato in corso per convincere gli Alleati e gli ospiti fissi del Pacifico come Giappone e Corea del Sud, che Washington dà ancora le carte e può mantenere basso il prezzo del petrolio e scongiurare il blocco dello stretto di Hormuz da parte di Teheran.

Sicuramente con il 43% dell’export mondiale di armi negli ultimi 4 anni e con l’esercito di gran lunga più potente del mondo gli Stati Uniti, anche dopo gli ultimi attacchi alle basi nucleari iraniane, hanno dimostrato di essere sul piano militare i leader assoluti. Ancora una volta, senza alcun dubbio.
Persino la volatilità dei mercati con il calo del VIX (‘l’indice della paura’) a 18,11 punti (-8,67%) sembra confermare una rapida stabilizzazione.

Eppure rimane la sensazione che le circostanze abbiano forzato Washington più di quanto non volesse.
Rimane l’impressione che un potenziale esplosivo di incertezza e imprevedibilità rimanga inespresso e in agguato, a minacciare i ribassi odierni delle quotazioni del petrolio, il titolo Eni e molto di più, tutti i maggiori equilibri politici e finanziari.