Cara Europa, datti da fare per contare di nuovo

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
3 min

In un mondo multipolare, contano meno le parole e più la capacità di incidere: l’Europa rischia di restare spettatrice, se non ritrova il coraggio di agire

Cara Europa, datti da fare per contare di nuovo

Cara Europa, datti da fare per contare di nuovo

Attribuire il cessate il fuoco di Gaza a una vittoria della diplomazia è un errore di prospettiva.
Non ha vinto la diplomazia, ha vinto la forza. E spesso, la forza che non si vede.

Gran parte delle trattative per fermare il conflitto non sono passate per ambasciate o tavoli ufficiali, ma per i servizi segreti: l’Egitto con il Mukhabarat, la Turchia con il proprio apparato di intelligence, Israele con emissari dello Shin Bet, e gli Stati Uniti attraverso figure scelte più per il loro peso politico e relazionale che per il ruolo diplomatico.

La diplomazia funziona solo se sostenuta da potere reale

Il messaggio è chiaro: nel mondo di oggi la diplomazia funziona solo se sostenuta da potere reale.
Non è un caso che Israele, pur isolato in sede ONU, esca da due anni di guerra come una potenza militare regionale più forte di prima. E non è un caso che a spingere Hamas verso il cessate il fuoco siano stati soprattutto i Paesi sunniti, che hanno preferito contenere l’influenza iraniana e ristabilire un equilibrio regionale.

La realtà è che la crisi del multilateralismo tradizionale è ormai sotto gli occhi di tutti.

Le istituzioni nate per garantire pace e cooperazione — dall’ONU all’Unione Europea — sembrano spesso marginali di fronte a un mondo che si muove per alleanze tattiche, interessi energetici, equilibri militari.

E qui entra in gioco l’Europa

Perché, in un contesto sempre più competitivo e frammentato, la sua assenza pesa più della sua presenza. L’Unione è rimasta spettatrice, senza capacità di influenza né voce autonoma. Eppure proprio oggi, tra crisi energetiche, guerre ai confini e una crescente assertività delle grandi potenze, l’Europa avrebbe bisogno di tornare protagonista — non per potenza militare, ma per credibilità strategica e capacità di visione.

Per contare nel mondo non basta avere principi, bisogna avere forza, coesione e realismo.

La diplomazia da sola non basta più. Serve una politica estera che sappia parlare anche il linguaggio del potere.

La debolezza politica dell’Europa ha effetti sui mercati finanziari

La fragilità politica dell’Europa sta diventando un tema che i mercati non possono più ignorare.

L’assenza di una leadership forte, capace di incidere davvero sui grandi scenari globali — dalle tensioni in Medio Oriente al ritorno di Trump, fino alla guerra in Ucraina — indebolisce la percezione dell’Europa come blocco coeso e affidabile.

Questo non provoca un crollo immediato delle borse, ma erode lentamente la fiducia degli investitori internazionali. Mentre gli Stati Uniti mostrano una direzione chiara e una politica industriale potente, l’Europa continua a muoversi tra compromessi e veti incrociati.

Il risultato è un “premio al rischio” implicito: più incertezza, meno capitali in ingresso, valutazioni più basse.

A livello valutario, la debolezza politica si traduce spesso in un euro fragile, che aiuta le esportazioni ma riflette una fiducia strutturalmente limitata.

In sintesi, le borse europee restano solide sul piano tecnico, ma senza un rafforzamento politico rischiano di restare mercati da dividendo, più che da crescita.

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