Eurovita, la soluzione di un sistema che scricchiola
pubblicato:Cinque grandi compagnie assicurative subentreranno, una trentina di banche al lavoro, un accordo senza troppi dettagli per 353 mila clienti e 250 dipendenti, ma i risparmiatori dovranno aspettare il 31 ottobre. C'è un passo avanti in extremis, ma molti dettagli restano da chiarire

Tutti per uno e uno per tutti. Finché c’è Eurovita c’è speranza e così anche questa volta in extremis una soluzione di sistema per la malmessa compagnia assicurativa è stata raggiunta, con la partecipazione di tutti quelli che contano e anche con qualcosa di più, vista la capillare rete di distribuzione della compagnia che non snobbava le banche più piccole, anzi remunerava la rete di distribuzione con laute retrocessioni.
In sintesi vengono confermate le indiscrezioni della scorsa settimana. I cinque big dell’insurance tricolore si sono messi d’accordo e subentreranno alla compagnia milanese finita sotto il commissario straordinario Alessandro Santoliquido.
Qualche novità però c’è. Qualche dubbio pure. Facciamo il punto.
Eurovita, la soluzione trovata
Allianz, Intesa Vita, Generali Italia, Poste Vita, Unipol SAI, ossia le prime cinque compagnie assicurative italiane subentreranno ad Eurovita nelle polizze con i clienti.
Non sarà un ingresso diretto e immediato, ma un ingresso che passerà dal passaggio intermedio di una newco, una nuova società partecipata dai cinque cavalieri bianchi di cui sopra, che subentrerà nei rapporti assicurativi di Eurovita.
L’intesa tra queste compagnie e le numerose banche distributrici è stata faticosissima, ha richiesto dei mesi ed è giunta in extremis (proprio alla scadenza del 30 giugno), è giunta però e quindi in teoria si volta pagina.
Le banche sono tante appunto, ma ancora non tutte. Al momento si contano comunque 25 istituti anche di notevole dimensione (in ordine alfabetico: Banca Agricola Popolare di Ragusa, Banca di Credito Popolare, Banca di Piacenza, Banca Fideuram, Banca Investis, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca Popolare di Lajatico, Banca Popolare di Puglia e Basilicata, Banca Popolare Sant’Angelo, Banca Profilo, Banco Desio, BNL, Cassa di Risparmio di Volterra, Cassa Lombarda, FinecoBank, Finint Private Bank, Gruppo Banca Monte dei Paschi di Siena, Gruppo BCC Iccrea, Gruppo Cassa Centrale Banca, Gruppo Cassa di Risparmio di Bolzano, Gruppo Credem, Gruppo Credit Agricole, Gruppo Unicredit, Mediobanca, UBS EUROPE SE – Succursale Italia) e i grandi gruppi quotati Banco BPM, MPS, BPER, Credit Agricole, Intesa Sanpaolo e Mediobanca.
Non si sa molto di più, quote, costi dell’operazione, numero polizze coinvolte per i vari istituti e altri dettagli non sono stati diffusi.
Eurovita, i soldi e le polizze in gioco
Si sa che il totale delle polizze interessate ammonta a circa 15 miliardi di euro, 9 miliardi per le gestioni separate e 6 miliardi per le unit linked. L’ammontare complessivo dell’operazione, nel senso dei pagamenti che saranno effettuati dalle cinque big dell’assicurazione intervenute per salvare i contratti, dovrebbe essere di circa mezzo miliardo di euro.
Passano di mano circa 413 mila contratti sottoscritti da circa 353 mila clienti.
A quanto pare non è previsto un intervento pubblico sul caso, la cui soluzione, ancorché promossa da Ministero dell’Economia, Ministero delle Imprese, IVASS e Banca d’Italia, con l’aiuto dell’advisor Vitale, dovrebbe quindi essere interamente a carico dei privati, le compagnie appunto, che cercano di salvare il salvabile di una vicenda che ha messo in cattiva luce l’intero comparto assicurativo.
Tanto che il tema si è rapidamente approfondito a un’analisi di settore e ha rilanciato il dibattito anche europeo sui possibili schemi di salvataggio nel comparto assicurativo.
Il dibattito in realtà in sede europea è già stato avviato da tempo e ha visto a dicembre un accordo in Consiglio europeo sulla proposta IRRD (Insurance Recovery and Resolution Directive), che vorrebbe, ma è ancora in fase di approvazione e di dibattito, applicare anche al comparto assicurativo meccanismi certi di intervento a livello europeo, ovviamente in coordinazioni con le varie autorità nazionali.
Finora si è agito sul Solvency II, in pratica sulla richiesta di un capitale di sicurezza alle assicurazioni, e proprio quest’anno importanti novità sulla contabilizzazione sono entrate in vigore dal primo gennaio con l’attuazione delle linee guida EIOPA che impongono nuovi sistemi di valutazione delle riserve tecniche e limiti di contratto che già stanno scuotendo il settore.
In definitiva i lavori in corso già ci sono, ma all’appuntamento per il varo del nuovo quadro Eurovita non ci sarà perché sarà già stata fatta a spezzatino dalle grandi assicurazioni e dalle grandi banche. Il quadro per gli assicurati però rimane per certi versi ancora incerto.
Eurovita, per i riscatti slitta la scadenza al 31 ottobre
Se è vero infatti che i contratti assicurativi in questa maniera dovrebbero essere salvati, il blocco dei riscatti, con l’eccezione della previdenza complementare, ha subito un’ulteriore grave proroga.
Fino al 31 ottobre, mentre prima si era ipotizzato luglio, poi settembre e ora appunto la fine di ottobre.
È da segnalare che l’impossibilità di riscattare anticipatamente i propri contratti, magari per allocare le risorse verso portafogli più redditizi è già un danno notevole per gli assicurati.
Come evidenzia Ferruccio De Bortoli oggi sul Corriere della Sera, con questo livello dei tassi la remunerazione dei BTP ha scavalcato tante classiche unit linked che remuneravano con notevoli garanzie anche in tempi di tassi a zero.
Le giustificazioni del caso appaiano fragili.
Soprattutto perché a oggi gli assicurati che avevano un regolare contratto non possono uscire alle condizioni previste e devono aspettare ancora, mentre il contesto di mercato si evolve a loro sfavore.
Chi li ripagherà?
I grandi gruppi bancari hanno fornito una linea di credito alle banche più piccole per far fronte alla prevedibile ondata di riscatti che il rinvio a fine ottobre ha soltanto posticipato.
Se anche avesse ragione Laura Serafini sul Sole 24 Ore e i riscatti si limitassero a un 20-30% e si applicassero ai ben 9 miliardi di euro di polizze a capitale garantito in pancia a Eurovita, è probabile che una miriade di piccole banche sia chiamata a rinegoziare le posizioni di diversi assicurati.
Serviranno alternative d’investimento meno penalizzanti, sbocceranno nuove polizze e prodotti finanziari che dovranno evitare il riscatto totale delle posizioni, di certo ci saranno dei costi e molte fuoriuscite, magari giustamente risentite.
Moltissimi dettagli sono da definire, il prestito ponte che i grandi istituti avrebbero fornito ai piccoli per bilanciare i futuri riscatti sarebbe di 6 miliardi di euro, a loro volta le compagnie assicurative avrebbero ottenuto condizioni di mercato per gli anticipi sulle somme a rischio, tassi del 4% annuo per 8 anni.
Non è neanche chiaro al momento il destino del personale di Eurovita, parliamo di circa 250 dipendenti della compagnia, che secondo le indiscrezioni dovrebbero andare nelle compagnie assicurative che acquisiranno le nuove polizze, ma su cui i comunicati ufficiali non hanno fatto chiarezza.
Rimangono insomma parecchie incertezze da chiarire e l’intesa raggiunta venerdì scorso alla scadenza sembra davvero una tappa importante, ma ancora molto simbolica e poco operativa.
Per chi voleva riscattare la polizza l’orizzonte di certezza su un salvataggio dell’investimento è un sollievo leggero che però va bilanciato con un rinvio della concreta possibilità di riscatto al 31 ottobre.
Da qualunque prospettiva la si veda è andata male, poteva andare peggio, ma è andata comunque molto male e il sistema di controlli e verifiche è fallito, l’insieme di norme a tutela dei clienti delle compagnie assicurative, che dovrebbe essere il più solido in assoluto e particolarmente per i rami vita, ha fallito miseramente.
A poco giova che l’Ivass si sia accorta, mentre le mutate condizioni di mercato rendevano più sfavorevole alle assicurazioni l’operatività, che Eurovita aveva debolezze specifiche indicate dallo stesso presidente nell’inadeguata gestione dei rischi, nella limitata dotazione di capitale e nel disimpegno degli azionisti.
Le giustificazioni del giorno dopo mortificano l’attività di vigilanza e lo stesso sistema di regole nazionali e internazionali. Tutto il complesso sistema del Solvency II ha chiaramente fallito e scoprire adesso che forse era meglio non affidare una compagnia assicurativa a un private equity britannico che per giunta non ha ricapitalizzato quando era necessario è veramente inutile.
Bisognava in tutti i casi accorgersi prima, degli squilibri nella politica degli investimenti, dei rischi dell’assetto proprietario, dell’inadeguatezza del capitale, del fatto che una struttura fragile sarebbe stata esposta più di altre alle mutate condizioni di mercato, che quel genere di proposta alla clientela andava monitorata perché a rischio in condizioni di mercato, quelle del rialzo dei tassi e dei rendimenti dei titoli di Stato, che erano da tempo ampiamente prevedibili alla luce di un’inflazione esplosa ben prima della crisi in Ucraina. Ora si ragionerà sulla possibilità di attuare schemi di risoluzione anche nel mondo assicurativo.
Quelli del mondo bancario sono stati figli della Grande Crisi Finanziaria con cui il piccolo caso di Eurovita non ha certo alcuna comparabilità. Per gli investitori però sarebbe necessario, ma come noto la stabilità finanziaria e quindi la tenuta delle compagnie e degli istituti di credito, hanno quasi sempre una precedenza sulle istanze del pubblico indistinto. Prova ne sia il fatto che il maggior buco nell’Unione Bancaria in Europa rimane uno schema unico di tutela dei depositi.
Auspicare che adesso le assicurazioni facciano un salto di qualità tale da sorpassare persino le banche che si rigirano tra nuove norme da 15 anni è forse troppo ottimistico. Come per loro in questi anni, probabilmente il motto più saggio quello di fare un passo alla volta. Intanto i contratti dovrebbero essere salvi, i soldi arriveranno, dopo, ma arriveranno. Si spera.