Fed divisa e mercati in tensione: il difficile equilibrio tra inflazione e crescita
pubblicato:Sp500 ancora in trend rialzista di lungo periodo, ma la fragilità macro aumenta l’incertezza

La Federal Reserve è sempre più divisa: tra stagflazione, dati mancanti e un S&P 500 ancora strutturalmente rialzista
La settimana appena trascorsa ha confermato una verità ormai evidente: la Fed non è più un blocco compatto, e il mercato lo sa. L’incertezza sulla decisione del 10 dicembre è infatti ai massimi da inizio anno. L’esito non è più scontato — e i prezzi lo stanno riflettendo.
Una Fed spaccata come non accadeva da anni
Le tensioni interne al FOMC non sono un dettaglio tecnico, ma un segnale della complessità dell’attuale contesto macro:
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L’economia USA vive una fase che sempre più osservatori definiscono come “mini-stagflazione”: inflazione non domata (l’ultimo dato ufficiale vedeva un 2,9%), mercato del lavoro in rallentamento e crescita che mostra crepe.
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La divisione della Fed nasce da un dilemma: qual è il rischio maggiore?
➤ Inflazione persistente (tema caro ai falchi)
➤ O un mercato del lavoro in indebolimento (tema caro alle colombe)
L’assenza di dati ufficiali per oltre un mese, causa shutdown, ha spinto ognuno nel proprio angolo: i falchi hanno potuto citare aneddoti e sondaggi privati che confermavano le loro paure, i colombe non hanno avuto dati freschi per sostenere la narrativa del rallentamento.
Il risultato? Una frattura profonda e non facile da ricucire.
Il nodo di dicembre: tagliare o non tagliare?
Quando a settembre la Fed tagliò i tassi, la maggioranza dei membri vedeva altri due tagli entro fine anno (ottobre + dicembre).
Ottobre è arrivato, il taglio pure, ma:
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si è trattato della decisione più combattuta dall’inizio del ciclo
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il dissenso interno (Schmid, Logan, Hammack) è salito improvvisamente
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Powell in conferenza stampa ha dovuto frenare con tono insolitamente duro:
"Un taglio a dicembre non è affatto una conclusione scontata."
Il mercato — che a inizio ottobre vedeva il taglio come certo al 94% — oggi lo prezza come un coin flip, al 50%.
Tariffe, mercato del lavoro e il fantasma del 1970
Le ragioni dello scontro interno ruotano intorno a tre grandi nodi:
1️⃣ Le tariffe stanno alimentando un’inflazione “non transitoria”?
I falchi temono che nel 2025 molte aziende trasferiranno i costi ai consumatori.
2️⃣ Il rallentamento dell’occupazione è domanda o offerta?
Se è domanda che cala ➜ tassi alti rischiano di generare recessione.
Se è offerta che si riduce (meno immigrazione) ➜ tagliare tassi significa rischiare di scaldare troppo l’economia.
3️⃣ I tassi sono davvero ancora restrittivi?
Il livello 3,75%-4% potrebbe essere già vicino alla “neutralità”.
Queste fratture sono esattamente ciò che sta creando incertezza sui mercati.
Il grafico di lungo termine dello S&P 500 dice però un’altra cosa
Guardando al grafico settimanale dello S&P 500 dal 2009 ad oggi — con le medie mobili esponenziali a 10, 20 e 50 settimane — emerge un quadro molto meno drammatico:
✔ Il trend rialzista di lungo periodo rimane intatto
Anche nella fase attuale di volatilità:
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i prezzi mantengono una struttura crescente
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la EMA 10 settimane continua a funzionare come primo supporto dinamico
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la EMA 20 settimane funge da guida del trend
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la EMA 50 settimane resta la “linea del ciclo”, lontana e ascendente, servirebbero ribassi molto estesi per creare una crepa significativa nella tendenza rialzista di lungo termine
Le correzioni attuali sono coerenti con un bull market maturo
Movimenti del -5%/-7% sono stati fisiologici in tutto il percorso dal 2020 in avanti.
La volatilità di ottobre/novembre non rappresenta una rottura strutturale.
Non c’è nessun segnale di inversione di medio-lungo periodo
Per parlare di inversione servirebbe:
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una chiusura settimanale sotto la EMA 20w
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confermata da una rottura della EMA 50w
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accompagnata da volumi in aumento
Nulla di tutto questo sta accadendo e difficilmente accadrà nel prossimo futuro.
Il paradosso del mercato: dati incerti, trend ancora forti
I mercati stanno vivendo un paradosso quasi unico:
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La Fed è nel caos interno,
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i dati macro sono arrivati in ritardo,
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gli investitori temono valutazioni esagerate sul comparto tech,
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…ma gli indici restano vicini ai massimi storici.
Il motivo?
Due forze contrapposte:
🟥 Rischi al ribasso
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valutazioni tech elevate
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incertezza politica (shutdown + dazi + elezioni in arrivo)
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dati macro distorti
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falchi Fed più vocali
🟩 Opportunità al rialzo
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economia USA che continua, comunque, a crescere
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solidità degli utili corporate
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trend strutturale di lungo periodo ancora fortemente rialzista
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buy-the-dip ancora vivo (lo abbiamo visto venerdì con il Nasdaq)
Conclusione: la Fed è divisa, ma il mercato resta costruttivo
Il sistema è sotto stress, ma non in deterioramento.
Il quadro generale è chiaro:
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La battaglia dentro la Fed non è solo tecnica, è strategica.
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Il 2025 sarà l’anno del dibattito su stagflazione vs. ciclo espansivo.
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Nel frattempo, lo S&P 500 continua a seguire il suo trend secolare.
Finché le medie mobili settimanali reggono, l’impostazione rimane rialzista nel lungo periodo, con volatilità fisiologica nel breve.
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