Intelligenza Artificiale, ecco cosa ha detto Mario Draghi

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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A un anno dal rapporto sulla competitività l'ex premier indica le ancora le sfide per l'AI in Europa. Tutte strategiche

Intelligenza Artificiale, ecco cosa ha detto Mario Draghi

L’intelligenza artificiale come leva della competitività e fattore fondamentale nella complessa equazione sul futuro dell’energia europea è sempre stata al centro dell’analisi di Mario Draghi sullo stato dell’Europa.

Ieri, a un anno dalla presentazione del suo rapporto, mentre denunciava le minacce dell’inazione non solo alla competitività ma anche alla nostra sovranità, il tema dell’AI non è mancato.

AI, senza un'azione comune non si fa scala

Qualcosa si è fatto, ma manca ancora un percorso chiaro per il finanziamento degli investimenti necessari, che nel frattempo sono balzati da 800 a 1.200 miliardi di euro (43% la quota immaginata per il pubblico, quasi il doppio).

Due le trappole in questa durissima fase. Sforzi nazionali non coordinati, che mettono a rischio il raggiungimento di quella scala che sola potrebbe difenderci dai colossi economici di Stati Uniti e Cina; una cieca fiducia nella forza costruttiva del mercato che potrebbe deludere le nostre speranze.

Il debito comune per i progetti di crescita congiunta resta essenziale, ma senza l'ok di Germania e Olanda, anche chimerico.

AI, qualcosa in Europa succede

Draghi ricorda che spesso è l'AI definita come una “tecnologia trasformativa”, ossia capace di cambiare tutto come l’elettricità 140 anni fa.
Il suo successo però dipende dalla gestione di almeno altre quattro tecnologie: il cloud per la conservazione di enormi quantità di dati; il supercomputing per l’elaborazione dei dati; la cybersecurity per la protezione dei settori sensibili e dei network avanzati per unire tutto questo (5G, fibra, satellite…).

L’Europa ha fatto qualche passo avanti su questi fronti. Ci sono già piani per almeno 5 gigafactory per l’AI, ciascuna con oltre 100 mila GPU avanzate. Entro 7 anni la capacità dei data center dovrebbe raddoppiare. Entro la fine dell’anno è attesa una profonda riforma del settore delle comunicazioni.

Il recente investimento del colosso olandese delle attrezzature per la produzione di chip ASML nel big francese dell’intelligenza artificiale Mistral è un segnale importante. Ha valutato 11,7 miliardi l’unico grande operatore europeo dell’AI e ha gettato un ponte da 1,3 miliardi di euro con quell’eccellenza globale assoluta della produzione di processori che è l’olandese ASML. Una società la cui tecnologia è un pilastro del valore della taiwanese TSMC e quindi della statunitense Nvidia, per intendersi.

Resta poco da aggiungere: è il primo unicorno francese, ma perché la seconda economia europea ha dovuto aspettare così tanto per avere una startup tecnologica miliardaria?

I numeri di Draghi confermano. Se si prendono i grandi modelli di fondazione (Large Foundation Model); ossia le reti neurali di deep learning alla base dei vari prodotti di intelligenza artificiale generativa, negli Stati Uniti se ne contano 40, in Cina 15 e in Europa appena 3 (i dati vengono dal report 2024 sull’AI dell’Università di Stanford).

L’applicazione dell’intelligenza artificiale tra le piccole e medie imprese UE è ferma al 13-21% e gli apporti della proprietà intellettuale europea sono minimi. C’è molto lavoro da fare per abbattere le barriere tra Stati membri anche nel campo dell’AI, il rafforzamento a 175 miliardi di euro di Horizon Europe è un passo, ma servono processi seri di selezione e concentrazione dei finanziamenti nei progetti più meritevoli e capaci di fare scala.

Servono anche, secondo Draghi, importanti modifiche nel campo delle regole. La GDPR sulla privacy ha aumentato del 20% il costo dei dati in Europa rispetto alla concorrenza Usa, servono passi decisi verso la semplificazione e l’armonizzazione, delle deroghe per PMI e mid-cap.
Le linee guida della Commissione Europea ad agosto hanno chiarito il complesso quadro creato dall’AI Act, ma secondo Draghi il prossimo passaggio, ossia la copertura del rischio collegato all’AI in settori sensibili come le infrastrutture e la sanità, deve essere proporzionato e salvaguardare innovazione e sviluppo. Forse è meglio una pausa di riflessione.

Altrettanto strategico è, per Draghi, il tema dell’integrazione verticale dell’AI con l’industria. C'è un’eccellenza europea: più di metà del mercato mondiale dell’automazione industriale è in Europa, eppure soltanto il 10% circa delle imprese manifatturiere europee ha usato l’AI l’anno scorso. Un paradosso molto significativo.

E servono delle strategie di tutela e lo sviluppo della proprietà intellettuale europea nel digitale.

AI, per l'Europa anche l'energia è una sfida

C’è poi il pilastro dell’energia: ancora oggi paghiamo il gas naturale a multipli dei prezzi degli Stati Uniti che ce lo vendono. Se la domanda di elettricità derivante dai data center aumenterà del 70% entro il 2030 (ossia in 5 anni appena), con l’energia che compone il 40% dei costi operativi di un centro dati, rischiamo di spegnerci. Anche la rete potrebbe diventare una barriera insormontabile.

Così si arriva ancora al problema del disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità da quelli del gas, che significa contratti di acquisto a lungo termine (PPA, Power Purchase Agreement) e Contratti per differenza “a due vie”. Se ne è accorto anche il GSE italiano che ha avviato una consultazione a luglio. Tutto si tiene insomma e riporta sempre agli stessi nodi.

Un altro è l’Antitrust europeo che impedisce attualmente, sulla base delle barriere nazionali, di costruire giganti competitivi su scala globale, eppure ci sarebbe l’IPCEI, lo strumento dei progetti strategici UE.

Un modello potrebbe essere il Rapidus del Giappone, che sta puntando tutto su un unico colosso dei semiconduttori per fare scala nella tecnologia chiave dei chip avanzati.

Il procurement pubblico – che in Europa fa il 14% del Pil - potrebbe fare la differenza, per stabilizzare la domanda dove serve e concentrare le risorse nei settori strategici dove servono scala, risorse, cicli capital-intensive.

Diventa sempre più basilare la velocità, secondo Draghi, non tanto per competere, solo per avere una chance.
Nell’Europa che non riesce a fondere due banche di Paesi diversi, forse serve un po’ più di intelligenza tout court.