Intelligenza artificiale: la nuova infrastruttura del capitalismo digitale

di Alessandro Magagnoli pubblicato:
5 min

La rivoluzione AI entra nella fase di selezione naturale: solo chi saprà trasformare la potenza di calcolo in profitti sostenibili manterrà la leadership globale

Intelligenza artificiale: la nuova infrastruttura del capitalismo digitale
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Tech Titans e il paradosso dell’AI: cresce tutto, ma crescono anche i costi

La stagione delle trimestrali nel settore tecnologico americano ha confermato un quadro ormai chiaro: l’intelligenza artificiale è la nuova corsa all’oro, ma la ricerca della leadership globale comporta una pressione finanziaria senza precedenti.

Meta, Google e Microsoft — i tre colossi che guidano la trasformazione digitale — hanno tutti pubblicato risultati record. Tuttavia, nonostante le performance operative e le prospettive di crescita, i mercati hanno reagito in modo contrastante: il focus si è spostato dai ricavi ai capex (spese in conto capitale), ovvero sull’enorme quantità di risorse che le Big Tech stanno bruciando per costruire l’infrastruttura dell’AI.


Meta: ricavi record, ma il mercato guarda ai costi del “super cervello”

Meta Platforms ha registrato nel terzo trimestre ricavi record per 51,2 miliardi di dollari, in crescita del 26% su base annua. Tuttavia, nonostante i numeri impressionanti, il titolo è crollato di oltre l’8% nel dopo mercato.

Il motivo? La società di Mark Zuckerberg ha avvertito che le spese in conto capitale accelereranno “aggressivamente” nel 2026, con una crescita molto più rapida rispetto al 2025.

Zuckerberg ha spiegato che questo sforzo è necessario per sostenere l’ambizioso progetto di “superintelligence”, ossia un’intelligenza artificiale in grado di superare le capacità umane.
Secondo le sue parole:

“È la strategia giusta quella di anticipare la costruzione di capacità computazionale. Se la superintelligenza arriverà prima del previsto, saremo pronti per un cambio di paradigma generazionale.”

Meta ha quindi deciso di “front-loadare” gli investimenti — spendere ora per essere pronta a sfruttare la prossima rivoluzione tecnologica.
Il rovescio della medaglia è che i margini ne risentono: il colosso ha segnalato una crescita delle spese strutturali, in particolare per data center, infrastrutture e talenti AI, con compensi che in alcuni casi superano centinaia di milioni di dollari.

Secondo alcune stime, Meta potrebbe raggiungere nel 2026 capex vicini ai 100 miliardi di dollari, rispetto ai circa 72 miliardi previsti per quest’anno.

Zuckerberg ha persino menzionato piani per investire 600 miliardi di dollari in data center entro il 2028, una cifra che mostra l’enormità della scommessa.

Nel frattempo, la società ha continuato a ristrutturare la propria divisione AI, con acquisizioni strategiche (come la partecipazione del 49% in Scale AI) e con il lancio del nuovo centro “Hyperion” da 27 miliardi di dollari in Louisiana.

È una scommessa titanica: se il futuro dell’AI esploderà come previsto, Meta potrà raccoglierne i frutti; in caso contrario, rischia un eccesso di capacità costosa e sottoutilizzata.


Google: l’AI traina cloud e pubblicità, ma la spesa esplode

Alphabet, la casa madre di Google, ha invece convinto il mercato.
Il gruppo ha riportato ricavi record per 102,3 miliardi di dollari, in aumento del 16%, con un utile netto di 35 miliardi (+33%). La spinta principale è arrivata dal cloud computing (+34%) e dalla pubblicità digitale, segno che l’ecosistema AI sta rafforzando anche il core business storico dell’azienda.

Tuttavia, anche qui la crescita ha un prezzo: Google prevede di investire fino a 93 miliardi di dollari in capex nel 2025, quasi il doppio rispetto al 2024.

Gran parte di queste risorse verranno destinate a nuovi data center per l’addestramento dei modelli AI, necessari per supportare prodotti come Gemini, il chatbot che ora vanta oltre 650 milioni di utenti mensili.

Un altro elemento chiave è il ruolo geopolitico e competitivo di Google: il colosso ha appena evitato sanzioni pesanti nel processo antitrust americano, e la decisione del giudice Mehta — che ha riconosciuto come l’AI stia modificando gli equilibri del mercato della ricerca — rappresenta di fatto una vittoria strategica.

Meno vincoli normativi significano più libertà per consolidare la posizione nella nuova era dell’AI generativa.


Microsoft: l’unico gigante che trasforma i costi in margini

Microsoft continua a distinguersi per l’equilibrio tra crescita e redditività.

Nel trimestre, il gruppo di Satya Nadella ha registrato ricavi per 77,7 miliardi di dollari (+13%) e un utile netto di 27,7 miliardi, superando le attese.

La divisione Azure Cloud resta la locomotiva, con una crescita del 40% anno su anno, sostenuta dalla domanda esplosiva di servizi AI — soprattutto da parte di OpenAI, di cui Microsoft detiene ora il 27% della nuova public-benefit corporation.

L’accordo tra Microsoft e OpenAI rappresenta una nuova fase di integrazione industriale: oltre ai diritti esclusivi di proprietà intellettuale fino al 2032, OpenAI acquisterà 250 miliardi di dollari in servizi cloud Microsoft.

Ciò significa che una parte importante della spesa AI globale continuerà a fluire attraverso Azure, creando un circolo virtuoso tra domanda, margini e infrastruttura.

Le spese in capitale del trimestre hanno raggiunto 34,9 miliardi di dollari, segno che anche Microsoft sta investendo pesantemente in data center e GPU Nvidia. Tuttavia, la società mantiene margini e flussi di cassa solidi, e la domanda è così elevata da superare spesso la capacità disponibile.


Conclusione: il mercato dell’AI entra nella fase di selezione naturale

Il messaggio delle trimestrali è chiaro: l’AI è ormai la nuova infrastruttura del capitalismo digitale, ma la sua costruzione richiede capitali immensi e visione strategica.

Meta, Google e Microsoft stanno correndo per dominare un mercato che vale migliaia di miliardi, ma solo chi saprà bilanciare innovazione e sostenibilità finanziaria potrà mantenere il vantaggio competitivo.

Siamo entrati in una fase darwiniana del tech: non vince più solo chi cresce, ma chi riesce a trasformare i costi dell’intelligenza artificiale in profitto strutturale.

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