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Economia: l’Ocse migliora le stime della crescita globale

di Giovanni Digiacomopubblicato:

Report luci e ombre dell’organizzazione parigina: migliorano le stime per la Cina e per il Regno Unito (che però è ancora visto in recessione quest’anno).

Economia: l’Ocse migliora le stime della crescita globale

Tabella dei Contenuti

Migliorano le stime per l’Italia (+0,6%) e l’Europa, l’Eurozona però rallenta allo 0,8%.

L’inflazione è prevista in lento rallentamento e per l’Ocse la Fed arriverà al 5,24-5,50% e l’Eurozona al 4,25%
Per i governi ci sarà però molto da fare per difendere la domanda dai prezzi e rilanciare la crescita potenziale mentre gli effetti della stretta monetaria si moltiplicano

L’Ocse migliora le previsioni sull’economia globale nel suo report di marzo. Il suo Economic Outlook aiuta come sempre a tratteggiare una panoramica che in questi giorni si fa più preziosa per l’aiuto che fornisce a una lucida analisi da contrapporre al nervosismo montante dei mercati ancora oggi scossi dalle incertezze montanti sul settore bancario globale dopo l’intervento delle maggiori banche statunitense a supporto di First Republic con depositi non garantiti per ben 30 miliardi di dollari.

È un segnale dal sistema per il sistema, quindi chiaramente un altro impulso alla tenuta della finanza globale fortemente scossa dai casi in rapida successione di SVB e Credit Suisse.

Si può leggere legittimamente come un allarme rosso di un fenomeno in espansione che richiama alla memoria inevitabilmente la crisi del 2008 (un po’ ingiustamente però perché oggi le maggiori banche mondiali hanno una solidità di bilancio non paragonabile a quella di quell’epoca e anche il sistema normativo per i salvataggi e la gestione delle crisi bancarie è molto più evoluto).

Si può leggere questo contesto come un banco di prova delle sofisticate impalcature regolamentari costruite negli ultimi 15 anni dalla finanza globale.

Si può leggere questo panorama come una conseguenza di rapida restrizione monetarie dopo anni di tassi a zero e come la svalutazione ragionevole di asset azionari che a inizio anno avevano corso rapidamente.

Si può infine leggere questa situazione come la verifica puntuale di quanto diversi banchieri centrali affermano da tempo dicendo che i mercati non avevano ancora scontato i rischi di recessione collegati all’inflazione che i tassi d’interesse in crescita stanno cercando di contrastare.

Tutto questo naturalmente si trova nell’outlook dell’Ocse, ma è probabilmente nei numeri macro e nel quadro che ne deriva che si possono trovare elementi utili a conservare uno sguardo lucido, come direbbe la BCE “data dependent”.

Ocse, la Cina come motore della crescita 2023

Nel 2022 l’economia è cresciuta soltanto del 3,2%, decisamente meno delle attese di inizio anno a causa soprattutto delle conseguenze della guerra in Ucraina e delle politiche zero Covid della Cina.

Il primo elemento critico – quello del conflitto in Ucraina - è ancora drammaticamente in piedi, né le sanzioni occidentali e mondiali per ora lasciano intravedere un logoramento interno di Mosca. Al contrario canali diplomatici insospettati e nuove inedite alleanze, come quella tra Arabia Saudita e Iran oltre al ruolo crescente della Cina sul dossier suggeriscono la possibilità di evoluzioni inattese del caso.

È la Cina però la vera chiave di volta di questa nuova fase economica. Nonostante il moderato obiettivo di una crescita del 5% del Pil quest’anno, le tensioni del mercato interno, il dossier del mercato immobiliare, l’agitato contesto geopolitico e la necessità di riconquistare la fiducia dei mercati, la Repubblica Popolare sempre più saldamente guidata da Xi Jinping dopo l’ultimo Congresso potrebbe essere il driver della crescita economica globale del 2023.

Almeno la pensa così l’organizzazione parigina OCSE che stima quest’anno per la Cina una crescita del 5,3% superiore quindi alle stime dello stesso governo cinese. Il confronto di quest’ultima proiezione con le ultime stime dello scorso novembre mostra un aumento delle previsioni dello 0,7%, uno dei maggiori nella revisione odierna.

Chi migliora di più rispetto al quadro di novembre? Innanzitutto la Russia. Per il 2023 l’Ocse prevede un calo del Pil del 2,5%, dopo la flessione del 2,1% dello scorso anno (che ancora non sembra avere intaccato troppo l’economia russa secondo un recente report assai pragmatico di APS). Tuttavia prima l’Ocse si aspettava molto peggio, un calo del 5,6% del Pil e questo dice molto della valutazione di una capacità russa di ribilanciare i canali di esportazione venuti meno con le sanzioni occidentali.

L’altro unico Paese, tra le grandi economie, per il quale si prevede una recessione complessiva nel 2023, è la Gran Bretagna: sì per il Regno Unito l’Ocse ipotizza una flessione del Pil dello 0,2% a fine 2023, dopo il balzo del Pil del 4% lo scorso anno e meglio delle stime di novembre che ipotizzavano un calo dello 0,4%

Star dell’economia globale 2023, oltre alla Cina, sarà l’India, in termini di performance del Pil, con un +5,9% rivisto al rialzo di 0,2 punti percentuali.

In Occidente invece spicca quell’1,5% del Pil degli Stati Uniti dopo il +2,1% dello scorso anno. La stima è alzata addirittura di un punto percentuale, altro che hard o soft landing, su questo numero il 2023 a stelle e strisce sarebbe sì un anno di rallentamento, ma senza nessuno dei disastri che si attendevano fino a qualche mese fa.

Ovviamente l’Ocse mette in guardia dal possibile deterioramento delle condizioni economiche degli Stati Uniti a seguito degli effetti già visibili della stretta monetaria in corso.

I tassi d’interesse rapidamente cresciuti hanno già generato forti riprezzamenti di numerose asset class, azionario incluso, e generato forti perdite non contabilizzate nei portafogli obbligazionari di diverse istituzioni finanziarie. Si sono anche materializzati impatti della politica monetaria nelle banche regionali USA e questo è un sintomo da analizzare.

Ci sono però anche segnali positivi, proprio su scala macroeconomica.

Inflazione persistente e politiche restrittive ancora in campo

L’inflazione headline si sta riducendo, sebbene quella core (senza energetici e alimentari) resti elevata anche per effetto di forti incrementi dei prezzi dei servizi. Secondo l’Ocse la riduzione dell’inflazione quest’anno e nel 2024 sarà moderata.

Su questo fronte l’Ocse fornisce indicazioni molto precise e valuta che per un certo periodo serviranno ulteriori restrizioni monetarie da parte delle banche centrali, spingendosi fino a fornire dei target di tassi terminali nelle maggiori economie. Secondo l’organizzazione gli Stati Uniti raggiungere un livello dei tassi d’interesse del 5,24-5,50%, l’Eurozona del 4,25%, il Regno Unito e l’Australia un 4,1%

Tutti quest’anno. Dall’anno prossimo se ci sarà espansione monetaria, ossia interventi al ribasso sui tassi, sarà moderata.

In questo contesto monetario sfidante per la tenuta della domanda e la sostenibilità della crescita, saranno essenziali le riforme fiscali dei governi, che dovranno alleviare gli impatti più duri sui prodotti essenziali e al tempo stesso ridisegnare le riforme e le incentivazioni varate in passato per dirigerle verso un rafforzamento della crescita della produttività e un alleggerimento dei rimanenti colli di bottiglia presenti sulle catene di approvvigionamento globali.

E l’Europa?

Per l’Eurozona il 2022 si è chiuso con un Pil complessivo in crescita del 3,5%, ma quest’anno la crescita sarà molto inferiore. Uno 0,8% appena, che comunque è rivisto al rialzo di 0,3 punti sulle stime di novembre.

La locomotiva d’Europa crescerà dello 0,3% appena dopo il +1,9% del 2022, sicuramente meglio della recessione dello 0,3% prevista a novembre, ma non proprio una performance tedesca esaltante.

Riviste al rialzo di 0,4 punti percentuali sia le stime sulla crescita 2023 dell’**Italia **(+0,6% dopo il +3,8% del 2022), che della Spagna (+1,7% dopo il +5,5% dello scorso anno).

La Francia avrà anch’essa un anno di crescita frazionale: +0,7% dopo il +2,6% del 2022, con un rialzo sulle stime di novembre di appena 0,1 punti.

A sorpresa viene limata al ribasso, nel contesto moderatamente più ottimistico finora tracciato, le stime del Giappone: l’economia crescerà dell’1,4% nel 2023 dopo l’1,0% del 2022, ma la stima è tagliata di un pesante 0,4% rispetto al dato di novembre.

Complessivamente l’economia globale dovrebbe crescere quest’anno del 2,6% dopo il 3,2% del 2022. La stima 2023 è rivista al rialzo di 0,4 punti e anche per il 2024 è prevista una crescita del 2,9% in miglioramento di 0,2 punti dalle stime. In entrambi i casi la crescita globale rimane sotto i trend del pre-pandemia e sotto i livelli del biennio precedente la grande crisi finanziaria del 2008.

Un confronto che rende l’idea di una lunga convalescenza dell’economia globale non solo dalla pandemia. Con il rischio aggiuntivo delle recentissime tensioni sui mercati finanziari e le perduranti incertezze della guerra. E nonostante tutto, un quadro decisamente più ottimistico di quello che emergeva qualche mese fa, quando le grandi economie erano tutte previste in recessione già nei primi trimestri di quest’anno.

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