Pil: Unimpresa, rallentamento fisiologico, pesa affaticamento export
pubblicato:«La lieve contrazione del Pil italiano nel secondo trimestre non va letta come un segnale d'allarme, ma come un rallentamento fisiologico in una fase di assestamento dell'economia. Il calo congiunturale dello 0,1%, certificato oggi dall'Istat, riflette la debolezza della domanda interna e un parziale affaticamento dell'export, in un quadro internazionale ancora incerto per la vicenda dei dazi, avviata a risoluzione solo pochi giorni fa con l'accordo sul 15% tra Stati Uniti d'America e Unione europea». Lo evidenzia un'analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui i consumi delle famiglie restano condizionati dall'inflazione passata e dal clima di incertezza, mentre gli investimenti privati risentono di condizioni finanziarie ancora rigide, malgrado i primi segnali di allentamento sul fronte dei tassi. Positiva invece la tenuta del mercato del lavoro, con una disoccupazione stabile su livelli minimi storici, che contribuisce a sostenere la coesione sociale e ridurre i rischi recessivi. La lieve frenata del Pil rafforza indirettamente l'aspettativa di un prossimo taglio dei tassi da parte della Banca centrale europea. «Ora serve una manovra economica mirata, che stimoli la domanda interna, accompagni il rilancio degli investimenti e non irrigidisca la leva fiscale. Il governo dovrebbe concentrare gli sforzi sulla riduzione del cuneo fiscale, il sostegno al credito per le Pmi e l'avvio rapido di investimenti pubblici ad alto moltiplicatore economico. L'inflazione sotto controllo e la crescita contenuta in tutta l'area euro potrebbero giustificare una politica monetaria più accomodante già da settembre. Un allentamento delle condizioni finanziarie darebbe respiro sia alle famiglie sia alle imprese, incentivando investimenti e domanda» dichiara il consigliere nazionale di Unimpresa, Manlio La Duca.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il dato relativo al pil del secondo trimestre, diffuso oggi dall'Istat, calato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, e un incremento dello 0,4% su base annua, va inquadrato in una dinamica economica più ampia che mostra segnali di resilienza, ma anche di affaticamento. Si tratta di un rallentamento rispetto al primo trimestre dell'anno - quando il Pil era cresciuto dello 0,3% congiunturale e dello 0,7% tendenziale – che non rappresenta un'anomalia, ma, piuttosto, un fisiologico aggiustamento dopo la ripresa avviata nel 2024. In un contesto internazionale caratterizzato da tensioni geopolitiche, incertezza sui mercati energetici e una politica monetaria ancora prudente, il rallentamento della crescita non deve sorprendere. La dinamica meno vivace era stata prevista in primavera per la stabilizzazione dei consumi dopo il rimbalzo post-inflazione, la fine degli effetti espansivi temporanei del superbonus e di altri incentivi fiscali, un mercato del credito che rimane ancora selettivo, con tassi d'interesse alti benché in calo rispetto ai massimi del 2023.
Il punto più delicato dell'attuale fase economica è la domanda interna, che resta debole. I consumi delle famiglie, pur sostenuti da una dinamica salariale leggermente più favorevole, risentono ancora degli strascichi dell'inflazione 2022–2023, mentre gli investimenti privati sono in parte rallentati dal contesto di incertezza. L'inflazione, pur in calo, ha avuto un effetto persistente sulle abitudini di spesa e sul risparmio precauzionale. Le esportazioni hanno continuato a fornire un contributo positivo, seppure meno marcato rispetto al biennio precedente. Il rallentamento della domanda globale, la debolezza della Germania e i nuovi equilibri del commercio internazionale dopo l'accordo sui dazi tra Stati Uniti e Unione europea hanno reso meno brillante la performance esterna dell'economia italiana. In compenso, il settore turistico continua a offrire un sostegno importante. Un elemento positivo è rappresentato dal mercato del lavoro, che continua a mostrare solidità. Il tasso di disoccupazione, secondo i dati più recenti, è rimasto su livelli storicamente bassi (intorno al 6,5%), segno che le imprese – pur in un contesto più incerto – non stanno attuando politiche restrittive sull'occupazione. Questo è un fattore che aiuta la tenuta dei consumi e mitiga i rischi di un ciclo recessivo.
«La contrazione dello 0,1% del Pil italiano nel secondo trimestre 2025 non è un segnale d'allarme, ma il riflesso di un'economia in fase di assestamento. Le fondamenta restano solide, il mercato del lavoro tiene, la politica monetaria si prepara a diventare più espansiva e il rallentamento globale colpisce anche i nostri partner commerciali. La vera sfida per i prossimi mesi sarà stimolare la domanda interna con misure efficaci, evitare l'irrigidimento fiscale e sostenere la fiducia di imprese e famiglie. Una manovra economica mirata potrebbe trasformare questo passaggio delicato in un'opportunità per consolidare una crescita più equilibrata e duratura» spiega il consigliere nazionale di Unimpresa,