Unicredit vende i leasing russi, accelerazione nel disimpegno
pubblicato:La manovra copre appena 33 milioni di euro di contratti, i numeri grossi della banca di Orcel in Russia sono altri. Ecco il quadro ed ecco intanto come procede il dossier sugli asset congelati in Belgio

Ma poi sarà saggio lasciare la Russia ora che procedono, sebbene a fatica, i tentativi per un accordo di pace? È la prima domanda che ci poniamo leggendo gli articoli di oggi sul caso dell’accelerazione di Unicredit nell’exit dalla Russia.
Il dossier è sempre stato caldissimo per Piazza Gae Aulenti, ha persino accompagnato la fallita campagna di conquista di Banco BPM e a tratti ha pesato non poco sui corsi azionari del gruppo guidato da Andrea Orcel, che, come dovuto, ha sempre minimizzato il dossier.
Unicredit, il contesto del dibattito sui finanziamenti Ue all'Ucraina
Anche se poi le direttive della Banca centrale europea sono sempre state piuttosto chiare sulla necessità di lasciare il mercato russo, anche se non hanno saputo spingere questa decisione fino alle garanzie sui prestiti con gli asset congelati in Belgio.
Anzi l’impiego dei 185 miliardi di euro di attività russe congelate in Belgio, quasi il 90% di quei 201 miliardi russi congelati in tutta Europa, per fare da backstop, da garanzia, a un finanziamento da 140 miliardi di euro all’Ucraina per sopperire alle necessità di Kiev in ambito militare e non per i prossimi due anni, è stato definito dall’Eurotower contrario ai trattati, equiparato a una monetizzazione del debito pubblico, praticamente il peggior divieto per una banca centrale, quello che si infrangerebbe se le riserve auree finanziassero un Paese membro.
Tutto si tiene insomma, come sempre, anche se le contraddizioni oggi stridono un po’ più che in altre giornate. Il premier belga Bert De Wever, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen hanno fissato almeno una data: il 18 dicembre, quando si cercherà un accordo su una questione che si è deciso di decidere a maggioranza qualificata (altrimenti sarebbe stato fin troppo facile per il premier ungherese Victor Orban affossare ancora una volta tutto).
Il presidente del consiglio europeo Antonio Costa, che in questa fase guida il consesso dei governi UE, ha gettato il cuore oltre l’ostacolo affermando che il prossimo 18 dicembre ci sarà almeno una maggioranza qualificata a sostegno di una soluzione per l’Ucraina e del supporto europeo a Kiev per i prossimi due anni.
La questione non è da poco, perché se quelle risorse russe potrebbe scongiurare pesanti impatti su bilanci pubblici europei già pesantemente indebitati, se un domani la Russia dovesse vincere una causa contro il Belgio su queste misure (e il quadro legale immaginato per le manovre è quantomeno ‘complesso’), De Wever pretenderebbe delle garanzie da Bruxelles, visto che le cifre in gioco potrebbero sbaragliare i suoi conti (il Belgio ha un Pil di circa 620 miliardi di euro nel 2024 e un debito/Pil del 103,9%).
Il 18 potrebbe insomma ospitare l’ora fatale di Bruxelles, sia della capitale della nazione, che della sede del Consiglio Europeo, che dell’Europa, che dovrà comunque dimostrare di potere sostenere in maniera credibile Kiev e dovrà fornire gli aiuti ingenti che servono e che serve che siano credibili.
Certo le soluzioni possibili sono diverse, almeno tre, secondo la Commissione: un supporto a Kiev direttamente finanziato dagli Stati membri con dei grant (donazioni, sovvenzioni), un ricorso limitato a un finanziamento garantito dall’Unione Europea sui mercati finanziari (i bond UE tanto odiati da diverse cancellerie, ma che sono già da anni una realtà finanziaria, ancorché complessa) e infine un ricorso limitato a un finanziamento collegato (garantito da) asset di bilancio immobilizzati (gli attivi russi congelati appunto).
Una soluzione ibrida o mista delle tre proposte possibili sembra ancora oggi l’esito più probabile del prossimo meeting.
La vendita dei leasing da 3 miliardi di rubli? Spiccioli nel bilancio russo di Unicredit
Sono note di contesto non peregrine per il dossier minore di Unicredit e dei suoi rapporti con la Russia. Kommersant ha rivelato che il gruppo avrebbe venduto quasi tutti i suoi leasing, circa 3 miliardi di rubli di contratti stretti dalla controllata totalitaria Unicredit Leasing, a PR-Leasing che è una componente di rilievo del gruppo russo Simple Solutions Capital JSC (traduciamo per comodità). Si tratterebbe in pratica dell’intero portafoglio a lungo termine, per un valore in euro di circa 33,22 milioni di euro ai corsi di queste ore, un importo sostanzialmente risibile per Unicredit, ma significativo per il valore simbolico delle attività cedute e per l’ancoraggio dei contratti al dollaro USA – sembra – tramite l’emissione di ‘obbligazioni quasi-valutarie’, non meglio definite.
La cessione di contratti non dovrebbe avere fatto scattare la complessa procedura per la vendita delle società in Russia, una procedura che ha più volte bloccato il disimpegno di Unicredit e che prevede, oltre all’approvazione del presidente russo Vladimir Putin dopo una sofistica due diligence, una valutazione degli attivi ceduti di non più del 40% del loro valore di mercato e inoltre un contributo del 35% del valore dell’attività al bilancio russo. Condizioni proibitive insomma.
Ma quanto vale la Russia per Unicredit? Non poco in realtà.
I ricavi nei primi nove mesi del 2025 sono calati dell’11,2% a cambi reali, ma coprono ancora ben 886 milioni di euro, con un margine operativo lordo di 730 milioni di euro (-11,2%) cui Unicredit somma accantonamenti per perdite su crediti da 115 milioni di euro portando il risultato operativo a 845 milioni (-13,4%). L’utile netto dopo le imposte e gli AT1 è balzato però del 16,1% a 699 milioni grazie al venir meno di oneri scontati nei primi nove mesi del 2024. Complessivamente si tratta quindi del 4,7% dei ricavi e dell’8,3% degli utili netti tutto compreso di Unicredit.
Ci sono in gioco circa 2.111 persone (FTA), 800 milioni di euro di prestiti ai clienti e 3,2 miliardi di euro di depositi dei clienti per un totale di 11,2 miliardi di RWA (attività ponderate per il rischio) su un totale di 281,5 miliardi di euro del gruppo, quindi il 4% quasi degli attivi ponderati per il rischio di Piazza Gae Aulenti.
Non proprio cose da nulla, soprattutto in termini reddituali.
Ma tant’è, un altro passetto verso il disimpegno sembra compiuto.
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