Auto: negli Stati Uniti è sciopero

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Per la prima volta coinvolte tutti i Big Three: GM, Ford e Stellantis. Cosa chiedono i sindacati contro il carovita e cosa offre l'industria. Un caso economico e politico che è già globale

Auto: negli Stati Uniti è sciopero

Auto: negli Stati Uniti è sciopero

È il primo sciopero americano che colpisce in una volta sola le Big Three, ossia Ford, General Motors e Stellantis (che negli Stati Uniti significa non solo Chrysler, ma anche RAM, Dodge, Jeep). Una roba epocale, proprio come l’ha voluta il nuovo presidente della UAW, il potente sindacato del settore automobilistico statunitense, Shawn Fain.

Non a caso gli slogan dello “stand up strike”, che potrebbe coinvolgere fino a 146 mila iscritti – questo il numero degli associati alla United Auto Workers – si richiamano addirittura al Flint sit-down strike, il maxi-sciopero del 1937 alla General Motors che portò alla nascita di un sindacato nazionale dell’auto, la UAW appunto. Ma stiamo sui numeri.

Sciopero USA, come è cominciato

Il 14 settembre è scaduto il termine per un accordo tra sindacati e giganti dell’auto a stelle e strisce. È scoppiato lo sciopero, che quindi si avvia al quarto giorno.

I primi delle proteste hanno coinvolto circa 13 mila lavoratori colpendo l’impianto Ford di Wayne nel Michigan, quello GM di Wentzville (Missouri) e quello Jeep/Stellantis di Toledo (Ohio).

La tattica si è dimostrata subito studiata, qualcosa di simile agli scioperi a scacchiera degli anni ’70, proteste ridotte, ma alternate nei vari stabilimenti per massimizzare l’impatto sulle case automobilistiche e ridurre quello sui lavoratori che si appoggiano su 500 dollari a settimana per scioperante.

Il fondo di assistenza del sindacato, che ha una dotazione di ben 825 milioni di dollari, così può durare per molto più a lungo.

D’altronde nelle scorse settimane Deutsche Bank aveva stimato che ciascuna casa automobilistica avrebbe potuto perdere 400-500 milioni di dollari di produzione a settimana nel caso in cui lo sciopero si fosse concretizzato.

Sciopero auto Usa: cosa hanno chiesto i sindacati, cosa ha offerto l’industria

Già prima dello scoppio dello sciopero le posizioni tra sindacati e imprese si erano dimostrate molto distanti e alla fine la rottura è parsa inevitabile.

Dopo alcune limature la UAW ha chiesto un aumento degli stipendi del 36% in quattro anni, la fine delle differenziazioni tra i salari dei lavoratore delle fabbriche, il ritorno al modello delle 32 ore settimanali di lavoro con 40 ore di paga, il ritorno al modello previdenziale tradizionale anche per i nuovi assunti e altri benefit, tra i quali adeguamenti dai salari al costo della vita.

Fain ha denunciato: “Negli ultimi quattro anni il prezzo medio di un’auto nuova è cresciuto del 30%, mentre il salario di un lavoratore del settore è aumentato di un 6% scarso” e ha anche ricordato che le case automobilistiche americane hanno registrato profitti per 164 miliardi di dollari negli ultimi 10 anni, dei quali 20 quest’anno.

Nelle fabbriche di auto statunitensi I lavoratori sono stati inoltre divisi in categorie (“Niente lavoratori di serie B”, è uno degli slogan), infatti ci sono lavoratori temporanei che guadagnano 17 dollari l’ora, anche se poi un operaio specializzato arriva a prenderne 32.
I bonus ricevuti quest’anno con il boom dei profitti delle case di Detroit è spaziato da 9.716 dollari in Ford a 14.760 in Stellantis.

Cosa offrono le case automobilistiche? Le proposte dei giganti delle quattro ruote sono state lavorate e rilavorate per settimane, con piccoli aggiustamenti.

L’ultimo assetto del 14 settembre, secondo quanto riportato da Associated Press, prevede la proposta di un incremento dei salari del 20% in GM (sempre in quattro anni, ma con un +10% dal primo anno). Anche Ford si sarebbe portata al 20%, mentre Stellantis si sarebbe fermata al 17,5%

Diversi analisti temono che comunque alla fine queste trattative approderanno a un accordo e che questo accordo si tradurrà in un altro rialzo dei prezzi delle auto. Anche perché tutte le case automobilistiche sono alle prese con forti investimenti nell’auto elettrica.

Tatticamente qualcuno ha calcolato che le grandi case automobilistiche hanno già accumulato a fine agosto scorte per 70 giorni, ma si tratta di cifre da maneggiare con prudenza perché lo scorso luglio gli stock erano comunque inferiori a due milioni di auto, quando prima della pandemia nello stesso periodo erano sui 4 milioni.

Quindi ci sono concreti rischi per i bilanci dei Big Three, ma anche rischi economici per i lavoratori coinvolti negli scioperi, rischi di riassetto dell’industria (per esempio a vantaggio dei produttori di automobili non sindacalizzati), rischi per i prezzi per i consumatori.

C’è anche chi teme un impatto macroeconomico: l’auto copre il 3% del Pil degli Stati Uniti, e impianti che frenano mentre lavoratori in sciopero limano le spese e la domanda interna rischiano di ferire l’economia a stelle e strisce.

Non pochi si chiedono cosa farà adesso la presidenza democratica di Joe Biden, che dovrà decidere se e come intervenire in un caso più che nazionale.

Anche in Italia sono già arrivate le onde telluriche dell'evento e la Fiom Cgil Basilicata ha annunciato per oggi a Melfi uno sciopero di 8 ore che coinvolge anche l'indotto. Sembra solo l'inizio di un autunno caldo, anzi rovente.