BCE, gli analisti si aspettano che resti dov’è: ecco perché

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

La Francia genera tensioni, ma non tali da immaginare un intervento di Francoforte. Più preoccupante l’euro forte, ma il cambio non è nel mandato dell’Eurotower

BCE, gli analisti si aspettano che resti dov’è: ecco perché

Dopodomani la BCE resterà ferma. È questo il responso più o meno unanime degli analisti sulle previsioni sulla prossima decisione di politica monetaria di Francoforte. E’ probabile che insomma con l’inflazione dell’Eurozona prossima al target, la Bce continui a sentirsi in “a good place” cioè nella condizione corretta, anche se gli ultimi mesi non sono stati di certo ‘tranquilli”.

BCE, inflazione sul target, bilanciate le spinte macroeconomiche contrastanti

L’inflazione complessiva dell’Eurozona è salita ad agosto al 2,1% (All-items HICP) dal 2,0% di luglio, quella core è scesa dal 2,4% al 2,3%

Dai picchi di febbraio oltre i 55 €/MWh agli attuali 32,5 euro del gas naturale (TTF olandese all’ICE) si è visto un crollo dei prezzi del metano, solo parzialmente bilanciato dal rialzo del costo dell’elettricità che ovviamente continua a registrare le inammissibili discrepanze tra i 24 €/MWh della Francia e i 120 € dell’Italia (dati 21 luglio rilevati da Strategic Energy Europe), un gap che danneggia l’integrazione economica europea più degli spread sul debito sovrano. L’effetto complessivo dell’energia comunque dovrebbe essere abbastanza neutro, l’inflazione energetica censita da Eurostat nell’agosto 2025 mostrava un generale calo dei prezzi dell’energia dell’1,9%, dopo cali ancora maggiori nei mesi precedenti, ma anche a fronte di un’inflazione dei servizi cresciuta ancora al 3,1% a/a nello scorso mese.

In definitiva né il Pil (nel secondo trimestre del 2025 +0,1% nell’Eurozona trim/trim, +1,5% a/a), né i cambi (EUR/USD a 1,1741 implica un rialzo dell’euro sul dollaro del 16% dai minimi di inizio anno) rientrano nel mandato della Banca centrale europea che ha un rigido obiettivo sulla stabilità dei prezzi, a fatica esteso ai meccanismi di trasmissione della politica monetaria.

BCE, incertezze francesi e Usa, ma per ora non serve il paracadute del TPI

In tempi di dazi, proprio il Transmission Protection Instrument (TPI), che consentirebbe di intervenire nel mercato dei titoli di Stato in caso di malfuzionamenti della catena di trasmissione della politica monetaria, sarà interrogato sull’opportunità di impiego nel caso francese, che ha registrato un forte rialzo dei rendimenti dal 3,16% al 3,5% (con punte oltre il 3,6%) nelle ultime sedute per via della nota crisi politica e delle tensioni sul debito pubblico e il deficit d’Oltralpe.

In realtà la francese Christine Lagarde, a capo della Bce oggi e in passato alla guida dell’FMI, ha già spiegato che l’FMI non interverrà in Francia perché non siamo a quel punto e probabilmente ribadirà che la situazione è tesa, ma sotto controllo giovedì prossimo.

La pensa così anche Aline Goupil Raguénès, Strategist di Ostrum AM (Natixis IM), che evidenzia che, nonostante l’incertezza politica per la (allora probabile, poi verificatasi) caduta del governo Bayrou le ultime emissioni di titoli del debito francese avevano registrato una forte domanda, quella di giovedì ben 11 miliardi di euro.
Il mercato francese è uno dei più liquidi e profondi dell’Eurozona”, ha evidenziato l’analista.
Il rialzo dei rendimenti, che è un implicita richiesta di un maggiore premio al rischio, c’è, è indiscutibile, ma va anche inserito in un contesto generale che vede, ad esempio, un maggior rendimento anche chiesto ai titoli Usa.

Il temuto effetto contagio, all’indomani della caduta del governo francese, non si è visto in queste ore il rendimento dell’Oat francese a 10 anni resta al 3,41% Se nuove tensioni si materializzassero il TPI resta comunque tra gli strumenti della cassetta degli attrezzi della BCE. In teoria ci sarebbero anche gli OMT (Outright Monetary Transactions), ma il loro impiego è di ultima istanza perché il Paese interessato deve richiederlo in contemporanea all’assistenza del Meccanismo europeo di stabilità – il MES - e questo è politicamente molto difficile.

Nonostante la crescente incertezza politica legata alla probabile caduta del governo di François Bayrou, giovedì scorso le emissioni obbligazionarie francesi hanno registrato una forte domanda da parte degli investitori: 11 miliardi di euro, il limite massimo fissato dall'Agence France Trésor, con scadenze a 10, 15 e 30 anni. Ciò fa parte di un più ampio trend nei mercati obbligazionari a lungo termine, in particolare per quanto riguarda le obbligazioni a 30 anni di Stati Uniti, Regno Unito e Giappone, a causa dei crescenti timori di uno slittamento del bilancio.

Di certo il rischio che il prossimo 12 settembre Fitch declassi il rating della Francia non può essere accantonato.

Anche secondo Michael Krautzeberger, CIO Public Markets di AllianzGI, i tassi sui depositi della BCE l’11 settembre prossimo resteranno al 2,00% (quindi al 2,15% sarà il tasso di rifinanziamento delle operazioni principali e al 2,40% quello marginale), ma le stime sull’inflazione headline nel 2026 della Banca centrale potrebbero essere alzate di 10 punti base all’1,7%, lasciando invariate quelle del 2027 sul target al 2,0%.

Facile la previsione di effetti ancora incerti dalla guerra commerciale Usa: gli accordi al 15% dell’Europa e quelli differenziati con la Cina generano ancora incognite sulle reazioni di quest’ultima e sulle conseguenze per l’area della moneta unica. La Bce agisce in autonomia, ma le previsioni sempre più decise sul prossimo taglio dei tassi da parte della Fed al meeting del 17 settembre (e la crescente ponderazione di un’opzione ancora più decisa su un taglio di ben 50 punti base) potrebbero portare instabilità in quanto un taglio dei tassi, specialmente se non giustificato da prezzi Usa ancora alti, potrebbe generare ulteriori non gradite svalutazioni dell’euro. Un tema forte, forse fuori mandato per la BCE, ma senz’altro ben presente nella mente di tutti i policy maker dell’Eurozona per via del fatto che in pratica raddoppia il peso dei dazi Usa.

Anche Geoff Yu, Senior EMEA Market Strategist di BNY, ritiene che per ora i tassi resteranno dove sono, ma avverte che “I dati più recenti sugli ordini industriali tedeschi dovrebbero rappresentare un ulteriore avvertimento per la BCE che la domanda esterna sarà impegnativa per il resto dell'anno”. Da qualche tempo in effetti quel volano della crescita UE che erano le esportazioni segna il passo, ma va anche detto che la domanda interna sta dando buoni segnali, anche in Germania dove la produzione industriale è tornata a crescere dopo molto tempo.

BCE, i mutui hanno già preso un bel respiro di sollievo

Più semplicemente Facile.it calcola che l’Euribor, dipendente dai tassi BCE e punto di riferimento per i mutui a tasso variabile, dal 2024 a oggi si è dimezzato con un beneficio di 135 euro al mese per il mutuo tipo (€ 126.000 in 25 anni, LTV 70%, Tan iniziale 0,67% - Euribor3m+1,25%). Non è poco per una famiglia.

Tutto sommato però ancora nei prossimi meeting non si può escludere qualche nuova sforbiciata ai tassi: probabilmente giovedì Lagarde ribadirà che il ciclo di allentamento monetario non è ancora finito.

Argomenti

BCE