Generali, salta il piano francese con Natixis
pubblicato:Come da attese il progetto da 1.900 miliardi di euro in attivi in gestione viene abbandonato. Il quadro triestino rimane comunque complesso, non solo sul fronte dell'asset management

Salta il piano francese di Generali da 1.900 miliardi di euro. Era quello l’obiettivo di masse gestite dalla nuova entità che sarebbe dovuta nascere dalla fusione dell’asset management del Leone di Trieste, che avrebbe apportato 600 miliardi di euro di asset tramite Generali Investments Holding, e di Natixis IM, che avrebbe messo sul piatto 1.300 miliardi di euro.
Generali-Natixis, contesto decisamente diverso
Il progetto era dello scorso gennaio, un’epoca fa, ormai, dopo i riassetti azionari che hanno visto, tra l’altro, MPS conquistare con un’offerta di scambio Mediobanca, che è anche il maggiore azionista di Generali con il 12,943% del capitale.
Sul piano francese diversi azionisti di peso di tutto la catena proprietaria erano stati freddi da subito, da Francesco Caltagirone, che ha anche il 6,469% di Generali, alla Delfin degli eredi Del Vecchio guidata da Francesco Milleri, che controlla anche un buon 10,03% di Generali.
Dato il riassetto a monte della catena proprietaria bancaria italiana, lo stop di ieri sull’accordo nell’asset management non è giunto quindi del tutto inatteso, anzi.
Dei rinvii c’erano già stati, anche per via delle richieste del management guidato dal CEO di Generali Philippe Donnet di nuove concessioni sul fronte della governance, anche per vincere i malumori che anche dal governo italiano venivano sul deal e sembravano avvalorare la diffidenza sui possibili impatti sulla gestione di una quota consistente del risparmio italiano.
La nota condivisa ieri a mercato chiuso da Generali e da Bpce, terza banca francese che federa una quota importante di casse e banche popolari d’Oltralpe e controlla a valle Natixis, ha quindi confermato più che stupito.
La reazione timida di Generali di queste ore (+0,2% a 34,57 euro, ma il titolo ha testato di recente senza successo le resistenze di area 35,15-35,25 euro) conferma in parte il dubbio che il mercato scontasse già la prospettiva di un ritiro dal piano sull’asset management.
“Sebbene negli ultimi mesi il lavoro svolto insieme abbia confermato il merito e il valore industriale di una partnership”, Generali e BCE hanno deciso di comune accordo di interrompere le consultazioni.
Generali, c'era già stato un rinvio importante che cancellava il rischio di penale
Già lo scorso 25 settembre Generali aveva comunicato la decisione di prendere tempo sul deal fino al prossimo 31 dicembre 2025, il termine ultimo per l’intesa anticipato dal comunicato di ieri pomeriggio, e aveva precisato che era stato cancellato il rischio di una break-up fee, di una penale, da 50 milioni di euro in cui, secondo i primi accordi, i due gruppi sarebbero potuti incorrere in caso di interruzione delle trattative.
I due giganti europei proseguiranno insomma per la propria strada. BPCE con i suoi 35 milioni di clienti e i suoi 100 mila dipendenti, Generali con i suoi 71 milioni di clienti e i suoi 87 mila dipendenti nel mondo. È in fondo la prima conseguenza concreta della nuova morsa di MPS sul gruppo disturbata non poco nelle ultime settimane dalle note inchieste sul presunto concerto tra i soci nell’offerta della banca senese su Mediobanca.
Generali, il piano di gennaio per ora resta in piedi, ma serviranno chiarimenti su più fronti
Già a fine novembre in realtà erano circolate voci sul possibile addio dei vertici della compagnia triestina Philippe Donnet (CEO) e Andrea Sironi (presidente), manager sostenuti dalla Mediobanca di Alberto Nagel. Ma Generali aveva smentito interlocuzioni in tal senso.
Neanche il piano “Lifetime Partner 27: Driving Excellence”, che risale proprio alla fine di gennaio, subirebbe modifiche dalla decisione di dire addio a Natixis.
Restano quindi confermati per ora gli obiettivi sulla crescita media annua dell’utile per azione dell’8-10% (CAGR) nel triennio 2025-2027, quello della generazione di flussi di cassa cumulati oltre gli 11 miliardi di euro e quello dell’aumento del dividendo per azione (una componente rilevante della proposta di valore di Generali) di oltre il 10% l’anno con ratchet policy (il dividendo potrà solo salire e mai scendere) integrato da un buyback da 1,5 miliardi di euro di cui 500 milioni quest’anno.
Non sono dettagli, ma componenti essenziali della proposta di valore del gruppo e della crescita di circa il 14% del titolo dalla fine di gennaio a oggi.
Sicuramente comunque dei chiarimenti strategici e di governance dovranno giungere sul mercato, anche se l’evoluzione delle inchieste sul presunto concerto potrebbe modificare non poco tutto il quadro.
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