FTAOnline

Consumi: tra i grandi d’Europa, solo l'Italia mostra un calo negli ultimi 16 anni

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
6 min

Nel periodo tra la crisi di Lehman Brothers e il post-Covid, solo l'Italia mostra una flessione dei consumi tra le grandi economie europee. I dati in una nuova ricerca di Prometeia e Intesa Sanpaolo

Consumi: tra i grandi d’Europa, solo l'Italia mostra un calo negli ultimi 16 anni

Se si prendono le prime quattro economiche europee, Germania, Francia, Italia e Spagna e si considera il lungo periodo che va dal 2007 al 2023, l’Italia è l’unica che registra un calo del livello della spesa per consumi delle famiglie.

Un cocente -1,1% a fronte di una crescita moderata della Spagna (+2,3%) e del “netto sorpasso” delle potenze continentali Germania e Francia (+13,4% e +12,6%). È uno dei dati che emergono da una nuova analisi sviluppata da Prometeia con Intesa Sanpaolo e appena pubblicata. Il periodo scelto è quello che va dalla crisi finanziaria globale innescata da Lehman Brothers e la fine del Covid.

Consumi, il peso sul Pil italiano è del 58%

Il punto di vista dei consumi delle famiglie non è casuale, perché sono in economie dei servizi avanzati come quelle europee il motore indiscusso del Prodotto interno lordo. Con un peso maggiore nelle economie di Spagna e Italia e leggermente inferiore per Germania e Francia.

In Italia i consumi delle famiglie coprono circa il 58% del Pil, in Spagna si arriva al 55%, in Francia e Germania a fine 2023 siamo poco sopra il 50% del Prodotto interno lordo complessivo. Ma mentre Berlino e Parigi hanno mantenuto stabile il peso dei consumi delle famiglie in questo lungo periodo, Madrid e Roma hanno leggermente ridimensionato questa componente nell’ambito dell’intero Pil. Non necessariamente è un male, infatti, almeno nel caso italiano, questo minore peso è derivato da una “considerevole ripresa della spesa destinata agli investimenti” a partire dal 2016.

Italia, per i consumi qualche spunto dal Covid in poi

Che il livello di spesa delle famiglie alla fine dello scorso anno sia rimasto sotto di 1,1 punti percentuali sui livelli del 2007 non può che sorprendere però. Anche se nell’orizzonte più favorevole del periodo 2019-2023, quindi dal Covid in poi, l’Italia registra un più lusinghiero +0,3% della spesa per i consumi privati. Negli ultimi 4 anni Francia e Spagna li hanno accresciuti dell’1,3%, ma la Germania ha registrato un pesante -2,1%

Secondo il report, il reddito disponibile delle famiglie italiane ha recuperato terreno dopo la morsa della spirale inflattiva e ha contribuito anche l’impiego massiccio in fase di pandemia di politiche fiscali anti-crisi come quelli del contrasto al caro-energia o il ricorso alla Cassa Integrazione. Ma quello che resta da capire è il perché di queste performance a tratti così diverse dentro la medesima area economica europea.

Italia ed Europa, demografia e consumo

Un peso fondamentale nell’evoluzione dei consumi è individuato nel quadro demografico. Se si prende infatti il lungo periodo tra il 2007 e il 2023, la popolazione italiana mostra una crescita di appena l’1,3% Né fa molto meglio la Germania che segna un aumento della popolazione del 2,5% in questo lungo periodo.

Al contrario sembra che maggiori politiche di welfare familiare e di sostegno alla natalità incoraggino la demografia più vivace di Francia e Spagna che invece segnano un +7,1% e +7,4% nei 16 anni. E l’Italia è anche l’unico Paese con un saldo negativo della popolazione sul pre-Covid: -1,4% tra 2019 e 2023.

Con il 23,8% della popolazione over 65, siamo anche il Paese con il maggior numero percentuale di anziani: la Francia è ferma al 21,7% e gli altri hanno percentuali minori. Sul fronte opposto in Francia il 20,7% della popolazione ha meno di 18 anni, mentre in Italia è appena il 15,9% del totale. Più che un paradiso della “Silver Economy” con queste cifre l’Italia è candidata alla glaciazione demografica.

Ma oltre a un fattore demografico lo studio individua anche altre dinamiche salariali rilevanti nel periodo e in particolare un disaccoppiamento tra Francia e Germania da un lato e Italia e Spagna dall’altro a partire dal 2011. Ancora nel 2022, l’ultimo anno disponibile, il salario medio italiano resta sotto i 2000 euro molto distante da Francia e Germania.

Anche il reddito lordo disponibile pro-capite delle famiglie mostra una chiara divergenza. A parità di potere d’acquisto è la Spagna che rimane più indietro e l’Italia segue poco dopo. Posizioni relative che anche la reazione agli shock inflazionistici non ha modificato.

Italia, dal Covid all'inflazione, l'aumento delle disuguaglianze

Il Covid ha inciso in maniera sui consumi delle famiglie italiane secondo il rapporto di Prometeia e Intesa Sanpaolo nonostante le misure del governo.

Nel biennio 2022-2023 c’è stato lo shock inflazionistico che ha frenato la spesa in termini reali dopo il contenuto recupero dalla pandemia dell’anno precedente e di nuovo nel 2023 secondo le stime preliminari dell’Istat si è registrata una frenata dell’1,8% dei consumi reali. D’altronde qualche giorno fa il Rapporto Annuale 2024 dell’Istat ha messo bene in luce la tassa occulta dell’inflazione: fra il 2019 e il 2023 il reddito disponibile delle famiglie è cresciuto a prezzi correnti del 13,5%, mentre a prezzi costanti è diminuito dell’1% Per mantenere il volume dei consumi, le famiglie hanno tagliato la propensione al risparmio dall’8,1 al 6,3%

Sono cresciute inoltre le disuguaglianze. Il report presentato oggi conferma che gli effetti dello shock inflazionistico sulle famiglie meno abbienti sono stati molto più rilevanti anche per il peso relativo maggiore dei beni sul bilancio familiare. Se nel 2022 l’impatto dei prezzi è stato del 7% circa sulle famiglie più abbienti, è stato dell’ordine del 12% per le famiglie meno abbienti.

Hanno pesato soprattutto le voci essenziali dei prezzi di abitazioni e alimentari, con un peso particolare dei beni energetici come elettricità e riscaldamento per le famiglie mono abbienti. Particolarmente colpita la situazione delle famiglie monoreddito che hanno accusato l’erosione del potere di acquisto contribuendo alla triste tendenza ormai decennale all’aumento dell’incidenza della povertà assoluta. Il rapporto annuale dell’Istat qualche giorno ha d’altronde evidenziato che nel 2023 il 22,8% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione sociale, paradossalmente un livello in miglioramento rispetto all’anno precedente.

La ricerca odierna in definitiva sottolinea che l’evoluzione della spesa per i consumi si è differenziata in Europa negli ultimi sedici anni tra le varie economie. Hanno avuto un peso diverse dinamiche e livelli dei salari, del reddito pro-capite oltre alle diverse politiche messe in campo dai governi e ai diversi supporti del welfare.

Permane su tutti un’incertezza sul futuro demografico europeo che lascia prevedere pressioni al ribasso sul livello dei consumi. Sarà importante nel breve e nel lungo periodo anche l’apporto degli stranieri, ma questo potrebbe tradursi in una ricomposizione del paniere di spesa in favore dei beni più tradizionali piuttosto che dei servizi avanzati.

Il rapporto Prometeia-Intesa richiama quindi la necessità di un potenziamento dei servizi pubblici e delle misure di sostegno dei redditi per far fronte all’invecchiamento anche prospettico della popolazione. Fra 20 anni le persone sole e anziane potrebbero rappresentare il 38% della popolazione e nel frattempo la tecnologia e le tendenze modificheranno anche la domanda sostituendo per esempio molti beni con dei servizi, a partire dalla mobilità.

Con questo trend all’invecchiamento della popolazione sembra inoltre inevitabile una restrizione quantitativa della domanda di manifattura con cui le imprese dovranno confrontarsi.

Secondo il rapporto neanche nel 2028 saranno recuperati i livelli di auto nuove vendute nel pre-Covid e anche la crescita dei settori abbigliamento e calzature potrebbe dimostrarsi contenuta. Potrebbe inoltre crescere il peso del settore farmaceutico mentre il parco degli elettrodomestici dovrà essere rinnovato in chiave ambientale. Ma questa è già un’altra prospettiva.

Argomenti

Economia