Il nuovo riarmo europeo: chi guadagnerà dal maxi piano Nato e Ue sulla Difesa
pubblicato:Leonardo, Fincantieri, Rheinmetall e Thales tra i principali beneficiari del riassetto strategico europeo, mentre Bruxelles spinge per un pilastro industriale comune e meno dipendente dagli Stati Uniti

Difesa europea: chi guadagnerà davvero dal maxi-piano Nato e Ue
Nel vertice Nato dell’Aia (giugno 2025), i 32 capi di Stato e di governo hanno approvato un aumento storico delle spese militari dal 2% al 5% del PIL entro il 2035.
Un piano che cambierà profondamente la geografia industriale della Difesa globale.
Cifre e obiettivi
La soglia del 5% è divisa tra:
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1,5% per infrastrutture, cyber e telecomunicazioni,
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3,5% per armamenti veri e propri.
Tradotto in numeri, significa passare da 1.451 miliardi di dollari nel 2024 a circa 1.750 miliardi nel 2035.
Per l’Europa, che oggi spende l’1,9% del PIL, significa aggiungere circa 240 miliardi di dollari in dieci anni — 34 miliardi solo per l’Italia.
Chi ne beneficerà
A livello globale, le big americane (Lockheed Martin, Raytheon, Northrop Grumman, General Dynamics) restano favorite: controllano
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il 46% dei jet da combattimento,
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il 42% dei sistemi missilistici,
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il 24% dei veicoli blindati europei.
Ma la nuova strategia Ue “Readiness 2030”, varata a maggio, apre la strada a una progressiva europeizzazione della spesa per la difesa.
Il piano prevede 800 miliardi di euro in quattro anni, di cui 150 miliardi finanziati con prestiti europei a tasso agevolato (fondo SAFE).
Gli Stati membri dovranno acquistare sistemi d’arma in cooperazione con almeno un altro Paese europeo — una clausola che limita l’acquisto di armamenti made in USA.
Il vantaggio competitivo per l’industria europea
Questo contesto favorisce i gruppi capaci di stringere partnership transnazionali e offrire tecnologie interoperabili:
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Leonardo (Italia) – forte nelle collaborazioni con Rheinmetall, BAE Systems, Thales, Airbus e nel programma Eurofighter;
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Fincantieri – posizionata per beneficiare dei piani di potenziamento navale e delle commesse per la logistica militare;
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Dassault, Thales, Airbus Defence (Francia e Germania) – leader nel coordinamento industriale europeo;
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Rheinmetall – riferimento per carri e veicoli blindati.
La creazione di un “pilastro europeo della difesa” rappresenta un cambio di paradigma: Bruxelles spinge per ridurre la frammentazione (oggi l’Ue ha 13 modelli di carri armati contro uno solo negli Usa) e ottenere economie di scala.
Impatto economico e di mercato
Sul piano finanziario, la clausola di flessibilità introdotta dalla Commissione consente ai Paesi di sforare temporaneamente il tetto del 3% di deficit/PIL fino al 4,5%, per finanziare gli investimenti militari senza incorrere in sanzioni.
Questo significa nuova spesa pubblica “protetta”, potenzialmente espansiva per i bilanci nazionali e per il comparto industriale difensivo.
Conseguenze per i mercati azionari
Nel medio periodo, il settore Difesa europeo potrebbe emergere come uno dei nuovi driver ciclici di crescita, insieme a energia e AI.
Gli investitori istituzionali stanno già aumentando l’esposizione su Leonardo, Rheinmetall, Thales e BAE Systems, considerate proxy dirette della strategia Nato-Ue.
Resta il rischio politico: l’aumento della spesa militare implica sacrifici su altri capitoli (sanità, istruzione, welfare), e richiederà un delicato equilibrio tra consenso interno e sicurezza collettiva.
In sintesi:
💼 Il riarmo europeo è ormai un tema strutturale, non congiunturale.
Chi saprà garantire tecnologia, interoperabilità e produzione integrata sarà il vero vincitore di questa nuova corsa alla sicurezza.
VanEck Defense ETF: dopo un rally del 67% in un anno, arriva la prima pausa ma il trend resta solido
Il VanEck Defense UCITS ETF (ISIN IE000YYE6WK5), che replica il MarketVector Global Defense Industry Index, continua a mostrare una dinamica di fondo fortemente rialzista.
Il price ROC a 52 settimane evidenzia infatti una crescita di circa +67%, a conferma del forte interesse verso il settore della difesa globale.
Dopo quattro settimane consecutive di guadagni, l’ETF ha registrato una prima battuta d’arresto, con la candela settimanale negativa della scorsa ottava che segnala una fase di consolidamento più che un’inversione.
La media mobile esponenziale a 20 settimane, in area 50 euro, continua a rappresentare un solido supporto dinamico, ben al di sotto dell’attuale quotazione di circa 54,30 euro.
Solo una discesa sotto questo livello aprirebbe spazio a una correzione più profonda. Al contrario, un ritorno sopra i 57 euro rilancerebbe il momentum positivo, proiettando l’ETF verso 67 euro nel medio periodo e fino a 80 euro nel lungo termine.