Dollaro in rafforzamento, segnali contrastanti dai mercati
pubblicato:Dopo mesi di debolezza, il biglietto verde sembra reagire. Pesano sull'euro anche le incertezze in Francia e in Germania e il nuovo assetto politico in Giappone. Ecco cosa succede

La debolezza del dollaro degli ultimi mesi è stato uno dei grandi temi del mercato.
Non in primo piano come l’AI o la guerra dei dazi, ha però quasi sempre accompagnato i commenti sulle guerre commerciali perché in molti casi - come soprattutto in quello europeo - ha raddoppiato l’onere per le imprese interessate all’export negli Stati Uniti.
La debolezza del dollaro è stata inoltre carburante per Wall Street, che ha visto dall’estero le sue solide società a sconto nelle altre valute e ha alimentato anche il rally dell’oro, oltre a un lungo dibattito sul rischio o meno di dedollarizzazione e al ruolo del dollaro debole sulle politiche commerciali di Trump.
Alla debolezza del biglietto verde è stato anche attribuito un valore segnaletico sulle preoccupazioni di mercato per i rischi della perdita di indipendenza della Fed dalla politica.
Viceversa la narrativa di un’economia tedesca in recupero grazie ai forti investimenti previsti dallo stato federale ha contribuito a rafforzare la moneta unica.
Dollaro, sui grafici segnali di rimonta
Il future sul dollaro dai massimi a 110 dello scorso 13 gennaio ha perso quasi il 13% con i recenti minimi di settembre, che si sono arrestati nell’area 95,8-96,0 che ospitava già i bottom di luglio. Da allora però la reazione del 4% circa è stata importante e già alla fine dello scorso mese ha violato la citata trendline che discendeva dai citati massimi di inizio anno.
I movimenti inversi dell’euro/dollaro sono praticamente paralleli (d’altronde il future è sul Dollar Index, che è costruito su un paniere di valute sul quale l’euro pesa per il 57,6%). La moneta unica è arrivata a guadagnare il 17% dagli stessi minimi del 13 gennaio a 1,017 circa. Anche su questo grafico la trendline, in questo caso rialzista, in forza da inizio anno, dopo ripetute pressioni dall’alto, ha ceduto a fine settembre.
Il cambio EUR/USD è in contemporanea scivolato sotto le medie mobili esponenziali a 50 e a 100 sedute.
Le ultime due giornate sono interessanti anche perché, seppure di poco, il cambio è scivolato sotto il livello statico chiave di quota 1,157 che ospita i massimi del 21 aprile e i minimi del 27 agosto.
Ulteriori ripiegamenti dell’euro potrebbero precipitare rapidamente il cambio a 1,138 su importanti baluardi posti dai minimi a cavallo di fine luglio, che intercetterebbero probabilmente anche la media mobile esponenziale a 200 sedute in avvicinamento a quel livello in questi giorni.
Dollaro, la debolezza dell’Eurozona comincia a riflettersi sulla moneta unica
Se n’è accorta anche Barclays in un report odierno dal titolo “Dollar trade turning”: la svolta nel trading sul dollaro. L’analisi non può prescindere dalla valutazione dei molteplici ed eterogenei fattori che si celano dietro questa accennata inversione di trend del dollaro. Secondo gli analisti negli ultimi mesi sono emersi diversi elementi a favore di un consolidamento del dollaro, spesso in termini relativi.
Per esempio la crisi politica francese in atto contribuisce senza dubbio a indebolire l’euro e a incoraggiare il ritorno al biglietto verde. Il dossier registrerà come noto questo week end dei passaggi fondamentali. A breve il presidente Emmanuel Macron potrebbe nominare un nuovo premier al posto del dimissionario Sebastien Lecornu, forse si potrebbe registrare la novità – per la Francia – di un governo tecnico. Un budget dovrebbe comunque essere presentato in Parlamento per il dibattito già lunedì, ma tutto resta incerto nel pericolo crescente di elezioni anticipate e di nuova crisi politica, mentre si indebolisce ogni giorno di più l’autorevolezza dell’Eliseo.
Sul mercato gli effetti si sono visti: il rendimento del decennale francese viaggia oggi intorno al 3,49% ed è cresciuto del 22,9% sui livelli dello scorso dicembre e del 10,8% sui livelli di giugno. Il tetto in area 3,60-3,61% che finora ha resistito agli assalti non è detto che sopporti eventuali nuove crisi politiche.
Un altro caso è la Germania che di recente ha mostrato diversi segnali di debolezza sul fronte macroeconomico e ha inviato segnali di incertezza ai mercati.
La nascita del governo di Friedrich Merz era stata salutata con ottimismo dagli osservatori economici. L’annuncio di investimenti per centinaia di miliardi in infrastrutture, digitale e difesa era stato accolto con molto favore e a luglio un pool di decine di imprese si era impegnato a investire in Germani almeno 631 miliardi di euro, ma dopo alcuni mesi i segnali macroeconomici di ripresa non si sono materializzati e crescono i rischi di execution sul piano e quindi di ripresa economica nel breve per la Germania e buona parte dell’economia europea.
L’altro ieri il governo federale tedesco ha alzato le stime di crescita allo 0,2% per quest’anno, all’1,3% per l’anno prossimo e all’1,4% per il 2027, ma l’appello della ministra dell’Economia Katherina Reiche: “Dobbiamo agire, adesso” su competizione e innovazione è suonato quasi più come un allarme, che come un approccio proattivo.
Le ricette sono sempre le stesse: riduzione dei costi dell’energia e della burocrazia, canalizzazione degli investimenti anche internazionali, innovazione. Anche il piano da 500 miliardi di euro sulle infrastrutture però tarda a ingranare e il mercato aspetta ora di vedere nei numeri macroeconomici del Paese una ripresa che forse è attesa da troppo tempo ormai.
Dollaro, le novità dal Giappone che lo rafforzano
Ma c’è almeno un altro importante fattore che contribuisce al consolidamento del dollaro dopo mesi di cali: lo yen e la recente vittoria (il 4 ottobre) alle elezioni del Partito liberal democratico di Sanae Takaichi. Il mercato ha reagito alla nuova lady di ferro comprando azioni del Sol Levante e riabbassando lo yen sulla scorta delle attese per un rafforzamento della spesa pubblica e una politica monetaria più espansiva.
La reazione del cambio dollaro/yen delle ultime sedute è stata imperiosa, un +4,6% circa che ha scavalcato rapidamente le resistenze tecniche di area 151 (top di marzo, massimi di agosto e 61,8% di ritracciamento del calo dai massimi di gennaio ai minimi ai minimi di aprile – da 158 a 140- sbaragliati in una volta sola). Adesso l’USD/JPY tratta sui 152,7 e potrebbe mostrare ancora i muscoli, aggiungendo un altro pilastro a un dollaro in stabilizzazione.
Quanto al dibattito sull’indipendenza della Fed, il via libera della Corte Suprema Usa alla contestata Lisa Cook fino a gennaio, ha un po’ puntellato questo fronte di incertezza, mentre il congelamento del quadro macroeconomico operato dallo shutdown dà tregua alla banca centrale e ad altri osservatori e qualcuno inizia a pensare che la Trump economy potrebbe anche consolidarsi.
Tutto da dimostrare, come indicano i nuovi allarmi su possibili cali di Wall Street da Jamie Dimon alla BBC – il numero uno di JP Morgan ritiene che lo scenario sia sempre più incerto e non esclude nuovi rialzi dei tassi per arginare le spinte inflattive dell’attuale politica Usa – o di Ray Dalio che raccomanda l’oro perché vede il dollaro nella peggiore crisi dagli anni Settanta.
Di certo in queste ultime settimane, però, il dollaro sembra volersi, dopo tanto tempo, rafforzare.