Che cos’è e come funziona la flat tax? L’aliquota piatta già prevista per le Partite Iva con reddito fino a 65 mila euro potrebbe essere estesa anche ai lavoratori dipendenti, su proposta del centrodestra: ma a chi conviene davvero? Ecco la simulazione sui redditi.
In piena campagna elettorale, in attesa del voto del prossimo 25 settembre, si torna a parlare di flat tax. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi puntano all’estensione della "tassa piatta" – attualmente prevista per le Partite Iva fino con reddito a 65 mila euro – anche ai lavoratori dipendenti nella misura del 15% o del 23%.
L’idea è quella di estendere la base imponibile e combattere l’evasione: d’altronde, lo slogan è “far pagare meno per far pagare tutti”. Ma a chi conviene davvero la flat tax? Una simulazione della Uil rivela come la “tassa piatta” favorisca, in realtà, i redditi più alti.
Vediamo subito cos’è e come funziona la flat tax, a chi conviene e quali sono le proposte del centrodestra in vista delle elezioni.
La flat tax – che letteralmente significa “tassa piatta” – è un’aliquota di tassazione fissa che si applica, attualmente, alle Partite Iva con redditi inferiori a 65 mila euro. Si tratta di una tassa che viene pagata ugualmente da tutti, a prescindere dalle proprie condizioni economiche: l’idea, in concreto, è quella di “far pagare meno per far pagare tutti”. In realtà, però, i favoriti con questo regime sono i redditi più elevati.
Più volte di è parlato della possibile estensione della flat tax anche ai lavoratori dipendenti, ma tutto ciò è possibile?
In realtà, come previsto dall’articolo 53 della nostra Costituzione:
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Ciò significa che la fiscalità deve risultare progressiva: all’aumentare del reddito imponibile aumenta l’aliquota di tassazione, mentre al diminuire del reddito imponibile diminuisce anche l’aliquota di tassazione.
Che cosa prevede, quindi, la proposta del centrodestra? Il leader del Carroccio, insieme al Cavaliere, ha proposto l’estensione della flat tax anche ai lavoratori dipendenti: secondo i due leader del centrodestra, l’aliquota dovrebbe essere fissata al 15% o al 23%. Ma quanto costerebbe?
L’estensione della flat tax al 15% anche ai lavoratori dipendenti (che sono circa 18 milioni), come sostiene Salvini, costerebbe nei primi due anni 15 miliardi di euro. Altri studi, invece, calcolano una spesa complessiva tra i 50 e i 60 miliardi di euro. Con un’aliquota al 23%, invece, la flat tax arriverebbe a costare tra i 20 e i 30 miliardi di euro all’anno.
Secondo il leader di Forza Italia i finanziamenti potrebbero derivare dall’abolizione del reddito di cittadinanza: d’accordo su questa linea è anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia.
In alcuni Paesi europei ed extra UE la flat tax è già realtà: per esempio, in Romania e Bulgaria l’aliquota è al 10%, mentre in Ungheria è fissata al 15%. In Russia ha un’aliquota pari al 13%, mentre in Estonia si alza al 20%. Ma la flat tax conviene davvero in Italia?
Per capire a chi conviene la flat tax possiamo utilizzare la simulazione eseguita dall’ufficio studi della Uil, dalla quale si evince un vantaggio per i redditi più elevati.
Nell’ordine, i lavoratori con un reddito fino a 11 mila euro andrebbero a pagare – con l’estensione della flat tax al posto del regime ordinario a 4 aliquote – 1.819 euro di tasse in più (pari a un aumento del 200%), mentre coloro che guadagnano fino a 17.600 euro all’anno andrebbero a versare il 72% di tasse in più con il regime flat tax. E ancora, per i redditi fino a 23 mila euro l’aumento è del 29%.
La situazione cambia al raggiungimento di un reddito pari a 30 mila euro all’anno: in questo caso la tassazione scenderebbe del 22%. Decisamente più conveniente la flat tax per i redditi oltre i 50 mila euro, che arriverebbero a pagare decisamente meno rispetto all’aliquota attuale del 43%.
Insomma, la flat tax andrebbe ad agevolare i ricchi, mentre a farne le spese sarebbero i lavoratori con redditi più bassi.
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