Green Oleo, pionieri dell’oleochimica sostenibile
pubblicato:In occasione del Next Gems 2024 Beatrice Buzzella, presidente e amministratore delegato del gruppo, ci racconta i vantaggi competitivi di una chimica davvero verde

“Green Oleo nacque da un’intuizione sulla chimica verde avuta ormai 12 anni fa, quando ancora l’economia circolare vera in questo settore era soltanto una ipotesi per il futuro. Le famiglie Buzzella e Zocchi, che con COIM operano nella chimica dagli anni Sessanta con un business da oltre un miliardo di euro, decisero di managerializzare la società, mantenendo soltanto delle posizioni non esecutive nel consiglio di amministrazione.
In questa fase, nel 2012, Croda mise in vendita a Cremona uno stabilimento che si occupava già di una produzione intermedia dell’oleochimica.
Noi della famiglia Buzzella, ormai più liberi dagli impegni di COIM, intuimmo le potenzialità di questo business dell’oleochimica per i settori della cosmesi e della lubrificazione. Da lì nacque l’idea della vera chimica verde che oggi anima Green Oleo”.
Beatrice Buzzella, presidente e amministratore delegato ci racconta così, in occasione del Next Gems 2024, il modello di business della società dell’oleochimica fine Green Oleo.
Come funziona?
“E’ un business differente dalla chimica tradizionale, con processi molto più complessi e un sistema di produzione che da sostanze sempre diverse deve ottenere prodotti con determinati valori. Le nostre materie prime sono tutte totalmente biodegrabili e rinnovabili, sono dei sottoprodotti dell’industria alimentare.
Abbiamo per esempio gli olii acidi di ulivo, di soia, di semi misti, scarti dell’industria alimentare come il sego, il grasso finale di scarto della produzione di carne.
Da questo punto di partenza produciamo esteri, acidi grassi e glicerine destinati a molteplici industrie, dalla cosmetica alla lubrificazione, all’agricoltura. Possono finire in candele e make up, in saponi o in gomme.
I sottoprodotti dell’industria alimentare coprono anche il 70-80% dei nostri prodotti, poi ci sono olii che acquistiamo, come quello di semi di girasole o anche l’olio di palma, ma quest’ultimo è soltanto in una percentuale inferiore al 5% e questo è un cambiamento di paradigma perché l’oleochimica mondiale oggi si fonda per più del 90% sull’olio di palma”.
Sul fronte dei numeri siete reduci da un semestre di forte crescita, con un balzo dei volumi del 35%, un valore della produzione in crescita dell’8,5% a 37,5 milioni, un ebitda moltiplicatosi da 1,04 a 2,14 milioni (+104%), un utile da 0,1 milioni di euro. Potrebbero aver giovato fattori straordinari come la crisi del canale di Suez? È una crescita sostenibile? Ho notato anche un’attenta sorveglianza dei costi…
“È stato sicuramente un semestre di forte crescita dei volumi e prevediamo una conferma di questo trend per tutto il 2024. L’incremento della produzione di esteri ci permette di prevedere un miglioramento della marginalità e ci sono prospettive interessanti su cosmetica e lubrificazione e per i solventi bio-based.
Sul fronte dei costi, che tra materie prime e gas metano coprono circa due terzi dei ricavi, abbiamo mantenuto e rafforzato una forte disciplina. Abbiamo in pratica coordinato la direzione commerciale che segue gli acquisti e il controlling che gestisce gli approvvigionamenti. La prima fornisce un forecast trimestrale delle vendite, la seconda procede agli acquisti mirati sulla base di questa previsione, in questo modo controlliamo con attenzione i costi di materie prime come gli olii acidi, che non prevedono strumenti finanziari di copertura. Sul fronte del metano controlliamo i prezzi con una copertura in derivati.
È vero che l’insicurezza sul canale di Suez ha rallentato in parte gli approvvigionamenti dal Sud Est asiatico, ma noi godiamo di vantaggi competitivi strutturali e prospettici che ci rassicurano sulla forza e la crescita della domanda dei nostri prodotti”.
A cosa fa riferimento?
“In prospettiva la Direttiva europea EUDR contro la deforestazione, che dovrebbe scattare con la fine dell’anno, anche se ci sono alcune pressioni della Commissione Europea per un rinvio. Ci avvantaggia enormemente perché penalizza l’oleochimica derivante dalla palma che per noi è appunto estremamente marginale.
Inoltre la nostra filiera corta, che si rifornisce per esempio di sego dagli allevamenti del Nord Italia e di olii acidi di ulivo dalla Spagna, garantisce una complessiva impronta carbonica estremamente bassa, soprattutto rispetto ai prodotti tradizionali, proprio perché impiega materie prime organiche.
È proprio quello che le multinazionali della cosmetica e di altri settori cercano per certificare la decarbonizzazione lungo la filiera e noi in questo settore siamo all’avanguardia dopo investimenti da 37 milioni di euro in 12 anni”.