Pil USA in calo nel primo trimestre
pubblicato:E' la prima flessione dell'economia degli Stati Uniti dal 2022. Pesano gli acquisti di scorte dall'estero prima dell'arrivo dei dazi. In calo anche i mercati

Il prodotto interno lordo degli Stati Uniti è calato dello 0,3% nel primo trimestre del 2025 e si è posto quindi ben al di sotto delle attese (+0,2%) e ben al di sotto del dato precedente (+2,4%). E’ la prima contrazione dell’economia a stelle e strisce dal 2022, in un periodo, peraltro, in cui i nuovi dazi dell’Amministrazione Trump non hanno ancora dispiegato i propri effetti.
Pil USA, l'impatto della corsa alle scorte prima dei dazi
La rilevazione è del Bureau of Economic Analysis è ancora preliminare, ma l’istituto segnala che la contrazione del Pil è da attribuire principalmente alla crescita delle importazioni.
Il Pil è infatti calcolato come somma dei consumi (voce preponderante intorno al 70% del Pil Usa), investimenti e saldo della bilancia commerciale. A sua volta la bilancia commerciale si compone aggiungendo le esportazioni di un Paese e sottraendo, appunto, le importazioni.
In vista dei dazi di Donald Trump e delle strette commerciali Usa, come in parte segnalato a più riprese dagli operatori, molti operatori economici e gruppi industriali statunitensi hanno quindi nel primo trimestre “fatto scorte”, per scongiurare almeno in parte l’arrivo delle nuove tariffe sull’import.
Un grafico dello stesso Bureau USA mostra infatti un impatto negativo delle importazioni sul Pil statunitense del primo trimestre di ben 4 punti percentuali. A fronte di un contributo di quasi il 4% degli investimenti e dell’1% dalla spesa dei consumatori.
Più in particolare l’America ha fatto scorta di beni di consumo, medicinali e dispositivi elettronici. Nel menù degli acquisti d’importazione è invece mancato l’automotive.
Ancora più in dettaglio nel trimestre gli Stati Uniti vedono una crescita dell’1,8% della spesa personale dei consumatori (in calo dal 4%, ma ancora resiliente, le attese erano per l’1,2%), un balzo degli investimenti domestici del 21,9% (da un -5,6%) e poi una bilancia commerciale composta da esportazioni in crescita dell’1,8% e importazioni che aumentano del 41,3% dal -1,9% del quarto trimestre del 2024. Flette la spesa pubblica complessiva dell’1,4%
USA, cresce anche l'inflazione PCE, la preferita dalla Fed
Fra i dati appena pubblicati si segnala anche quello importante dell’inflazione PCE, la più seguita dalla Federal Reserve per le proprie valutazioni sul livello dei tassi d’interesse.
L’inflazione PCE del primo trimestre è cresciuta dal 2,4% al 3,6% L’inflazione sottostante PCE (che non include i più volatili prezzi dell’energia e degli alimentari) passa dal 2,6% al 3,50% contro attese poste al 3,1% Un aumento dei prezzi che consolida la posizione ‘attendista’ della Fed e la allontana dalle pressioni di Trump per un taglio dei tassi.
Negativo oggi negli Stati Uniti anche il dato della variazione dell’occupazione non agricola ADP che ha mostrato la creazione ad aprile di 62 mila posti di lavoro contro i 147 mila precedenti e i 114 mila delle attese.
Pil USA in calo, la reazione dei mercati
Il segnale di debolezza dell’economia statunitense e il rischio che sia già entrata in una fase di recessione si riflettono rapidamente anche nell’avvio delle contrattazioni a Wall Street. Durante i primi scambi sono in forte calo tutti i principali indici azionari degli Stati Uniti: S&P 500 -2,06%, Nasdaq -2,63% e Dow Jones -1,86%
Male anche il più ampio paniere del Russell 2000 che cede il 2,33%
I timori per l’economia degli Stati Uniti, con i distinguo di cui sopra, trasmettono malumori anche in Europa. In queste ore l’Euro Stoxx 50 perde lo 0,89% e il Ftse MIB italiano segna un calo dell’1,59% mentre il Dax tedesco perde lo 0,73%
Sul Pil USA pesa senza dubbio l’effetto distorsivo generato dalla corsa alle importazioni di beni prima dello scatto dei dazi di Trump, ma il segnale per i mercati è comunque negativo.
In queste ore arretra pesantemente anche il petrolio con il WTI che segna un calo dell’1,36% a 59,60 dollari al barile. Sul greggio pesa anche il PMI manifatturiero di Caixin in Cina, che è sceso ad aprile da 51,2 a 50,4 punti, ma un contribuito viene anche dagli States e si aspettano i dati sulla variazione settimanale delle scorte oggi alle 16:30 italiane.
Il timore un rallentamento dell’economia più importante del mondo comprime comunque le attese di molti operatori e si riflette anche in altre asset class.
Crescono i rendimenti sui titoli del Tesoro Usa che comportano quindi un maggiore premio al rischio, mentre i prezzi calano. Il rendimento del Treasury a 10 anni segna un rialzo di 2 punti base al 4,159% e quello a due anni mostra uno yield in aumento di 3 punti base al 3,62%
Poco mosso l'euro sul dollaro, con il cambio EUR/USD a 1,1364 (-0,01%) a fronte di un apprezzamento del biglietto verde dello 0,43% sullo yen.
In queste ore flette però l'oro che si riporta a 3.308 dollari l'oncia (-0,47%).
Pil Usa, diverse società potrebbero sospendere la guidance
Alcuni osservatori sottolineano una solidità di fondo dell’economia statunitense a fronte delle citate distorsioni, ma che l’incertezza crescente si rifletta anche su questi numeri è indubbio.
Se i dati pubblicati oggi implicano delle prime reazioni ‘preventive’ alla prospettiva dei dazi, altri segnali, come il calo degli ordini per le esportazioni cinesi negli Stati Uniti, confermano l’avvio di un meccanismo che potrebbe nuocere all’economia globale.
L’arrivo di importanti trimestrali a Wall Street e in Europa sarà accompagnato probabilmente anche da revisioni o ritiri della guidance per l’anno. È già successo oggi con Stellantis, società non a caso quotata anche a New York, che ha ritirato le stime per l’anno affermando che le incertezze sulle tariffe doganali rendono impossibile una previsione.