Banche in fuga dalla Russia, quanto sarà salato il conto?
pubblicato:Intesa Sanpaolo e Unicredit stanno valutando di lasciare la Russia, cosa potrebbe significare questa decisione per i conti? E qual è il quadro grafico per i due titoli?

L'applicazione delle sanzioni da parte dell'Occidente alla Russia e la conseguente crisi economica che si sta abbattendo su quel paese sono alla base della decisione delle banche europee di scappare da Mosca.
Tra gli istituti europei maggiormente coinvolti in Russia ci sono anche Intesa Sanpaolo e Unicredit. A queste due si affiancano Soc Gen e l'austriaca Raiffeisen.
La scelta di uscire dalla Russia è motivata anche dal rischio di nazionalizzazione paventato dal Cremlino che potrebbe cercare così di salvare le banche locali, oltre che tentare una "contro sanzione".
Unicredit pagherà in ogni caso il dividendo
Il ceo di Unicredit, intervenendo ad una conferenza organizzata da Morgan Stanley, ha dichiarato che non si possono prendere decisioni "nel giro di una notte", questo perchè è necessario "considerare seriamente l'impatto e le conseguenze e la complessità del distacco completo di una banca dal Paese".
Andrea Orcel ha sottolineato che la banca in Russia ha 4000 dipendenti e 1500 aziende clienti, delle quali 1250 sono europee, aziende che a loro volta stanno cercando di uscire dal paese e "che si aspettano da noi un supporto anche in caso di disimpegno".
Unicredit in Russia ha concesso prestiti per 7,5 miliardi di euro che sono finanziati dai correntisti locali ma ipotizza che nella peggiore delle ipotesi le perdite saranno inferiori ai 2 miliardi, un danno ritenuto assorbibile e che non dovrebbe influenzare il piano industriale.
Unicredit pagherà quindi in ogni caso il dividendo 2021 per 1,2 miliardi. Quel che potrebbe essere a rischio è il riacquisto di azioni proprie per 2,58 miliardi promesso a dicembre.
Orcel ha comunque affermato che "anche perdendo fino al 60% dell'esposizione totale in Russia, Unicredit potrebbe permettersi di completare il riacquisto di azioni previsto".
Intesa sta valutando presenza in Russia
Per quello che riguarda Intesa Sanpaolo i prestiti concessi sono di 5,5 miliardi, i dipendenti sono circa 1000, le filiali 28, le attività di circa un miliardo di euro.
Carlo Messina, l'amministratore delegato di Intesa, ha dichiarato di recente che "la nostra presenza in Russia è oggetto di valutazioni strategiche".
Intesa ha anche una controllata in Ucraina, la Pravex Bank dove lavorano 780 persone distribuite in 45 filiali con attività per 300 milioni di euro.
Orcel, il distacco è complesso
Intesa e Unicredit probabilmente seguiranno la strada già tracciata da Deutsche Bank e dalle americane Goldman Sachs e Jp Morgan, ma come ha detto Orcel "Dobbiamo considerare seriamente l'impatto e le conseguenze e la complessità del distacco completo di una banca dal Paese", insomma, difficile prevedere a priori gli effetti di una decisione di questo tipo, le perdite, anche se contenute, potrebbero propagarsi e alla fine condizionare l'intero sistema finanziario.
Per la Bce la banche sono solide
Il presidente della Vigilanza Bce, Andrea Enria, definisce, nella sua presentazione alla Morgan Stanley European Financials Conference, "contenute" le esposizioni dirette delle banche, che per il momento quindi sembrano "nel complesso gestibili" anche in caso di "walk away", di abbandono della Russia.
Le banche possono infatti contare su di una rassicurante solidità patrimoniale. Il capitale investito nelle controllate locali è invece a rischio. Nel caso di Unicredit il patrimonio è di 2,5 miliardi, quello che sarebbe a rischio in caso di cessione della rete russa.
Enria ha anche lanciato un messaggio rassicurante per gli investitori "Non sono e non penso saranno sul tavolo interventi simili allo stop al pagamento dei dividendi imposto alle banche all'avvio della crisi Covid".
Intesa, sopra 2,13 segnali di forza
Intesa da inizio anno sta perdendo il 12% circa, nel 2021 aveva guadagnato il 19% circa. Il ribasso subito dal top di gennaio a 2,92 euro ha ritracciato i 3/4 circa del rialzo dai minimi di marzo 2020 spingendosi fino a toccare il 7 marzo quota 1,68, dalla quale è partito una reazione.
Per inviare un segnale convincente di ripresa i prezzi dovranno però tornare al di sopra dei minimi di luglio 2021, a 2,13 euro circa.
Solo in quel caso la reazione potrebbe estendere con primo obiettivo a 2,30 e successivo a 2,60 circa, lato alto del gap del 24 febbraio. Sotto 1,85 supporto a 1,65, ultimo in grado di evitare il test di 1,49, base del gap del 3 novembre 2020.
Unicredit prima resistenza a 1039 euro
Unicredit invece nel 2022 ha perso, rispetto alla chiusura di lunedì, il 29% dopo il rialzo del 77% visto nel 2021. Anche Unicredit ha ritracciato con i minimi del 7 marzo a 7,75 circa i 3/4 del rialzo dai minimi di maggio 2020 riuscendo poi a rimbalzare.
Un segnale credibile di ripresa verrebbe con il superamento di 10,39, minimo di novembre 2021 già testato dal picco del 9 marzo. Oltre quei livelli resistenze a 11,80 e 13,50 euro circa.
Sotto area 9 atteso invece un nuovo test di 7,75, poi supporto a 6,50 euro.