L’oro della Banca d’Italia e quello degli italiani
pubblicato:Oltre 2.400 tonnellate e più di 95 mila lingotti nelle riserve auree della Banca d'Italia in patria e all'estero. Ecco due calcoli e due ragionamenti sulle mire del governo. Un caso diverso è naturalmente la nuova tassa agevolata per l'oro privato degli italiani (che è di più)

Sebbene con la moneta unica la Banca d’Italia sia diventata soltanto una componente del sistema più ampio europeo articolato in SEBC (Sistema europeo di banche centrali) e BCE, via Nazionale ha mantenuto il suolo essenziale di vigilanza sulle banche attive sul territorio nazionale e inoltre, tramite il rappresentante nella BCE partecipa del potere della politica monetaria che negli ultimi decenni si è, se possibile accresciuto.
Per dire il signoraggio che la BCE ottiene dall’emissione di euro transita dalla Banca d’Italia prima di arrivare allo Stato italiano per il pro quota che ammonta al 13,0993% del Capitale della BCE etenuto appunto dalla Banca d’Italia.
Banca d'Italia, di chi è l'istituto di via Nazionale
Di chi è la Banca d’Italia? La questione è complessa perché suddivisa tra i partecipanti del capitale e l’autonomia e indipendenza garantita all’istituto sia rispetto al governo, che ai soggetti vigilati che in molti casi coincidono con i partecipanti del capitale.
È vero che il capitale è suddiviso fra 175 quotisti, in generale banche, assicurazioni, fondazioni ed enti previdenziali, con Unicredit al 5%, poi le casse previdenziali di Ingegneri e Architetti, Medici e Odontoiatri e Avvocati con quote del 4,93% circa ciascuno, seguite da Intesa (4,912%), la CNPADC (3,66%), Bper (3,25%) e Iccrea (3,12%), ma ai partecipanti non può andare una distribuzione maggiore del 6% del capitale della Banca d’Italia (l’articolo 38 dello Stato riserva fino al 20% a riserva, poi un altro 20% massimo a riserva straordinaria ed eventuali fondi speciali e allo Stato il resto, tolte le quote dei partecipanti).
Per intenderci leggiamo nel bilancio 2024 di Unicredit che la banca ha ricevuto dividendi da 17 milioni di euro nel 2024 e nel 2023 per le quote detenute in via Nazionale.
Oro, quanto ne ha la Banca d'Italia e quanto vale
La questione delle riserve auree di Banca d’Italia è però particolarmente attuale perché oggetto del dibattito sulla nuova manovra finanziaria e anche perché l’oro, su record storici da tempo, ha attirato le attenzioni dell’esecutivo anche su un altro fronte, quello della tassazione ai privati. I valori elevati in gioco giustificano l’attenzione.
Le riserve in oro dichiarate dalla Banca d’Italia ammontano a 2.452 tonnellate, in gran parte attribuibile a 95.493 lingotti e per il resto a monete. È una ricchezza incredibile, al lordo delle impurità e al prezzo di 4.156,73 dollari per oncia, di 1,158 euro dollari per euro e di 31,103 grammi per oncia troy, si ottiene qualcosa come 293,37 miliardi di euro.
Questo un calcolo di mercato variabile per vari motivi, in bilancio le attività in oro erano valutate in 197,94 miliardi di euro alla fine del 2024 (al netto delle attività in valuta estera). In questo calcolo complessivo va considerato che lo stato patrimoniale, che indica l’oro e i relativi crediti da riserva fra le attività, ha un attivo complessivo a fine 2024 di oltre 1.103 miliardi di euro, compresi 34 miliardi di crediti verso l’FMI, 41 miliardi di titoli in euro.
Ancora più rilevanti sono i titoli emessi nell’Eurozona e detenuti per finalità di politica monetaria pari a 590,62 miliardi euro. Qual è la contropartita di queste riserve e titoli? Le banconote in euro pro quota (€ 234 mld) garantite dalla Bce e dalla Banca d’Italia o le passività del sistema di pagamento TARGET (415,9 mld), per fare solo due esempi. Proprio questa è la finalità fra gli altri attivi, delle riserve in oro. È un sistema intrecciato, anche con i soggetti regolamentari esterni, come il Fondo Monetario Internazionale con i suoi diritti speciali di prelievo e con la stessa BCE che può reclamare parte delle riserve delle varie banche centrali, Banca d’Italia compresa, ai sensi dell’articolo 30 (i contributi sono proporzionali alla citata quota di capitale e sono crediti nei confronti dell’Eurotower) dello Statuto di SEBC e BCE.
Oro, il valore della fiducia (per tutta l'Eurozona)
L’indipendenza delle banca centrali, della loro politica monetaria, della gestione delle loro riserve intese a garanzia della valuta emessa e della fiducia chiesta ai mercati è stata una delle evoluzioni economiche maggiori del Novecento e troppo spesso si scorda come la gestione statale delle riserve abbia causato crisi finanziarie e pubbliche in quantità prima di questo nuovo assetto condiviso sostanzialmente al livello globale passato indenne anche dalla svalutazione dell’oro come unica garanzia di conversione delle valute, da Franklin Delano Roosevelt a Bretton Woods, e dalle più recenti sfide della virtualizzazione. La questione riguarda però, prima ancora dei numeri in gioco, sostanzialmente la fiducia, un pilastro dei mercati da non sottovalutare mai, soprattutto per un Paese ancora con un debito/Pil al 136,2% e atteso in crescita al 137,4% l’anno prossimo, senza un ritorno ai livelli attuali nell’orizzonte programmatico fino al 2028 (136,4%). Se l’intenzione è liquidare parte delle riserve per fare cassa, si rischia di ottenere un’entrata temporanea sacrificando un asset di lungo periodo che contribuisce, tra l’altro, alle riserve dell’intera Eurozona.
Oro, dove si trova quello della Banca d’Italia
Fra l’altro l’oro non è tutto fisicamente in Banca d’Italia: calcolando il totale per peso, le 2.452 tonnellate appunto, si scopre che in Italia, nei caveau della Banca d’Italia ne abbiamo ‘soltanto’ il 44,86%, mentre gli Stati Uniti hanno un 43,29% delle nostre riserve (una questione legata agli afflussi in valuta estera convertiti nel Dopoguerra) e per il 6,09% in Svizzera e il 5,76% nel Regno Unito. L’Inkiesta ha rivelato che quell’oro della Banca d’Italia si trova soprattutto in un caveau di Manhattan custodito dalla FED, ma posseduto appunto dall’Italia.
Falso il mito del trasferimento delle riserve del Regno Borbonico perché erano soprattutto in argento (sul conflitto tra moneta in argento e oro ci furono grossi dibattiti nella storia italiana). Chiedere oggi a Trump la restituzione di quell’oro potrebbe essere praticamente complicato, ha evidenziato qualcuno.
Ora la questione è comunque molto attuale. L'emendamento alla manovra finanziaria sul passaggio di proprietà dell’oro dalla Banca d’Italia allo Stato ha ottenuto la del capogruppo dei Fratelli d’Italia Lucio Malan ed è stato ammesso all'esame della Commissione Bilancio del Senato. In realtà la breve nota di ieri di Palazzo Chigi sugli accordi sulle modifiche alla nuova manovra fra le forze di maggioranza non fa riferimento al titolo, ma ‘solo’ all’intesa sugli affitti brevi, sull’articolo 18 per i dividendi, sulla compensazione dei contributi previdenziali delle imprese, sulle misure a favore delle forze dell’ordine.
Oro, i dubbi di Rossi
Oggi anzi Salvatore Rossi, ex direttore generale di Banca d’Italia, condanna in una importante intervista a MF l’ammissione dell’emendamento che chiede che si riconosca in legge che le riserve auree della Banca d’Italia “appartengono allo Stato in nome del popolo italiano”. Secondo Rossi, se l’emendamento diventasse legge, “si scontrerebbe inevitabilmente con il diritto europeo” perché “I Trattati europei affermano che le riserve auree sono di proprietà delle banche centrali e ne vietano l’utilizzo nel bilancio pubblico”.
Le quote da garantire non sono poche: la BCE ha un capitale di 10.825 miliardi al primo gennaio 2024 (l’aggiornamento è quinquennale), di cui 8.851 miliardi versati dalle varie banche centrali dell’Eurozona e in particolare 1.418 miliardi versati dalla Banca d’Italia per il suo 13,0993% del capitale di cui sopra: soldi che la Banca d’Italia deve garantire a fronte dei trattati e che superano di gran lunga il valore delle riserve auree soltanto. Come a dire forse è molto più complicato di quanto non sembri, né è detto che sia coerente con gli obiettivi di stabilità che il governo ha messo alla guida delle sue politiche di bilancio.
L’oro privato degli italiani, le nuove norme
Discorso diverso, ma più vicino, va fatto per l’oro degli italiani, sul quale sono appunto in arrivo altre misure. La questione ha un’origine molto diversa. Il governo punta a una tassazione agevolata dell’oro privato degli italiani che si stima possa essere tra le 4.500 e le 5.000 tonnellate, quindi molto di più di quello della Banca d’Italia, anche se polverizzato in gioielli, lingotti, monete e quant’altro.
L’idea è di tassare le plusvalenze sull’oro, con una fiscalità di vantaggio: l’idea è una tassa agevolata tra il 12,5% e il 13% invece che al 26% attuale. Perché gli italiani dovrebbero fare emergere questi valori e pagarci le tasse? Perché vendendo ora spunterebbero una tassazione appunto temporaneamente ridotta, quindi un ‘netto’ più vantaggioso. Piccole adesioni potrebbero portare grandi risorse all’erario, ma in questo caso bisognerà valutare i prezzi e le prospettive del metallo giallo, oltre al suo valore di “bene rifugio” che potrebbe incoraggiarne ancora la rivalutazione in futuro. Considerazione più di mercato, che da bilancio pubblico insomma.
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