Petrolio, quotazioni in volo dopo gli attacchi di Israele

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
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Il greggio scarica di nuovo le tensioni geopolitiche sui prezzi, ma questa volta cresce

Petrolio, quotazioni in volo dopo gli attacchi di Israele

 

Lo scossone più grande sui mercati è stato per il petrolio greggio. Gli attacchi coordinati di stanotte di Israele a siti nucleari iraniani e ai vertici militari di Teheran hanno avuto come prima reazione di mercato un rally delle quotazioni dell’oro nero.

Petrolio, il WTI fa un balzo sui prezzi di gennaio

Il future sul WTI con scadenza a luglio ha registrato stanotte un allungo a 77,62 dollari su livelli che non si vedevano da gennaio. In quel momento il balzo sul prezzo di riferimento era del 13% ma ancora in queste ore il light crude americano passa di mano a 73,18 dollari al barile con un rialzo poderoso del 7,55%

Con i top di stanotte inoltre il WTI l’importante trendline discendente dai massimi del settembre 2023 sopra i 95 dollari, un altro segnale tecnico da tenere in considerazione.

Movimenti simili si sono visti sul Brent che in queste ore segna un rialzo di oltre l'8% dopo massimi a 75,3 dollari, anch’essi sui livelli di gennaio.

Intanto la situazione sul campo si evolve, dopo gli attacchi a siti nucleari e di fabbricazione missilistica iraniani, dopo l’eliminazione di diversi vertici militari di Teheran (il guardiano della rivoluzione Ali Khamenei ha già annunciato la successione di Mohammad Pakpour nella guida dei Pasdaran al posto Hossein Salami colpito negli attacchi), Teheran ha avviato una prima timida reazione con il lancio di oltre un centinaio di droni contro Israele che ne annuncia già l’abbattimento.

Israele ha prosegue con gli attacchi e ha già dichiarato che le operazioni potrebbero durare alcuni giorni.

L’Onu chiede di ridurre subito l’escalation, la Nato si si affianca agli Stati Uniti nel definire l’attacco un’azione unilaterale, la Turchia chiede un’interruzione delle azioni israeliane per scongiurare conflitti più gravi.

La Cina esprime “forte preoccupazione”, come la Russia.

La corsa verso i beni rifugio stavolta comprende il dollaro

La corsa verso i beni rifugio si vede con il rialzo dell’1,2% dell’oro a 3,420 dollari l’oncia, mentre il dollaro torna a riapprezzarsi con un rialzo dello 0,45% sull’euro e dello 0,45% sullo yen che è significativo. Da tempo il biglietto verde non esercitava questo ruolo di safe haven e forse contribuisce anche l’export di idrocarburi statunitensi nel mondo che potrebbe avvantaggiarsi di prezzi più convenienti per il greggio.

Petrolio, timori per lo stretto di Hormuz, ma non tutti concordano

Ma il rapporto delle tensioni in Medioriente con le quotazioni del petrolio è particolare.

L’arma più potente dell’Iran negli ultimi anni infatti non è stata l’esercito di droni che ha impiegato o fornito ai Paesi amici, ma la sua posizione strategica nella geografica del greggio. In altre parole lo stretto di Hormuz da cui passa circa un quinto del petrolio mondiale ogni giorno, circa 21 milioni di barili ogni 24 ore. La flotta iraniana è vetusta e ridotta e i danni di un eventuale stop alle navi in transito per lo stretto petrolifero più importante del mondo colpirebbero lo stesso Iran, ma reazioni muscolari su questo fronte non si possono escludere, così come il rischio di attacchi indiretti a impianti sauditi, come avvenuto in passato.

Diversi esperti consultati dalla CNBC ritengono a caldo che un blocco dello stretto di Hormuz sia improbabile per vari motivi, dalla volontà della Cina, acquirente di tre quarti del greggio di Teheran, di mantenere vitale quel canale di approvvigionamento, alle dimensioni dello stesso stretto saudita, difficili da bloccare totalmente.

La crisi in corso però sta lasciando all’Iran sempre meno opzioni sul tavolo e la tensione, come spesso avvenuto in passato, si continua a trasmettere anche alle quotazioni del petrolio greggio.

In queste ore riaccelerano infatti i prezzi con il Brent che torna a 75,15 dollari (+8,35%) e il WTI che passa di mano a 73,99 dollari (+8,74%). Con il peso dell’energia sui prezzi gli effetti secondari, se questa situazione persistesse, potrebbero essere gravi anche per l’Europa.