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Petrolio, i prezzi rialzano la testa e non è solo geopolitica

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
5 min

La crisi in Medioriente torna ad arroventare i corsi del greggio che aggiorna i massimi di periodo. Ci sono però anche tanti altri fattori, a partire dalle stime sulla domanda cinese e statunitense. Ecco il quadro dinamico di una materia prima che conta ancora molto

Petrolio, i prezzi rialzano la testa e non è solo geopolitica

Nuovi massimi per il Brent a 89,08, dollari al barile sull’Ice (scadenza giugno 2024). Anche il WTI su giugno segna un massimo a 84,44 dollari ed entrambi superano i massimi di metà settembre inviando segnali rialzisti che non possono essere trascurati, anche per i noti impatti possibili sull’inflazione e sulla politica monetaria delle banche centrali.

Petrolio, la crisi in Medioriente infiamma i corsi

Chiaramente la vampata delle quotazioni del greggio è alimentata, anche, ma non solamente, dall’aggravarsi della crisi geopolitica in Medioriente. Israele ha attaccato l’ambasciata iraniana a Damasco, in Siria. Sei missili sganciati da F-35 con un bilancio di almeno otto morti e l’uccisione del generale dei Guardiani della Rivoluzione Mohammad Reza Zahedi e di un totale di almeno 11 persone. Zahedi era considerato, tra l’altro, il ponte tra l’Iran e le milizie sciite di Hezbollah attive soprattutto in Libano.

Una decisione gravissima che rischia di allargare il conflitto già rovente nell’area in direzione di Teheran, che ha già promesso vendette terribili e denunciato i fatti come una violazione delle leggi internazionali, mentre gli Stati Uniti hanno negato ogni coinvolgimento e la Russia ha chiesto una riunione d’emergenza del consiglio di sicurezza dell’Onu che si dovrebbe tenere oggi alle 15, ora di New York.

La scossa arriva in un weekend rovente, con 7 operatori umanitari uccisi a Gaza da Israele mentre distribuivano aiuti umanitari alla popolazione palestinese, con il risultato che le organizzazioni Anera e Wck sospenderanno le operazioni di aiuto che procuravano 2 milioni di pasti a settimana sulla Striscia.

A Gerusalemme domenica 31 marzo si sono intanto registrate le accese proteste di decine di migliaia di manifestanti in piazza contro il governo di Netanyahu e le esenzioni che continua a garantire agli ebrei ultraortodossi dal servizio militare.

Il tema è molto avvertito dalla popolazione locale e di recente si è riacceso con la richiesta dello stesso Netanyahu alla suprema corte israeliana di un rinvio della scadenza del 31 marzo scorso per la fine di questo privilegio. Il caso, oltreché sociale in un Paese in perenne mobilitazione, è politico perché i due partiti ultraortodossi israeliani United Torah Judaism e Shas sostengono la coalizione del premier in maniera importante e al tempo stesso condannano ogni progetto di termine di questa esenzione difendendo il diritto di quanti studiando nei seminari possono al momento evitare la chiamata alle armi.

Nel 2018 la Corte aveva bocciata come discriminatoria questa distinzione e il governo stesso appare diviso, visto che il capo giuridico dell’esecutivo (attorney general of Israel) Gali Baharav-Miara ha invece ribadito di non ritenere che ci siano le circostanze per portare ancora avanti questa esenzione. La stessa Corte suprema israeliana ha bloccato i sussidi pubblici alle scuole religiose che ospitano questi studenti esentati dal servizio militare.

Ma le tensioni politiche interne di Tel Aviv, come visto, non hanno scongiurato una escalation bellica che ora finisce sul tavolo dell’Onu e si traduce anche in forti rialzi dei prezzi del petrolio.

Petrolio, ma ci sono altri fattori, a partire dai dati cinesi e Usa

Ma ci sono anche diversi altri fattori che oggi influenzano le quotazioni del petrolio greggio nei mercati internazionali e spingono i prezzi su nuovi massimi di periodo. La composizione dei prezzi del petrolio che le proiezioni sugli equilibri di domanda e offerta è infatti, vista da più vicino, sempre policentrica.

Diversi osservatori hanno ricordato l’importante dato sull’inflazione PCE di venerdì scorso, dati in rallentamento (da +2,9% a +2,8% annuo a febbraio, da +0,5% a +0,3% la variazione mensile) che ancorano sul tavolo della FED la possibilità di un taglio dei tassi anche già a giugno. Significherebbe uno spunto ribassista per il dollaro che potrebbe incoraggiare le quotazioni del petrolio notoriamente in direzione opposta al biglietto verde (sebbene con diverse eccezioni anche recenti). Fra l’altro i dati del Bureau of Economic Analysis statunitense hanno visto un rialzo dello 0,2% del reddito personale disponibile ($ 50,3 mld) e dello 0,8% delle spese per consumi personali (in sigla appunto PCE, $ 145,5 miliardi).

Ancora più importante per le quotazioni del greggio è stato però il dato cinese di domenica 31 marzo. Il PMI manifatturiero e quello non manifatturiero della Repubblica Popolare hanno battuto il consensus e le rilevazioni precedenti con un’espansione a 50,8 e 53 punti rispettivamente. Anche il PMI manifatturiero di Caixin (spesso più usato) ha battuto il consensus e la rilevazione precedente raggiungendo i 51,1 punti.

Le previsioni migliorative sulla domanda di petrolio greggio in Cina e negli Stati Uniti sono ritenute da diversi osservatori tra i maggiori segnali rialzisti che oggi influenzano positivamente le quotazioni dell’oil.

La domanda cinese dovrebbe ricevere una spinta al rialzo proprio dai positivi dati manifatturieri sebbene diverse ricerche sulla diffusione delle auto elettriche stiano ridimensionando nel lungo periodo le attese sul consumo mondiale di petrolio. La Cina è il maggiore importatore globale di petrolio e il secondo consumatore dopo gli Stati Uniti.

Petrolio, ci sono anche gli attacchi ucraini e l'Opec+

Peraltro questa settimana, domani, si riunirà l’Opec+ e dal cartello si attende una riconferma dei tagli volontari della produzione da 2,2 milioni di barili di petrolio al giorno /ma (e lo scorso mese il calo di 50 mila barili aveva indicato che stava guadagnando efficacia questa politica non poco contrastata tra i vari membri negli ultimi mesi.

Da segnalare anche il recentissimo attacco ucraino (stanotte) a una delle maggiori raffinerie russe, Mosca nega interruzioni produttive all’impianto di Tanaco (diversa la versione di Kiev), ma Reuters ha calcolato che circa il 14% della capacità di raffinazione russa è stata interrotta dagli attacchi di droni ucraini.

Tanti fattori insomma influenzano i rialzi odierni del petrolio e graficamente, dopo i ribassi degli ultimi mesi, gli spunti di oggi suggeriscono il pericolo di un nuovo caro-energia che potrebbe anche influenzare la prossima evoluzione della politica monetaria globale.

Per completezza bisogna ricordare che sul CME sia i future sul Brent che sul WTI sono in backwardation ossia scontano prezzi in ribasso per i prossimi mesi e quindi ipotizzano che il mercato risolverà eventuali momentanee tensioni sui prezzi dettati per esempio da problemi di fornitura o sul fronte della domanda.

Ma la variabile impazzita della geopolitica potrebbe nuovamente sconvolgere i giochi.