Petrolio giù, le tensioni nell'OPEC+

di Simone Ferradini pubblicato:
2 min

L'organizzazione dei Paesi esportatori alza la produzione contro i suoi stessi interessi per punire i membri che non rispettano le quote

Petrolio giù, le tensioni nell'OPEC+

Il petrolio perde terreno e si avvicina ai minimi da inizio 2021 toccati il 9 aprile in scia alla ventata ribassista causata dall'annuncio dell'avvio della guerra commerciale da parte di Trump, una mossa che ha spostato verso il basso le stime sulla crescita economica globale e, di conseguenza, anche quelle sulla domanda di greggio. Al momento i future luglio segnano per il Brent 59,50 $/barile (minimo del 9 aprile a 58,40), per il WTI 56,10 $/barile (minimo a 54,67).

L'OPEC+ alza la produzione

Nel fine settimana l'OPEC+ (l'organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio fondata nel 1960 che attualmente contra 13 membri, più i 10 non-OPEC guidati dalla Russia) ha stabilito di incrementare la produzione di ulteriori 411 mila barili al giorno a partire da giugno. Con questa decisione l'OPEC+ ha portato al 44% la riduzione rispetto al taglio da 2,2 milioni di barili al giorno complessivi deciso nel 2022.

Con questa mossa l'OPEC+ ha sostanzialmente accresciuto l'offerta di petrolio, creando le condizioni per un surplus del bilancio offerta-domanda nei prossimi mesi, e quindi per una riduzione del prezzo del greggio. Ma una flessione delle quotazioni comporta meno incassi per chi produce ed esporta petrolio: e allora perché l'organizzazione ha deciso di ridurre i propri ricavi?

La faida interna dell'organizzazione

La risposta è nel mancato rispetto delle regole interne dell'OPEC+. Queste prevedono un obiettivo di produzione giornaliera complessi a livello di organizzazione e quote interne di produzione per singolo Stato membro. A quanto pare Iraq (membro originario dell'OPEC) e Kazakistan (unno dei 10 del "+") non hanno rispettato le rispettive quote, approfittando quindi dei prezzi tenuti alti dai tagli cui gli altri Paesi si sono adeguati.

Sarebbe stata in particolare l'Arabia Saudita (secondo produttore al mondo dietro gli USA e ma esportatore numero uno, nonché membro più influente dell'OPEC+) a volere la misura "punitiva" nei confronti di Iraq e Kazakistan. Barclays ha immediatamente ridotto le stime 2025 e 2026 sul Brent da 70 a 66 e da 62 a 60 dollari/barile rispettivamente, ING da 70 a 65 nel quest'anno.