Pil Usa, la terza lettura è la peggiore: -0,5% sul trimestre precedente
pubblicato:La frenata del primo trimestre è peggiore delle attese. Intanto il dollaro perde ancora quota e Trump assedia la Fed

Nuovi importanti dati macroeconomici negli Stati Uniti.
Oggi il bureau of Economic Analysis (il BEA) ha pubblicato un dato sul Pil a stelle e strisce decisamente peggiore delle attese: un -0,5% nel primo trimestre del 2025. Va detto che si tratta della terza e più raffinata lettura: la prima (la ‘advance’) mostrava un -0,3%; poi il dato era stato rivisto al -0,2% (‘second estimate’), infine oggi si arriva a un -0,5%: le attese erano per un -0,2% appena, quindi per una riconferma.
Il rischio recessione fa capolino di nuovo, perché due trimestri consecutivi di crescita negativa manderebbero l’economia statunitense in recessione tecnica e perché la frenata è molto brusca. L’economia USA cresceva ancora del 2,4% nel quarto trimestre del 2024 e del 3,1% nel terzo trimestre.
USA, sulla frenata del Pil confermato il peso dell'import
Viene però confermata l’importanza decisiva delle importazioni nel conteggio complessivo del Pil, in altre parole è confermata la corsa agli acquisti di beni all’estero prima dell’arrivo dei dazi di Trump. Le importazioni vengono infatti sottratte dal calcolo del Pil e nei primi tre mesi di quest’anno sono balzate del 37,9% e in particolare crescevano del 51,6% le importazioni di beni, mentre flettevano del 6,3% le importazioni di sevizi.
Va comunque notato che nel primo quarto di quest’anno gli Stati Uniti hanno registrato anche un balzo del 23,8% degli investimenti privati domestici.
Pil Usa, ma gli analisti si aspettano un rallentamento non una recessione
In realtà secondo la maggior parte degli osservatori l’economia statunitense dovrebbe presto recuperare l’impatto di questi movimenti ‘straordinari’ sul fronte della bilancia commerciale. La maggior parte degli osservatori si attende comunque una crescita del Pil 2025 inferiore al 2%. Goldman Sachs si attende per esempio un +1,25% del Pil quest’anno. BNP Paribas si attende un +1,7% Deloitte si attende invece un +1,4% nel 2025.
Economia USA, ancora incognite su dazi e Medioriente
Lo scenario però è particolarmente complicato dalla difficoltà di prevedere un punto di caduta definitivo delle politiche commerciali di quest’amministrazione Trump che sui dazi, dopo le ultime frenate di aprile, continua comunque a trattare. Con l’Europa entro il 9 luglio bisognerà trovare un’intesa, ma ancora oggi gli esiti dei negoziati sono incerti e nel frattempo altre variabili hanno modificato profondamente lo scenario.
Per esempio la politica internazionale e i conflitti si sono aggravati, soprattutto in Medioriente, e hanno scosso le quotazioni del petrolio greggio e le previsioni su inflazione ed energia.
Al contempo le pressioni sulla valuta e la persistente debolezza del dollaro stanno modificando sempre di più il quadro economico e avranno impatti non soltanto sulla bilancia commerciale Usa, ma anche su molte altre variabili.
USA, dollaro ai minimi dal 2021, ma Trump assedia la Fed
La flessione maggiore delle attese dell'economia Usa potrebbe secondo alcuni osservatori preparare il terreno per un taglio dei tassi a settembre, ma sarà necessario che l'inflazione resti bassa e che il petrolio e i dazi non gonfino i prezzi.
Intanto lo scontro tra Trump e il presidente della Fed Jerome Powell diventa sempre di più un protagonista del dibattito finanziario.
L’allungo di oggi dell’euro/dollaro a 1,17446 su livelli che non si vedevano dal settembre del 2021 rischia di manomettere non poche previsioni con valori inattesi.
Avviene mentre aumentano le speculazioni su una nomina anticipata del successore di Powell da parte di Trump.
Difficile che una reale sostituzione avvenga prima del prossimo maggio 2026 (scadenza dell'attuale mandato del presidente della Fed), ma la presenza di un sostituto chiaramente potrebbe complicare non poco le decisioni della Fed. Con ulteriori rischi per quell’indipendenza della banca centrale Usa la cui perdita sarebbe una minaccia formidabile per molti istituzionali statunitensi e globali.
La stessa circolazione, con 11 mesi di anticipo, di nomi per il possibile prossimo presidente della Fed è un atto volontario di influenza su una istituzione accusata di tenere da troppo tempo troppo in alto i tassi d’interesse.
Il Wall Street Journal in un articolo sul tema fa i nomi di Kevin Warsh, ex governatore della Fed, e Kevin Hassett, direttore del National Economic Council, ma non dimentica che Scott Bessent, l’attuale segretario del Tesoro per qualche tempo in predicato di successione lui stesso alla poltrona di Powell, ha affermato non molto tempo fa che i ‘colloqui’ sarebbero cominciati a settembre. Riuscirà Trump ad aspettare tanto senza un colpo di mano?