Ponte, lo stop della Corte pesa oggi sulle azioni di Webuild

di Giovanni Digiacomo pubblicato:
10 min
Ponte, lo stop della Corte pesa oggi sulle azioni di Webuild

Brutto strappo in borsa in avvio di seduta per Webuild stamane. L’azione segna ancora un ribasso del 2,3% a € 3,402, ma in avvio ha toccato con i minimi quota 3,22 euro, un livello che non vedeva da inizio maggio. Rilevanti, ma non esplosivi, i volumi, che segnano nella tarda mattina di questa penultima giornata di ottobre 3,82 milioni di pezzi contro una media giornaliera dell’ultimo mese di 2,7 milioni di azioni.

La ragione delle vendite del general contractor più importante d’Italia si riassume in un argomento solo, cosa non banale per un gruppo internazionale costantemente impegnato su più progetti e geografie: il Ponte sullo Stretto di Messina.

Ponte, ecco cosa è successo

La maggior parte della stampa nazionale apre oggi sul no della Corte dei Conti che ha indispettito non poco il governo e soprattutto il vicepremier Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e grande sponsor dell’iniziativa da mesi avversato anche su questo fronte da diverse latitudini politiche sia apertamente, che più implicitamente.

I passaggi della vicenda sono stati formalmente tecnici, ma hanno assunto rapidamente anche una vistosa colorazione politica per via della reazione governativa e delle opposizioni.

La Corte dei Conti, probabilmente il più tecnico degli organi giuridici costituzionali italiani, ha negato il visto e quindi la registrazione della Delibera CIPESS n. 41/2025, seduta del 6 agosto 2025 “Collegamento Stabile tra la Sicilia e la Calabria: assegnazione risorse FSC […]”.
Un inceppo tecnico su un’opera già in ritardo e per delle motivazioni che, come d’uopo, saranno pubblicate solo in un secondo momento, entro 30 giorni dalla data di ieri.

In queste ore è stata addirittura convocata una riunione d’urgenza del governo sul caso.
Ieri la premier Giorgia Meloni ha parlato di ennesima “invasione della giurisdizione sulle scelte del governo e del parlamento”, il vicepremier Matteo Salvini ha condannato la “scelta politica” capace di provocare “un grave danno per il Paese”, il vicepremier Antonio Tajani (FI) si è detto esterrefatto e ha addirittura gettato un ponte, si scusi il bisticcio, sulla legge sulla separazione delle carriere in magistratura oggi in Parlamento per l’approvazione finale, quasi che- è l’implicito dell’accostamento – lo stop all’iter di approvazione del Ponte sullo Stretto fosse una ripicca della magistratura contabile contro le norme discusse in Parlamento sulla separazione tra magistratura giudicante e requirente, un vecchio cavallo di battaglia della Forza Italia di Tajani.

Al punto che la stessa Corte dei Conti con una nota a parte ha voluto ribadire che la propria Sezione di controllo di legittimità si è espressa ieri “su profili strettamente giuridici della delibera CIPESS relativa al Piano economico finanziario afferente alla realizzazione del “Ponte sullo stretto”, senza alcun tipo di valutazione sull’opportunità e sul merito dell’opera”.

Come a dire che la decisione è stata tecnica e non politica appunto. Ma il profilo politico della vicenda traspare anche dalle reazioni dell’opposizione, mai calda in effetti sul progetto.

Anche la segretaria del Pd Elly Schlein condanna subito l’attacco alla magistratura: “Con le sue gravi affermazioni contro la Corte dei conti chiarisce il vero obiettivo della riforma costituzionale”, collegando quindi come Tajani la pronuncia della Corte dei Conti al progetto di riforma costituzionale di separazione delle carriere.

Le fa eco anche il Movimento Cinque Stelle che, come il Pd, da mesi denuncia carenze progettuali e dubbi sulla copertura economica del Ponte.

Con il risultato, stavolta esplicito, di un festeggiamento per lo stop ad un'opera strategica da 13,5 miliardi di euro.

Ponte, il governo tira dritto, pronto anche alla registrazione con riserva: ecco cosa vuol dire

Il conto alla rovescia per il 7 novembre 2025, data invariata entro la quale il procedimento sul Ponte dovrebbe concludersi resta intonso in realtà e la riunione del governo di oggi dovrebbe partire con una nuova delibera Cipess da presentare in consiglio dei ministri che poi dovrebbe quindi essere presentata alla Corte dei conti con la richiesta di darle il visto, anche senza il parere favorevole della stessa Corte, per pubblicarla in Gazzetta Ufficiale.

Si tratta di una ‘forzatura’ dell’iter legittima: il governo può ritenere che il provvedimento risponda a interessi pubblici superiori e la Corte dei Conti a quel punto deve approvarlo o registrando direttamente l’atto, cosa che sarebbe un esplicito via libera, o registrandolo con riserva.

Questo sarebbe il percorso immaginato dal governo nelle ultime ore, un percorso che però porterebbe in seconda battuta l’atto in Parlamento in quanto la Corte dei Conti deve per legge trasmettere periodicamente al Parlamento l’elenco degli atti registrati con riserva.

Ai sensi dell’art. 25 del T.U. n. 1214 del 1934 infatti, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione, può chiedere un'apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso.
La Corte dei conti a questo punto si pronuncia a Sezioni riunite che, se non fossero venute meno le ragioni del rifiuto, ordinano la registrazione dell’atto apponendo il visto con riserva.
L’atto registrato con riserva è pienamente efficace, ma può dare luogo ad una responsabilità politica del Governo, in quanto la Corte trasmette periodicamente al Parlamento l’elenco degli atti registrati con riserva. Dal tecnico di nuovo al politico insomma.

Ponte, quel che si sa dei dubbi della Corte (in attesa delle motivazioni)

Ma quali sono in concreto i dubbi della Corte dei Conti sull’opera? La documentazione è stata ritenuta “insufficiente e in alcuni casi errata”.

In particolare sarebbero state contestate la completezza e la chiarezza delle schede di quantificazione dei costi che questa volta, a differenza di altri progetti sul Ponte del passato, cadranno interamente sul bilancio pubblico e non sui privati per un ammontare, appunto, di 13,5 miliardi di euro.

La relazione della magistrata delegata Carmela Mirabella punterebbe l’indice, secondo quanto riportato da diversi organi di stampa, sullo stesso coinvolgimento del CIPESS (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile) che è stato ritenuto un organo che ha agito in modo “politico” e non tecnico.

Non sarebbero sufficientemente coerenti neanche i il quadro economico e le coperture pluriennali del progetto – tema non indifferente per un’opera ora a totale carico del pubblico – e ci sarebbero anche rilievi sul rispetto delle norme ambientali. Le regole europee imporrebbero inoltre una nuova gara visto che è stato superato un aumento del 50% sul costo della vecchia gara sul Ponte, ma il governo avrebbe ignorato questo aspetto, nonostante il carico pubblico dell’opera rispetto ai vecchi progetti che ne assegnavano i costi ai privati.

Tutti ostacoli che hanno contribuito al no della Corte, ma che ora potrebbero essere scavalcati appunto da un nuovo provvedimento del governo e dall’obbligo della Corte di approvare la registrazione eventualmente con riserva.

Scatterebbero i cosiddetti motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (Imperative Reasons of Overriding Public Interest, IROPI).

Ponte, ecco tutti i numeri

Ma intanto oggi Webuild perde in Borsa. A pochi mesi dall’entrata nel vivo del dibattito legale sul Ponte la società che dovrebbe costruirlo ha inserito nel proprio sito un’ampia sezione dedicata all’opera. Ecco i punti principali:

  • Campata unica da 3,2 km, Lunghezza totale 3,666 km

  • Capacità multimodale: tre corsie stradali per senso di marcia e – veloce, normale ed emergenza; due binari per i treni, 2 corsie di servizio. Larghezza totale circa 60 metri

  • Sospensione tramite 4 cavi del diametro di 1,26 metri ciascuno composti da 940 mila km di fili d’acciaio.
    Altezza massima delle due torri d’acciaio di 399 metri, peso da 55 mila tonnellate.
    Altezza sul mare di 72 metri con ampiezza di 600 metri per il passaggio delle navi, con franco navigabile ridotto a minimo 70 metri in caso di pieno carico delle strade e dei binari del ponte.

  • General Contractor assegnatario dell’opera Eurolink, guidato da Webuild con la partecipazione anche della giapponese IHI e della spagnola Sacyr. Tra i progettisti lo studio danese Cowi.

  • Il 20 dicembre del 2010 Eurolink S.C.p.A. ha consegnato il progetto definitivo.
    Il 29 luglio del 2011 la società Stretto di Messina ha approvato il progetto definitivo. 
    Fermati i lavori dal Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, il Decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35 (legge di conversione 26 maggio 2023, n. 58) ha stabilito il riavvio delle attività finalizzate alla realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina.

  • Costo totale opera: 13,5 miliardi di euro. Sono compresi: il Ponte, 40 km di collegamenti stradali e ferroviari, tre nuove stazioni ferroviarie, il centro direzionale in Calabria. Costo manutenzione 6 milioni.

  • Impatto sul Pil: uno studio di Unioncamere Sicilia e Uniontrasporti con Openeconomics stima un impatto complessivo positivo sul PIL italiano superiore ai 23 miliardi di euro, con entrate fiscali per oltre 10,3 miliardi.

  • Nel Corridoio TEN-T: il Ponte si inserisce nel corridoio strategico europeo Nord Sud denominato TEN-T: lungo il suo asse ogni anno secondo analisi di RFI (Rete ferroviaria Italiana) passano merci per 70 milioni di tonnellate e dovrebbero aumentare del 25% nei prossimi 10 anni.

La Società Stretto di Messina Spa è al 55% del Ministero dell’Economia, al 36,7% circa dell’Anas, al 5,8% di RFI, all’1,155% della Regione Calabria e all’1,155% della Regione Sicilia.

Eurolink è al 45% di Webuild, al 18,7% della spagnola Sacyr, al 15% di Condotte d’Acqua, al 13% di CMC, al 6,3% della giapponese IHI e al 2% del Consorzio ACI.

Webuild, l'azione cade e recupera (in parte), ma il segnale tecnico non è bello

Lo stop della Corte al processo, oggi pesa appunto su Webuild che ha toccato dei minimi stamane a 3,22 euro, violando i supporti di peso di quota 3,32 euro e tornando sui livelli di inizio maggio.

L’azione ha subito reagito fino agli attuali 3,42 euro (-1,67%), ma va detto che in area 3,37 il titolo ha infranto il 38,2% di ritracciamento di tutto il movimento rialzista del titolo dai minimi di fine febbraio 2024 a 1,83 euro e recenti massimi del 7 agosto a 4,30 euro.

Il titolo Webuil inoltre, dopo aver perforato già a fine agosto le medie mobili esponenziali a 50 e 100 sedute, oggi ha violato quella a 200 giornate in transito per area 3,4. Livelli dinamici che ora rischiano di trasformarsi in ostacoli a eventuali rimonte dopo il calo di oltre il 20% dai top di agosto.

Webuild, il bilancio, il portafoglio, la guidance

In parallelo alle prossime mosse del governo il gruppo guidato dall’amministratore delegato (e azionista di peso) Pietro Salini metterà a punto i conti del terzo trimestre 2025 per il mercato: il 13 novembre è la data per la terza trimestrale che sarà seguita da un roadshow italiano a Parigi il 20 novembre e da un forum a Lione l’8 gennaio 2026.

Il gruppo Webuild alla fine del primo semestre del 2025 contava un portafoglio ordini da 58,7 miliardi di euro (quindi il ponte sì, per carità, ma i progetti sono molti di più) e ricavi semestrali da 6,7 miliardi in crescita del 22% sul dato di un anno prima, con quasi due terzi del totale all’estero.

L’ebit da 375 milioni era cresciuto del 65% e l’utile netto del 61% a 132 milioni di euro.

Il gruppo aveva cassa netta per 275 milioni (PFN), un debito lordo da 2,92 miliardi circa. La leva finanziaria era scesa ulteriormente a 2,6x (PFN/EBITDA TTM).

La guidance per il 2025 prevede un book-to-bill ancora superiore all’unità (è il rapporto tra ordini e fatturato che oltre l’unità vuol dire che una società incamera più ordini di quelli che realizza, quindi ha una solida domanda) con ricavi attesi oltre i 12,5 miliardi di euro e un ebitda oltre 1,1 miliardi.
Attesa una PFN positiva per 700 milioni a fine anno.

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